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22 Dicembre 2024 07:29

OPERAZIONE DEI CARABINIERI DEL ROS CONTRO LA SACRA CORONA UNITA. CONNIVENZE CON LA POLITICA PUGLIESE

Oltre agli arresti, i Carabinieri del ROS di Lecce hanno eseguito anche un sequestro patrimoniale del valore di mezzo milione di euro. Sigilli ad uno stabilimento balneare e al distributore di carburante di Leporano. Il provvedimento restrittivo è stato disposto dal Gip Giovanni Gallo tel Tribunale di Lecce , su richiesta del pubblico ministero Milto Stefano De Nozza, della Procura Antimafia di Lecce.

di REDAZIONE CRONACHE

Il Ros dei Carabinieri su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia di Lecce, col supporto in fase esecutiva del Comando Provinciale Carabinieri di Taranto, del 6° Elinucleo di Bari, del Nucleo Carabinieri Cinofili di Modugno (BA) e dello Squadrone Eliportato Carabinieri “CacciatoriPuglia hanno eseguito ieri mattina due ordinanze applicative di misure cautelari rispettivamente emesse dal Tribunale di Lecce e dal Tribunale per i minorenni di Taranto su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce , nei confronti di 16 persone, 12 delle quali sono finite in carcere, accusate di far parte di un sodalizio di stampo mafioso che avrebbe fatto parte della Sacra Corona Unita organizzazione che affonda le proprie radici nel rapporto privilegiato con la ‘ndrangheta . Il provvedimento restrittivo è stato disposto dal Gip Giovanni Gallo del Tribunale di Lecce , su richiesta del pubblico ministero Milto Stefano De Nozza, della Procura Antimafia di Lecce.

L’operazione, denominata “Taros”,  è stata illustrata in mattinata nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso la sede del comando provinciale Carabinieri di Taranto, alla quale hanno preso parte il Generale Pasquale Angelosanto comandante del Ros in tutt’ Italia, il colonnello Gabriele Ventura comandante del Ros di Lecce, ed il colonnello Luca Steffensen comandante provinciale dei Carabinieri di Taranto.

Le indagini che hanno portato all’odierna misura cautelare erano state avviate nel 2018 per approfondire il contesto in cui erano maturati gravi episodi delittuosi tra cui il triplice omicidio di Palagiano, del 17 marzo 2014 in cui erano stati uccisi il pluripregiudicato Cosimo Orlando, appartenente al sodalizio mafioso “Clan Putignano”, già condannato alla pena detentiva di anni 25 di reclusione quale esecutore di un duplice omicidio commesso in Calabria nell’anno 1998, la sua compagna Carla Maria Rosaria Fornari (vedova di un altro pregiudicato) ed il figlio minore della stessa Domenico Petruzzelli.

Indagine questa che aveva lasciato perplesso più di qualcuno in quanto si era proceduto all’epoca nei confronti di un presunto mandante, arrestato e condannato e successivamente deceduto, esclusivamente sulla base di supposizioni investigative in realtà infondate in quanto prive di riscontri reali, senza che siano mai stati identificati i reali esecutori.

Successivamente un collaboratore di giustizia Nicola Mandrillo, che era uno degli uomini più fidati di Agosta, ha deciso di collaborare con la giustizia, le cui dichiarazioni sono risultate veritiere, venendo quindi ritenuto affidabile in più processi, ha riferito agli investigatori del ROS e della DDA di Lecce, che proprio Agosta si era dichiarato responsabile di quell’omicidio. Le rivelazioni di Mandrillo e il lavoro di “intelligence” dei Carabinieri del ROS di Lecce guidati dal colonnello Ventura hanno consentito di illuminare le manovre e gli affari del clan. 

Secondo gli accertamenti e le indagini degli investigatori del Ros, il gruppo era dedito al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, ma le accuse sono anche di scambio elettorale politico-mafioso, danneggiamento, rapina, detenzione e porto abusivo di armi e munizioni, anche da guerra. Il sodalizio avrebbe operato nel versante orientale della provincia di Taranto, in particolare nel comune di Pulsano e nelle cittadine vicine. Il boss di Pulsano Maurizio Agosta detto “il biondo“, associato al clan di Francesco Locorotondo, crispianese meglio noto come “Scarpalonga” ritenuto il capo dei capi della Scu in provincia di Taranto, continuava a dettare legge anche dal carcere, essendo da tempo in cella nel carcere di Cagliari, rispondendo dell’omicidio di Galeandro, ucciso a colpi di kalashnikov nel luglio 2016, condannato in secondo grado a 30 anni di carcere.

Una leadership incontrastata che Agosta avrebbe gestito anche dal carcere sardo ove è recluso, riuscendo a impartire le sue direttive ai suoi reggenti, individuati in Domenico Costanzo e Piero Soprano, entrambi colpiti dalla misura cautelare. Secondo gli investigatori del ROS, i due plenipotenziari, avrebbe continuato a dirigere le attività illecite sul territorio, provvedendo anche al sostentamento degli affiliati detenuti e delle rispettive famiglie utilizzando la cassa comune in cui confluiva parte dei profitti delle loro attività criminali, a partire dallo spaccio di droga, cocaina e hascisc, ma anche con rapine ai danni di supermercati ed esercizi commerciali.

Il clan avrebbe reperito notevoli quantitativi di stupefacenti prevalentemente principalmente attraverso un canale che porta ad esponenti della camorra di Casoria, alle porte di Napoli. Le forniture di droga, sarebbero arrivati anche da trafficanti del leccesie e brindisino della SCU, da sempre legata alla ‘Ndangheta.

Il gruppo criminale ieri smantellato dal ROS secondo gli inquirenti, sarebbe una costola dell’associazione mafiosa che fu capeggiata da Francesco Locorotondo, detto “Scarpalonga” detenuto dal 2014 e già condannato per 416-bis, di cui avrebbe proseguito l’azione criminale, “conservandone scopi e finalità ma portandone ad ulteriore evoluzione il metodo mafioso, preservando e finanche rafforzandone l’egemonia anche attraverso alleanze e patti siglati sia con i candidati alle elezioni amministrative dei comuni intranei alla loro sfera di dominio territoriale sia con l’imprenditoria locale, avvalendosi sempre di una rigida struttura gerarchica caratterizzata da una precisa distinzione di ruoli” come si legge nell’ordinanza.

Tra gli indagati compaiono anche due candidati con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso . Si tratta di Antonio Azzolio, di 58 anni, nato a Napoli e residente a Leporano, colpito da misura cautelare, commissario cittadino di Forza Italia, e Daniela Vestita, di 37 anni, nata a Taranto e residente a Leporano, moglie di Domenico Costanzo, considerato uno dei reggenti del “clan” durante la detenzione in carcere di Maurizio Agosta. Entrambi non furono eletti al Consiglio comunale di Leporano alle elezioni amministrative del maggio 2019,

(estratto dall’ ordinanza cautelare)

I due candidati erano in una lista civica a sostegno dell’aspirante sindaco Iolanda Lotta (risultata eletta solo consigliere comunale) e, secondo la tesi del pm antimafia De Nozza, in vista della competizione elettorale a Leporano , Azzolio e la Vestita avrebbero “accettato la promessa di procurare voti” avanzata dai presunti affiliati al clan “Domenico Costanzo Piero Soprano in quali agivano come portavoce di Maurizio Agosta in cambio “di denaro o altre utilità”. Un altro indagato proprietario di una stazione di servizio, secondo le ipotesi accusatorie degli investigatori avrebbe contribuito acquistando, “con la somma posta a disposizione da Azzolio, circa 650 buoni benzina da distribuire, a titolo di corrispettivo, a favore di coloro che si impegnavano a votare secondo le indicazioni del clan” e da poter spendere solo presso quel distributore.

Nelle 399 pagine dell’ ordinanza del Gip Gallo, compaiono anche i nomi di alcuni esponenti politici pulsanesi, di fatto collusi in passato alla cosca capeggiata da Maurizio Agosta, che procurava loro consensi e voti sul territorio di Pulsano.

Oltre agli arresti, i Carabinieri del ROS di Lecce hanno eseguito anche un sequestro patrimoniale del valore di mezzo milione di euro. Sigilli ad uno stabilimento balneare e al distributore di carburante di Leporano. 

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