Nella mattinata odierna i Carabinieri del ROS-Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Napoli,emesso dal GIP di Napoli hanno eseguito un provvedimento di custodia cautelare su richiesta dei pm Giugliano e De Marco della locale Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di 27 indagati poiché gravemente indiziati a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata, violenza privata aggravata, associazione a delinquere finalizzata alle turbative d’asta aggravata agevolata, associazione a delinquere aggravata dall’aver agevolato un clan mafioso e dal carattere della transnazionalità finalizzata al contrabbando dei tabacchi lavorati esteri.
Contestualmente è stato eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 8 milioni di euro. Tra i destinatari delle misure cautelari, anche un autista che lavorava press la Direzione Distrettuale Antimafia, sottoposto in passato a una perquisizione. Al dipendente del Ministero della Giustizia il Ros e i Carabinieri di Napoli, insieme con gli inquirenti, contestano, tra l’altro, il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Per l’indagato il giudice ha disposto l’arresto in carcere.
Le investigazioni, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli, dirette a ricostruire l’operatività del clan Di Lauro nell’arco di tempo tra il 2017 ed il 2021, in continuità rispetto alle indagini per la cattura del latitante Marco Di Lauro (arrestato il 2 marzo 2019), hanno documentato la ristrutturazione organizzativa della consorteria pur nel rispetto delle tradizionali regole imposte da Paolo Di Lauro (Ciruzzo o Milionario detenuto al 41bis O.P. dal 2005 e non indagato), tra cui l’assunzione del comando da parte del fratello maggiore d’età non detenuto.
Le indagini hanno consentito di ricostruire, oltre alle tradizionali attività illecite quali stupefacenti, estorsioni ed altro, tra cui le minacce ai familiari di un collaboratore di giustizia, una vera e propria “svolta imprenditoriale” quale scelta di fondo del clan Di Lauro che, abbandonando quasi del tutto l’opzione militare, che ha visto la consorteria soccombente rispetto agli “Scissionisti” nelle sanguinose faide per il controllo del territorio e delle piazze di spaccio. In questa prospettiva strategica si collocano le attività imprenditoriali e finanziarie, con ingenti investimenti nel settore delle aste giudiziarie immobiliari, in cui gli affiliati ponevano in essere condotte di turbata libertà degli incanti, attraverso minacce rivolte ad altri partecipanti per costringerli a non presentarsi, permettendo di fatto agli emissari del sodalizio di aggiudicarsi gli immobili, la cui successiva rivendita avrebbe finanziato le ulteriori attività illecite del sodalizio.
Nel contesto, veniva rilevata una sorta di joint venture, ovvero una vera e propria alleanza organica o partnership, quale forma di stretta collaborazione tra varie organizzazioni operanti in Secondigliano, come i Licciardi e la Vinella Grassi, finalizzata al raggiungimento di comuni interessi economici come l’aggiudicazione di aste immobiliari ovvero l’intervento per la revoca di richieste estorsive rivolte a imprenditori vicini al clan Di Lauro da parte di terze organizzazioni criminali.
Gli investimenti in attività meno rischiose rispetto al passato hanno anche riguardato la costituzione di alcune società fittiziamente intestate a terzi (ora sottoposte a sequestro), attraverso cui l’organizzazione gestiva una nota palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati nonché il settore del contrabbando dei tabacchi lavorati esteri. Infatti, in quest’ultima attività illecita è stata cristallizzata l’esistenza di un’associazione a delinquere, stabile e transnazionale, diretta dal clan clan Di Lauro , finalizzata al traffico di tabacchi, con importazioni da paesi dell’Est europeo, quali Bulgaria e Ucraina di circa 1500 Kg di sigarette, caratterizzata da un sistema di distribuzione sul mercato campano, attraverso una rete di grossisti che rifornivano, in conto vendita, i rivenditori al dettaglio e da cui, settimanalmente, venivano prelevate le somme di denaro relative al pagamento delle forniture.
Le indagini hanno permesso anche di chiarire come l’organizzazione, finanziata dal vertice del clan Di Lauro , dal noto cantante neo melodico Tony Colombo e dalla moglie Tina Rispoli, vedova del boss Gaetano Marino, con una somma complessiva di circa 500.000 euro, avesse provveduto, dopo l’acquisito dei materiali e dei macchinari necessari, all’allestimento di una fabbrica di sigarette, successivamente sequestrata, dove, importando il tabacco grezzo dall’estero, avrebbero potuto confezionare direttamente i pacchetti di sigarette da rivendere nel territorio nazionale ovvero esportare all’estero. Tra i destinatari delle misure cautelari, anche un autista che prestava servizio per la Direzione Distrettuale Antimafia, in passato sottoposto a una perquisizione. Al dipendente del Ministero della Giustizia il Ros e i carabinieri di Napoli, insieme con gli inquirenti, contestano, tra l’altro, il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Per l’indagato il giudice ha disposto l’arresto in carcere.
L’aspirazione imprenditoriale del clan Di Lauro ha riguardato anche investimenti in società di abbigliamento e, unitamente al cantante Tony Colombo e sua moglie Tina Rispoli, l’ideazione di un brand d’abbigliamento registrato con marchio “CORLEONE“, oltre che nella realizzazione di una bevanda energetica denominata 9 mm, evocativi e quasi ammiccanti al mondo della criminalità organizzata. Secondo gli inquirenti, è stata messa in piedi una sorta di “Di Lauro spa”, che si era lanciata in investimenti in attività ritenute meno rischiose attraverso società intestate a prestanome, oggi oggetto di sequestro, con le quali il clan gestiva, per esempio, una nota palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati.