Dalle prime ore di questa mattina è in corso un’operazione antiterrorismo della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Milano con 2 arresti operati, a Monza nei confronti di Gharib Hassan Nosair Mohamed Nosair, egiziano, di 49 anni, in Italia dal 2008, con un permesso di soggiorno di lunga durata; ed a Sesto San Giovanni il connazionale Alaa Refaei, 44 anni in Italia dal 2001, con cittadinanza italiana , “indottrinato” nel tempo dal più anziano, entrambi accusati di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo.
I due uomini sono residenti in due piccoli comuni dell’hinterland di Milano, entrambi lavoratori nel settore delle pulizie, uno imprenditore (ma la sua azienda risulta chiusa) e l’altro dipendente dello stesso. In particolare, uno dei due avrebbe indottrinato l’altro e lo avrebbe convinto a prestare giuramento all’Isis. Un elemento emerso dal ritrovamento di un video, con la cerimonia durante una perquisizione eseguita negli scorsi mesi.
L’operazione coordinata dal pm Alessandro Gobbis è stata condotta dalla Digos di Milano, dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica di Perugia, dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e dal Servizio Centrale Polizia Postale e delle Comunicazioni. Negli ambienti degli inquirenti milanesi si apprende che nelle chat e nei messaggi scambiati tra i due arrestati si farebbe riferimento a esplicite minacce verso organi dello Stato, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ma dalle indagini al momento non risulta che i due fossero pronti a passare all’azione.
Sono stati trovati anche messaggi con minacce ed insulti agli ebrei, oltre che file audio e video relativi al conflitto israelo-palestinese. Uno dei due indagati, Alaa Refaei, il 3 ottobre 2022 rispondendo a un post di commento a un video nel quale c’era l’immagine di Meloni con Silvio Berlusconi, scriveva testualmente. “Non ti preoccupare per noi, sappiamo benissimo come zittirli e fermarli al momento giusto… Viviamo con loro da banditi… Pronti a colpirli a ciabattate“.
I due arrestati sono indagati per “essersi associati all’organizzazione terroristica internazionale comunemente nota come Stato Islamico“, rende noto con una nota il procuratore, Marcello Viola, che ha convocato una conferenza stampa considerata “la gravità e la particolare rilevanza pubblica dei fatti stessi” e “l’elevato allarme sociale“. L’indagine ha avuto inizio nell’agosto del 2021 quando, sulla base di acquisizioni d’intelligence e del compendio investigativo emerso da altro procedimento penale, gli investigatori hanno avviato mirati approfondimenti nei confronti dei due indagati, entrambi evidenziatisi per la comune presenza su gruppi WhatsApp di matrice jihadista e riconducibili allo “Stato Islamico”.
Gli arrestati inviavano soldi alle vedove dell’Isis
Soldi inviati alle vedove dei combattenti dell’Isis, in Palestina in Yemen e anche a un militante in Siria del sedicente Stato islamico, la cui adesione è stata confermata dagli Stati Uniti d’America. Così – stando all’inchiesta – i due uomini di origine egiziana, sono stati arrestati, su ordinanza del gip Fabrizio Filicie, per associazione con finalità di terrorismo, avrebbero finanziato l’organizzazione terroristica. Lo si apprende da fonti inquirenti.
I due erano “estremamente attivi nella propaganda e nel proselitismo digitali per conto dell’ Isis“. – si legge nella nota del procuratore Viola – si sarebbero messi “a disposizione dell’organizzazione terroristica, finanziando ‘cause di sostegno all’ Isis, a cui avrebbero prestato giuramento di appartenenza e di fedeltà“.
Gli arrestati sono residenti in due paesi dell’hinterland di Milano. Stando alle indagini risulta che i due, entrambi lavoratori nel settore delle pulizie, uno in qualità di imprenditore l’altro di dipendente, si conoscessero di persona. In particolare, uno dei due avrebbe indottrinato l’altro e lo avrebbe convinto a prestare giuramento all’Isis, elemento questo emerso dal ritrovamento durante una perquisizione eseguita negli scorsi mesi di un video della cerimonia di adesione all’organizzazione terroristica.
Il terrorismo attivo online
L’indagine ha confermato la centralità del cyberspazio e dei circuiti mediatici internazionali, nella diffusione del messaggio jihadista finalizzato al proselitismo ed all’esaltazione delle azioni terroristiche da parte dell’organizzazione a cui hanno aderito gli indagati. In particolare, la Polizia ha riscontrato l’utilizzo della rete per una sorta di addestramento diffuso, cristallizzando a carico dei due soggetti indagati importanti elementi indiziari, a partire dal copioso materiale inneggiante ad azioni terroristiche violente, in diversi casi con bambini protagonisti; dalla condivisione sui propri account Facebook di contenuti jihadisti, con commenti e like di approvazione su profili altrui; della presenza degli indagati su canali Telegram e gruppi Whatsapp direttamente riconducibili allo Stato Islamico o ad esso affiliati, con la partecipazione di centinaia di utenti, registrati con numerazioni siriane, afgane, irachene, nord-africane, ma anche europee e sudamericane, e dell’ indottrinamento religioso svolto nei confronti dei familiari, con particolare riferimento ai figli minori.
Accertati anche numerosi versamenti di denaro disposte per “qualche migliaio di euro“, circa 4mila euro verso Yemen, Palestina, Siria, Libano ed Egitto, in particolare a donne, vedove di combattenti della “jihad islamica“.. Nel corso della lunga indagine, il quadro probatorio si è ulteriormente aggravato con un giuramento di fedeltà allo Stato Islamico postato incredibilmente su un profilo Facebook da uno degli indagati nel maggio 2022. Dall’inchiesta è emerso che i due avrebbero effettuato anche “numerosi versamenti” ,
Da quanto si è saputo non sono emersi nell’indagine progetti specifici di preparazione di attentati. Ai due, con gli arresti di oggi, sono stati sequestrati i telefoni e i dispositivi informatici e gli investigatori ora potranno analizzare anche se la loro attività di proselitismo sia aumentata o meno negli ultimi giorni con la guerra israelo-palestinese in corso e dopo i fatti del 7 ottobre.
L’obiettivo “unico” dei due arrestati – ha spiegato in conferenza stampa il dirigente della Digos di Milano, Daniele Calenda , era quello di “avvicinare chiunque” frequentasse quei gruppi social all’Isis. Per loro quelle pagine erano dunque un “palcoscenico virtuale” sfruttato per “il proselitismo, lo scambio di immagini, video, pensieri, propositi anche su cosa andare a fare“. E i toni di quelle conversazioni erano sempre “violenti, aggressivi“, farciti di minacce verso chi non professava il loro credo.
La soddisfazione del Governo italiano
“Grazie alle forze dell’ordine. Tolleranza zero, controlli, manette ed espulsioni per chi sostiene il terrorismo islamico”, ha scritto il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini commentando gli arresti, su X-Twitter. Il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha commentato: “Grazie alle forze dell’ordine e alla magistratura. Il governo, anche con una forte azione di prevenzione, continuerà a lavorare per garantire la sicurezza dei cittadini”, confermando la “linea dura contro il terrorismo“.
Nessun legame con l’attentato a Bruxelles
Da quanto si apprende l’operazione non ha alcun collegamento con l’attentato a Bruxelles né con il recente arresto dello scorso sabato di un 33enne egiziano responsabile di un’aggressione a mani nude ai danni di tre passanti nel capoluogo lombardo impugnando una copia del Corano mentre proferiva frasi come “Allah è grande“.
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