ROMA – La macchina delle “fake news” messa in funzione sul caso Siri, il sottosegretario alle Infrastrutture della Lega indagato dalla Procura di Roma per corruzione, si è immediatamente attivata in soccorso di Matteo Salvini. La solita nota ed ormai stagionata compagnia di giro composta da giornalisti, parlamentari, specializzata in operazioni di disinformazione con il chiaro obiettivo di accreditare come “falso” ciò che in realtà al contrario è “vero” utilizzando una vecchia regola degli “spin doctor” specializzati sui casi di crisi: se non puoi dimostrare che una cosa è falsa, almeno fallo credere. A qualcuno il dubbio resterà.
Ieri mattina il quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro, annunciava una “rivelazione choc” di uno dei pm romani, sostenendo che quanto pubblicato da La Repubblica ed il Corriere della Sera nei giorni scorsi non fosse vero. E cioè che “l’intercettazione dei 30 mila euro contro Siri non esiste” sostenendo che “È un tarocco”. Affermando con la certezza dell’arrogante disinformazione che “nel fascicolo dell’inchiesta l’audio non c’è” e non è saltato fuori neppure “dopo giorni di scartabellamenti“.
Una vicenda più che equivoca non fosse altro perché (che coincidenza !) emerge proprio nelle ore in cui il premier Conte a capo di un Governo basato sulla suddivisione del potere, piuttosto che sui programmi e tantomeno mai votato dagli elettori, è ormai politicamente finito, avocando a sé la decisione sulla permanenza o meno di Siri nella compagine ministeriale governativa. Da cui si è generata un’inondazione di chiacchiere, mentre i fatti (quelli veri) si dissolvono e quindi la storia reale può essere accertata riscritta tranquillamente.
Sulla base delle accuse ipotizzate dalla Procura di Roma, “Armando Siri, senatore e sottosegretario di Stato presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ed in tale duplice qualità di pubblico ufficiale, per l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri, asservendoli ad interessi privati riceveva indebitamente la promessa di 30mila euro da Paolo Franco Arata, amministratore della Etnea srl, della Alqantara srl, dominus della Solcara srl e della Solgesta srl”.
La Repubblica è tornata a sollecitare diverse e qualificate fonti della Procura di Roma, come scrive oggi il quotidiano romano, che hanno accesso agli atti di indagine e che quindi consentono di ricostruire con esattezza la realtà questa storia e id suoi punti documentalmente accertati. A partire da quello dirimente.
L’intercettazione di settembre 2018
Agli atti del fascicolo risulta una lunga intercettazione ambientale del settembre 2018 in cui è incisa la conversazione tra l’ex deputato Paolo Arata e il figlio imprenditore Francesco, che è stata regolarmente trascritta e che sarà presto depositata al Tribunale del Riesame. L’intercettazione messa a disposizione dei pubblici ministeri – con buona pace di chi blaterava sostenendo di “fantasmi” e ricerche affannose negli archivi – è stata registrata dalla Dia (che legittimamente ne detiene copia), e viene richiamata in un’informativa del 29 marzo 2019, ed è stata persino riascoltata dagli inquirenti nelle ultime ventiquattro ore , per verificarne il tenore e il contenuto, con esito positivo. Due diverse fonti della Procura spiegano che “hanno un’interpretazione univoca. La stessa che è a fondamento del reato contestato all’indagato e al provvedimento di perquisizione di giovedì della scorsa settimana”.
Quindi si può con certezza fissare un primo punto. L’intercettazione non soltanto esiste, ma è proprio sulla base del suo contenuto quello su cui si fonda l’iscrizione del sottosegretario leghista nel registro degli indagati . E’ “la conversazione”la pietra angolare dell’imputazione. Perché è in quella intercettazione che si fa riferimento a Siri ed alla tangente di 30 mila euro.
La conversazione
Come e fonti della Procura di Roma confermano ancora, “la conversazione intercettata non consente di stabilire se i 30 mila euro siano stati effettivamente pagati o, al contrario, soltanto promessi. Ma questo, sotto il profilo della contestazione del reato, non cambia le cose“. A ben vedere, la “macchina delle fake news” e chi un pò troppo allegramente e poco professionalmente è saltato sopra un carro di parte, avrebbero potuto agevolmente accertare l’esistenza del dialogo già dalla lettura del decreto di perquisizione . evidentemente il ministro dell’Interno Salvini non deve avere trovato il tempo di farlo, considerato che che ha preferito “cazzeggiare” chiedendosi se l’intercettazione esista o meno. Ma bisogna considerare che era un dettaglio non funzionale all’ “Operazione Confusione“.
Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi scrivono infatti : “il fumus (del reato, ndr.) è costituito, tra l’altro, dal contenuto di alcune conversazioni tra l’indagato Paolo Franco Arata ed il figlio Francesco (alla presenza anche di terzi) nelle quali si fa esplicitamente riferimento alla somma di denaro pattuita a favore di Armando Siri per la sua attività di sollecitazione dell’approvazione di norme che lo avrebbero favorito“.
Non è male per essere come sostengono Salvini ed il giornale di Belpietro “una presunta conversazione“, ancor peggio definendo quello di Repubblica,”un tarocco“. Il quotidiano romano questa mattina aggiunge qualche altro dettaglio, e spiega che “Il contenuto della conversazione tra Arata e il figlio (che, come scrivono i pm, non è per altro l’unica) non consente, per dirla con le parole di una fonte inquirente, “nessuna altra spiegazione plausibile che non sia quella che le è stata attribuita è che è evidente dall’ascolto“. Così come “è certo che è a Siri che i due si riferissero in quella discussione”. “L’unico modo che Arata avrebbe per suggerire una spiegazione diversa – conclude la fonte della Procura di Roma – sarebbe sostenere che mentre diceva quelle cose, scherzava. Peccato, però, che non si trattasse di una chiacchiera al bar, ma di un dialogo con il figlio sui molti e diversi affari della famiglia. Tra cui, appunto, quelli che riguardavano il ruolo di Siri“
I riscontri
Si potrebbe chiudere anche qui la pagliacciata velenosa dell’intercettazione che “non c’è” allegramente sostenuta da Salvini e dai suoi sodali sotto mentite spoglie di giornalisti. Ma l’inchiesta su cui è si è tentato di depistare la realtà dei fatti ed il diritto ad essere informati dei lettori, consente di acquisire anche altro e di più.
A partire da quel dialogo acquisito dalla DIA – a seguito del quale per altro è stato indagato il sottosegretario alle infrastrutture Siri – gli investigatori hanno ricostruito il contesto del rapporto tra gli Arata e Siri e le mosse di quest’ultimo nel cercare di introdurre per via legislativa, norme che garantissero un sistema di incentivi per il cosiddetto minieolico con tariffe simili a quelle precedenti il 2017.
Un particolare che avrebbe agevolato e non poco il business degli Arata e del loro socio occulto Vito Nicastri in odore di mafia . Nel fascicolo dei pm adesso ci sono anche i verbali dei funzionari del Ministero dello Sviluppo Economico che hanno testimoniato e confermato le pressioni ricevute dal sottosegretario Siri. Resta da vedere che la “macchina delle fake news” al servizio della Lega adesso non faccia sparire anche quelli…
Franco Paolo Arata come ha spiegato il suo legale è pronto per essere interrogato. “Al momento di chiusura della cancelleria del Riesame, non risultano ancora depositati atti da parte della Procura, non abbiamo quindi potuto visionarli. Resta ferma l’intenzione di sottoporre il mio assistito ad interrogatorio. Attendiamo il deposito degli atti per concordare con il magistrato una data“. E’ quanto afferma l’avvocato Gaetano Scalise, difensore dell’imprenditore Paolo Arata, indagato per corruzione dalla Procura di Roma nel filone che coinvolge il sottosegretario Armando Siri, lasciando gli uffici del tribunale di Roma a piazzale Clodio.
Depositata l’intercettazione dalla DIA
Una informativa della Dia in cui sarebbe riportata anche l’intercettazione ambientale che tirerebbe in ballo il sottosegretario Armando Siri: è quanto hanno depositato questa mattina i pm della Procura di Roma al Tribunale del Riesame, in base a quanto si apprende da fonti giudiziarie. L’atto, come affermato dall’avvocato Gaetano Scalise, difensore dell’imprenditore Paolo Arata, non è ancora nella disponibilità delle parti
“L’ho incontrato soltanto una volta. Occupiamoci di altro”, dice Matteo Salvini, a Catania, dopo che M5S è tornato a incalzarlo sui suoi legami con Arata. In un colloquio con il quotidiano La Repubblica spiega: “Conte è libero di incontrare chi vuole. Siri per me deve restare al suo posto“. Al Corriere della Sera il vicepremier Luigi Di Maio a sua volte dichiara: “Certo che Conte dovrebbe spingerlo alle dimissioni. E lo farà“. Gli risponde il ministro Centinaio (Lega) : ‘Un decreto per rimuoverlo? A quel punto viene meno fiducia verso il premier’. Secondo l’ex segretario della Lega Roberto Maroni in un colloquio con La Stampa, il governo gialloverde rischia, il problema adesso è il figlio di Arata.
Il sottosegretario leghista a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti intervenendo sul caso Siri “Conte è un professore e un avvocato, vedrà le carte e capirà” ed aggiunge “Fino a tre settimane fa qualcuno sapeva della famiglia Arata? No, e nemmeno io… Federico Arata ha tutte le carte in regola per far parte del mio staff, tra l’altro è finito nel tritacarne prima ancora di aver cominciato a lavorare“. “In ogni caso – aggiunge a margine di un incontro a Novara – prima di prendere qualsiasi decisione, parleremo tra noi“.