di REDAZIONE POLITICA
Sarà solo e soltanto il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura a Palazzo che si riunisce oggi dei Marescialli a Roma, e non certo la comunità degli uffici giudiziari di Bari, a designare il nuovo procuratore capo dopo l’uscita di scena per limiti di età di Giuseppe Volpe dell’agosto 2020, sostituito come facente funzione dal procuratore aggiunto vicario Roberto Rossi.
Due le candidature formulate dalla Quinta commissione, una in favore dell’aggiunto barese Roberto Rossi (della corrente di Area, il cartello elettorale delle correnti di sinistra )che ha ricevuto cinque preferenze, mentre per Rodolfo Sabelli, procuratore aggiunto di Roma, e già presidente dell’ ANM, l’ Associazione nazionale Magistrati ha ricevuto un solo voto.
La rosa dei candidati per la guida della Procura di Bari inizialmente conteneva 11 candidature, successivamente auto-ridottasi a 6 magistrati. Insieme a Rossi e Sabelli comparivano il procuratore capo di Tivoli Francesco Menditto ; il procuratore di Viterbo Paolo Auriemma; Ciro Angelillis, ex pm a Bari ed attualmente sostituto presso la Procura Generale della Cassazione, che concorre anche per la guida Procura di Taranto insieme a Eugenia Pontassuglia sostituto della D.N.A. a Roma; il procuratore di Terni Alberto Liguori. Oggi il Plenum dovrebbe decidere tra Rossi e Sabelli.
Rossi detiene un “record” da consigliere del Csm venne sottoposto dieci anni fa, e cioè nel 2011 ,ad un processo disciplinare e quindi giudicato dai suoi stessi colleghi. Un fatto che ha un solo precedente in quasi 60 anni di storia di Palazzo dei marescialli. Si tratta di Roberto Rossi, che venne accusato di aver iscritto con “grave ritardo” un indagato nella prima inchiesta sulla sanità pugliese su Giampaolo Tarantini, quando era pm a Bari. A chiedere il suo processo disciplinare fu il ministro della Giustizia.
Nella prima inchiesta su “Giampi” Tarantini, Rossi aveva iscritto con «grave ritardo» nel registro degli indagati il consigliere regionale Salvatore Greco; “a distanza di quasi sei anni“, secondo il capo di incolpazione, “nonostante l’acquisizione certa di elementi indiziari gravi» a carico dello stesso consigliere regionale; e di aver così privato di «garanzie difensive costituzionalmente protette“, provocandogli un “ingiusto danno“. Un comportamento improntato a “negligenza inescusabile” con cui Rossi avrebbe violato secondo il Guardasigilli Nitto Palma “gravemente i doveri di correttezza e diligenza nell’esercizio delle sue funzioni”, ma anche il codice di procedura penale, nonchè “gli articoli 11 e 24 della Costituzione“, e l’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Difeso dal magistrato tarantino Armando Spataro, ora in pensione dopo aver ricoperto importanti incarichi culminati per ultima con la guida della Procura di Torino, Roberto Rossi venne successivamente assolto per esclusine degli addebiti dalla Sezione Disciplinare del CSM.