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4 Novembre 2024 23:30

Operazione antimafia dei Carabinieri e Guardia di Finanza a Salerno e Taranto contro il clan dei Casalesi ed il “clan” Cicala

Una vera e propria miniera di oro nero sull'asse Campania-Puglia, con rilevantissimi profitti che hanno raggiunto i 30 milioni all'anno per i clan che si finanziano se non in via esclusiva, in via assolutamente prevalente, col traffico di droga e il contrabbando, "in proporzioni gigantesche, cui mai si era arrivati nel passato" è quanto emerso dall'inchiesta delle Direzioni Distrettuali Antimafia di Potenza e Lecce su frodi nel commercio dei carburanti che, stamani, hanno portato in carcere 26 persone, undici ai domiciliari, oltre alla notifica di sei divieti di dimora. Fra gli indagati due legali del Foro di Taranto, gli avvocati Antonio Mancaniello e Vincenzo Sapia

Dalle prime ore di questa mattina i Carabinieri del Comando Provinciale di Salerno ed i militari della Guardia di Finanza di Salerno e Taranto e sono impegnati nelle province di Salerno, Brescia, Napoli, Caserta, Cosenza e Taranto, in un’operazione coordinata dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Lecce e Potenza, per eseguire due ordinanze applicative di misure cautelari personali e reali, emesse dai GIP dei rispettivi Tribunali, nei confronti di oltre 100 persone, indagate per associazione per delinquere con l’aggravante del metodo mafioso, finalizzata alla commissione di gravi delitti contro il patrimonio, quali frodi in materia di accise ed IVA sui carburanti, intestazione fittizia di beni e società, truffa ai danni dello Stato, che ha visto impegnati oltre 410 militari dell’ Arma e delle Fiamme Gialle per dare esecuzione a due Ordinanze  applicative, complessivamente, di 45 misure cautelari personali , delle quali 26 in carcere, 11 agli arresti domiciliari, 6 destinatari di divieto di dimora e due misure  interdittive della sospensione dall’esercizio delle rispettive funzioni  di due appartenenti alla Guardia di Finanza di Taranto, il maresciallo Giancarlo Lupoli ed il brigadiere Gaetano Cesareo per la durata di sei mesi, sempre per rivelazione di segreto d’ufficio.

Nel corso dell’inchiesta è stato smascherato anche un carabiniere “infedele” che in cambio di informazioni ai clan riceveva taniche di gasolio che rivendeva, il quale è stato trasferito nel 2019 dalla Campania ad un incarico “non operativo”. Sequestrati immobili, aziende, depositi, flotte di auto-articolati, emesse dai GIP dei Tribunali di Potenza e Lecce, nei confronti di 45 indagati indiziati di associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi in materia di accise ed IVA sugli olii minerali, intestazione fittizia di beni e società, riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita. Fra gli indagati compaiono anche due legali del Foro di Taranto, l’ avvocato Antonio Mancaniello (nei confronti del quale era stato richiesto l’arresto) già implicato in una precedente vicenda penale e l’ avvocato Vincenzo Sapia.

Le attività investigative hanno infatti accertato l’infiltrazione del “clan” dei Casalesi e del clan Cicala nel lucroso mercato degli idrocarburi nei territori del Vallo di Diano e del Tarantino. Coinvolte anche ulteriori 71 persone, denunciate a piede libero per reati connessi a quelli di natura associativa. Nel corso dei 14 mesi di inchiesta i Carabinieri e la Guardia di Finanza hanno scoperto che “ingentissime quantità di carburante per uso agricolo che gode di agevolazioni fiscali particolari, venivano vendute a soggetti che poi lo immettevano nel normale mercato per autotrazione, assai spesso utilizzando quelle che vengono definite le ‘pompe bianche'”. Gli investigatori hanno utilizzato nel corso delle indagini “captatori informatici, dispositivi gps e microfoni ambientali“.

Secondo le Dda di Potenza e Lecce è stato scoperto e provato, un “pactum sceleris” fra Massimo Petrullo, titolare dell’omonima società di carburanti ed il clan dei Casalesi per creare una sorte di avamposto del gruppo mafioso nel Vallo di Diano, in Campania. I capitali così illecitamente acquisiti venivano successivamente reimpiegati, tra l’altro, nell’acquisizione di beni immobili e quote societarie, realizzando un’economia illecita “circolare”, che ha permesso alla famiglia Diana di affermarsi gradualmente quale player commerciale di riferimento nella compravendita illegale di idrocarburi nel Vallo di Diano, alterando pertanto le dinamiche del libero mercato e della concorrenza.

Le operazioni illecite della criminalità organizzata venivano preparate con la massima cura dei piccoli particolari, infatti avevano previsto uno stratagemma in caso di controlli, in presenza dei quali gli autisti delle autobotti potevano azionare una pompa che immetteva un colorante che allineava il prodotto ai documenti esibiti.

L’attenzione veniva subito concentrata sulla posizione della società Carburanti Petrullo s.r.l. di San Rufo (Salerno) e più in generale sulle società di carburanti del Gruppo Petrullo,  la quali – per la dinamica delle loro dimensioni, struttura, relazioni e comportamenti “spia” – palesava una serie di profili di incongruità, quali l’inspiegabile aumento esponenziale dei fatturati e degli investimenti nel giro di pochi anni . Dalle indagini è emerso che il rilevantissimo boom economico della ditta Petrullo coincideva con l’ingresso nelle compagini societarie del Petrullo, quali soci e gestori di fatto, dei componenti  della nota famiglia casertana dei Diana (di San Cipriano d’Aversa), i cui componenti avevano investito nell’impresa, in forma occulta, capitali provenienti – con ragionevole certezza e comunque a livello di gravità indiziaria  – da pregresse attività illecite, specie nel settore del traffico di rifiuti, attività di rilevantissime dimensioni (cd “Operazione Re Mida”) in relazione alle quali era stata contestata, a suo tempo, dalla Procura di Napoli, a Diana Raffaele, l’aggravante della finalità agevolatrice del clan dei Casalesi.

In ragione della complessità della materia sotto il profilo fiscale, è stato affidato ai Nuclei di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Salerno e Taranto il primario compito di quantificare e certificare l’illecito profitto ottenuto dal sodalizio attraverso la sistematica evasione di accise ed IVA, affiancando gli investigatori dell’Arma dei Carabinieri nella ricostruzione delle diverse fasi dell’articolata frode.

Tra i due gruppi, quello campano/lucano e quello tarantino, dopo una stretta e proficua collaborazione, sono venute a galla degli accesi contrasti, soprattutto legate al fatto che il Petrullo, resosi conto di aver quasi completamente perso la concreta gestione della propria società (ormai di fatto in mano ai Diana), aveva tentato di accordarsi in segreto con i tarantini. Tali attriti  per i quali era stato perfino assoldato un killer per uccidere Raffaele Diana, (tentativo poi abbandonato) non sfociati in una vera e propria “guerra” solo in ragione del mutuo interesse a non sollevare eccessivi allarmi sulle attività illecite perpetrate, estremamente lucrose per entrambe le parti.

Ulteriori condotte illecite sono state accertate al termine delle investigazioni tra cui anche la partecipazione ad una gara per la fornitura di carburanti a favore del Consorzio di Bonifica dei Bacini del Tirreno Cosentino, aggiudicata attraverso un accordo irregolare, garantito dalla vicinanza con un esponente della criminalità locale, in grado di imporsi anche in un territorio differente da quello di elezione. E’ stato acclarato il pieno coinvolgimento in questo episodio di un dipendente del Consorzio, oggi sottoposto agli arresti domiciliari.

Il filone investigativo che ha riguardato la Provincia di Taranto, ha fatto emergere in particolare l’esistenza di una associazione di stampo mafioso – risorta dalle ceneri di altri sodalizi neutralizzati da precedenti attività investigative – che si è ricompattata attorno alla figura tarantina di Michele Cicala, già condannato con sentenze definitive anche per estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso ed associazione per delinquere, con legami con componenti del clan tarantino Catapano – Leone.  Il sodalizio, si caratterizzava per la capacità di controllo del territorio, con conseguente controllo dei traffici illeciti sviluppati nel contesto ambientale di riferimento, con conseguente reimpiego delle risorse economiche  in numerose attività economico-commerciali, alcune delle quali direttamente riconducibili all’organizzazione anche attraverso una fitta rete di prestanome, che, si è caratterizzata per un uso della violenza e delle armi che venivano messe al servizio della strategia criminale volta ad acquisire il controllo di attività economiche e, in particolare, quella della distribuzione degli idrocarburi rivelatasi, come detto, estremamente lucrosa.

Una vera e propria miniera di oro nero sull’asse Campania-Puglia, con rilevantissimi profitti che hanno raggiunto i 30 milioni all’anno per i clan che si finanziano se non in via esclusiva, in via assolutamente prevalente, col traffico di droga e il contrabbando, “in proporzioni gigantesche, cui mai si era arrivati nel passato” è quanto emerso dall’inchiesta delle Direzioni Distrettuali Antimafia di Potenza e Lecce su frodi nel commercio dei carburanti che, stamani, hanno portato in carcere 26 persone, undici ai domiciliari, oltre alla notifica di sei divieti di dimora.

Particolarmente notevole l’entità delle misure reali, accolte dai GIP di Potenza e Lecce, i quali hanno disposto il sequestro preventivo delle società Carburanti Petroli s.r.l., Dipiemme Petroli s.r.l., Tor Petroli s.r.l., Autotony s.r.l. ed altri 8 compendi aziendali oltre a denaro contante, veicoli, camion, autocisterne, immobili, beni di pertinenza dei singoli indagati, fino alla concorrenza di un ammontare complessivo di circa 50 milioni di euro.

Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, in videocollegamento con la conferenza stampa sull’operazione che stamani ha portato a 45 misure cautelari, dopo aver sottolineato “lo straordinario operato svolto in sinergia dalle Procure distrettuali di Potenza e Lecce con Carabinieri e Guardia di Finanza” ha messo in evidenza come l’ operazione “sia importantissima anche in riferimento al reinvestimento da parte delle organizzazioni criminali, come camorra e ‘ndrangheta, nella commercializzazione degli idrocarburi” aggiungendo che “L’infiltrazione mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi è uno degli aspetti più significativi dell’evoluzione dei gruppi criminali”

OCC-CICALA

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