Oggi l’interrogatorio degli 8 ragazzi della baby gang fermati per il pensionato morto a Manduria
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Redazione CdG 1947
Due maggiorenni (di 19 e 22 anni) ed i sei minorenni tutti 17enni saranno interrogati e dovranno rispondere delle accuse per i per i reati di tortura, con l'aggravante della crudeltà, sequestro di persona, violazione di domicilio e danneggiamento. AGGIORNAMENTO ALL'INTERNO
La Polizia ha sottoposto a fermo due maggiorenni(di 19 e 22 anni) e sei minorenni per i reati di tortura, con l’aggravante della crudeltà, sequestro di persona, violazione di domicilio e danneggiamento. I giovani, secondo le indagini condotte dal pm dr. Remo Epifani,, durante gli assalti nell’abitazione della vittima e per strada si sarebbero ripresi con i telefonini mentre sottoponevano la vittima a violenze con calci, pugni e persino bastoni, per poi diffondere i video nelle chat di Whatsapp. Mentre il gip dr.ssa RitaRomano, interrogherà in carcere i due maggiorenni, mentre il dr. AntonioMorelli presidente dei gip del Tribunale per i minorenni di Taranto ascolterà gli altri sei in stato di arresto, in quanto appunto ancora minorenni.
“Urlava implorando con disperazione: state fermi, state fermi”. ha raccontato il 19enne Gregorio Lamusta uno dei due maggiorenni degli otto ragazzi coinvolti, sottoposti a fermo dalla Polizia, nell’ambito delle indagini sulla morte di Antonio Stano, il 66enne di Manduria picchiato, rapinato e bullizzato . Lamusta è stato ascoltato dagli investigatori ed ha ammesso di aver partecipato, pur non avendo avuto un ruolo attivo, ad alcune delle aggressioni. A lui si arrivati grazie all’auto notata dai vicini di casa di Stano durante uno dei raid ai danni del povero pensionato. Il giovane ha descritto tre episodi di pesanti violenze, aggressioni, insulti, contro Stano, riferendo che le prime due sono state filmate con il suo cellulare da un altro indagato e trasmesse on line.
A Manduria i primi a ribellarsi alle accuse degli inquirenti sono stai i vicini del pensionato che rivendicano i vani e ripetuti tentativi di portare all’attenzione delle istituzioni quanto avveniva in quella casa al civico 8 di via San Gregorio Magno. Ad esempio, Cosimo Digiacomo, insieme ad altri abitanti più sensibili, sarebbe quello che si è prodigato più di tutti gli altri per dare un aiuto al povero Antonio. “Chi oggi ci accusa di essere omertosi o peggio ancora di essere responsabili della morte di Antonio, dovrebbe vergognarsi; abbiamo perso il sonno per il nostro vicino e abbiamo fatto quello che le istituzioni avrebbero dovuto fare“, dichiara il cinquantunenne che racconta come si è arrivati all’inchiesta che ha portato ieri al fermo di otto componenti del branco. “Quando abbiamo capito che la telefonata alle Forze dell’Ordine non serviva a nienteabbiamo deciso di mettere nero su bianco coinvolgendo anche il parroco della chiesa, don Dario De Stefano che ha firmato anche lui l’esposto. Ogni volta che abbiamo avvertito qualcosa abbiamo sempre chiamato la Polizia o i Carabinieri che a volte passavano ma quando tutto era finito; oppure ci dicevano che non avevano pattuglie“.
“Vagnù, i video di lu pacciù no li faciti vede a nisciunu perché sta giranu” (dal dialetto manduriano: “Ragazzi, i video del pazzo non li fate vedere a nessuno perché stanno girando“): è questo uno dei messaggi presenti nella chat della “comitiva degli orfanelli” scritto da un indagato l’8 aprile scorso, cioè tre giorni dopo il ricovero di Antonio Stano. “Sta girunù sti video. Casomai vanno a finire a persone sbagliate” (trad. “Stanno girando questi video. Casomai finiscono nelle mani di persone sbagliate”) scriveva un altro indagato, mettendosi d’accordo con un coetaneo di “non recarsi più dalla vittima“. timoroso di essere coinvolto nell’inchiesta: “speriamo di no“.
“Aver visionato decine e decine di video – ha raccontato in conferenza stampa il procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo – non è stata operazione semplice. C’è voluto l’ausilio della Polizia scientifica perchè avevamo e abbiamo il dovere individuare i protagonisti di quelle che io ho chiamato ‘bravate criminalì e attribuire loro i reati in maniera specifica. Le contestazioni che sono state mosse con i fermi, a firma congiunta della procura ordinaria e della procura minorile, sono pesanti e riflettono quelle che sono le immagini dei video sui quali abbiamo lavorato e sui quali abbiamo delle certezze“. Il procuratore Capristo ha esternato anche delle giuste riflessioni sulla “smania di questi giovani violenti per noia, che filmano le loro bravate criminali e subito le postano sul web perchè per loro è un motivo di soddisfazione. Si provano nuove emozioni, si raccolgono in chat tutta una serie di osservazioni, di plausi. Non vogliamo generalizzare perchè ci sono tanti altri giovani che vivono la loro vita nel rispetto delle istituzioni e della famiglia, ma ci sono queste sacche che vanno individuate ed estirpate».
“La vittima si è trovata a subire queste incursioni criminaliin uno stato che tecnicamente si definisce di minorata difesa” ha continuato Capristo – Questo è un elemento ancor più grave che si riflette sul comportamento di questi giovani. Mi preme sottolineare l’aspetto della solitudine del povero Antonio Stano. Un uomo che dopo aver lavorato una vita nell’Arsenale militare, è stato lasciato solo, con le sue paure, i suoi stati d’ansia, con le sue depressioni“. Capristo ha definito il fenomeno delle baby gang come “una piaga sociale ormai in crescita esponenziale. Da Taranto a Milano, a Roma, in tutte le città si registrano episodi dove vengono aggrediti i barboni fuori dalle stazioni, dove vengono aggrediti giovani di colore per motivi razziali, dove vengono stuprate giovani donne. Allora ci dobbiamo interrogare seriamente perchè tutti siamo bravi a diagnosticare o ad approfondire le problematiche, ma ora ci dobbiamo interrogare su quelle che devono essere le prognosi da adottare. Tutti siamo chiamati a dare un contributo non solo diagnostico, ma anche di definizione di intervento“.
“C’è stata sicuramente un’assenza totale di controllo sociale.Queste condotte sono il segno di una profonda crisi educativa” ha aggiunto a sua volta il Procuratore Capo del tribunale per i minori di Taranto, dr.ssa Pina Montanaro “Questi episodi hanno determinato l’intervento tempestivo delle procure per la gravità dei fatti ma anche per le esigenze di carattere investigativo. Più gruppi di ragazzi erano interessati a questo fenomeno e c’è tanto materiale in fase di valutazione. Ma è ovvio che, da Autorità Giudiziaria, da procura per i minorenni, è nostro compito e nostro dovere, forse anche supplendo a quell’assenza sociale di cui abbiamo parlato, considerare questo del processo penale in cui si dovranno accertare le responsabilità specifiche un momento, me lo auguro, attraverso il quale fornire a questi ragazzi una possibilità, tramite gli strumenti che la legge ci consente, di rieducazione e di recupero. Solo così e attraverso il coinvolgimento dell’intera comunità credo si possa in qualche modo affrontare un fenomeno di tale portata“.
Alcuni degli otto giovani sottoposti a fermonell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Antonio Stano – secondo fonti della difesa – “si sono dichiarati dispiaciuti” per le loro condotte, si sono riconosciuti nei video acquisiti dagli inquirenti ed hanno precisato il loro ruolo.
Sino ad ora sono stati interrogati i due maggiorenni dal gip dr.ssa Rita Romano del Tribunale Penale ordinario di Taranto e quattro dei sei minorenni coinvolti da gip dr.ssa Paola Morelli del Tribunale per i minorenni del capoluogo jonico.
Tutti hanno risposto alle domande dei magistrati e sempre, secondo quanto riferito dagli avvocati della difesa, sarebbero apparsi “molto provati“. I due gip adesso dovranno decidere mediante un’ ordinanza se convalidare i fermi e stabilire se le misure cautelari disposte dal pm dr. Remo Epifani vadano confermate, revocate o ridotte.
Il più grande del gruppo Antonio Spadavecchia di 23 anni ha ammesso di aver partecipato a una sola “incursione” nell’abitazione del pensionato, documentata anche da uno dei video acquisiti dagli inquirenti, negando le accuse di aver avuto un ruolo attivo ai vari raid. Anche uno dei minori interrogati, a quanto si apprende, ha negato di aver partecipato ad atti di violenza.
Agli atti dell’inchiesta vi è anche anche una deposizione testimonianale della fidanzata sedicenne di uno dei componenti della baby-gang indagati che il 12 aprile scorso si è presentata spontaneamente al Commissariato di P.S.di Manduria, affermando di essere a conoscenza di alcuni fatti che potevano risultare utili ai fini delle indagini ed, alla presenza della madre, ha affermato di essere in possesso di due filmati in cui si vedeva Stano picchiato e vessato da un giovane.
Qualche giorno dopo, per la precisione il 17 aprile la giovane ragazza è stata nuovamente convocata ed ascoltata dai poliziotti, che le hanno fatto visionare altri filmati, dai quali ha riconosciuto anche il suo fidanzato tra i giovani ripresi ed altri tre suoi conoscenti. La ragazza ha anche riferito anche che lo zio di uno degli aggressori stava cercando di contattare gli altri componenti della baby gang intimando loro di non fare il nome del nipote alla Polizia, nel tentativo di depistare le indagini nei suoi confronti.
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