di REDAZIONE CRONACHE
Dalle prime luci dell’alba di oggi , il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari sta dando esecuzione a un’ordinanza emessa dal competente G.I.P. dr.ssa Anna Perrelli del locale Tribunale applicativa della misura cautelare personale nei confronti degli imprenditori Matteo Fasanella, Nunzio Nargiso, Nicola Biscotti, Francesco Nasuti e del consulente agronomo Antonio Simone, di cui 1 in custodia cautelare in carcere e 5 agli arresti domiciliari, nonché del sequestro diretto e per equivalente ai fini della confisca di beni a carico di 4 imprese per un valore di circa 2 milioni euro. La richiesta di applicazione misure cautelari è stata avanzata dal procuratore aggiunto Alessio Coccioli e dal pm Michele Ruggiero , al termine di un’indagine del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, guidato dal colonnello Luca Cioffi.
Il provvedimento cautelare si fonda su un compendio gravemente indiziario a carico dei soggetti indagati, a vario titolo, per i reati di tentata concussione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, falsità ideologica del pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche commessi a Bari e in
provincia di Foggia nel periodo 2012 – 2020. Sono, complessivamente, 21 le persone indagate, di cui 3 pubblici ufficiali (tra dirigenti e funzionari) della Regione Puglia, 10 imprenditori operanti nel settore agricolo-forestale in provincia di Foggia e 8 consulenti agronomi. Rispondono, invece, per responsabilità amministrativa dell’ente 4 imprese in relazione al reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche commesso dai rispettivi rappresentanti legali nel loro interesse e a loro vantaggio. Il gip ha rigettato le richieste di misure cautelari per Giuseppe Vacca funzionario regionale in pensione e per il consulente agronomo Carlo Cilenti.
Il pertinente procedimento penale è stato avviato a seguito della denuncia sporta nel febbraio 2020, presso un Reparto della Guardia di Finanza, da un libero professionista nella quale segnalava che – nell’ambito dell’esecuzione dell’incarico di progettazione e direzione lavori conferitogli da un’azienda agricola con sede in provincia di Foggia – aveva ricevuto da un funzionario della Regione Puglia, in servizio nel capoluogo foggiano, una richiesta di denaro per la risoluzione di “problematiche” inerenti alla consegna della documentazione oltre i termini previsti dal bando relativo al Programma di Sviluppo Rurale (P.S.R.).
All’indomani della predetta denuncia sono stati avviati i necessari approfondimenti investigativi da parte del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo P.E.F. Bari, coordinati dalla locale Procura della Repubblica (operazione convenzionalmente denominata “Radici”) eseguiti mediante intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, escussione di persone informate sui fatti, servizi dinamici di osservazione e pedinamento, perquisizioni e analisi della documentazione sequestrata, nonché approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette inoltrate dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria e indagini finanziarie.
Le complesse indagini svolte hanno consentito di disvelare l’esistenza di un vero e proprio “comitato d’affari” composto da funzionari della Regione Puglia, imprenditori agricoli e consulenti agronomi di loro fiducia operanti in provincia di Foggia nel settore della silvicoltura, che aveva come obiettivo l’illecito conseguimento degli aiuti economici erogati dall’Unione Europea, dallo Stato Italiano e dalla Regione Puglia per gli interventi forestali inseriti nel Programma di Sviluppo Rurale (P.S.R.), finanziato mediante il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (F.E.A.S.R.).
Lo schema criminoso ricostruito dalle Fiamme Gialle baresi era basato su una sorta di “trittico” – corruzione, falso per induzione e truffa aggravata – in quanto il patto corruttivo stipulato “a monte” tra i pubblici ufficiali infedeli e gli imprenditori e/o i rispettivi consulenti generava e alimentava le altre condotte delittuose di falso e truffa connesse e
funzionali all’illegittimo conseguimento dei finanziamenti pubblici. Ciò secondo un preciso e collaudato modus operandi: una volta raggiunta l’intesa corruttiva e in forza della stessa si predisponevano di concerto i “documenti necessari e prescritti” dalla normativa di settore in modo da creare un’apparente ricorrenza delle condizioni legittimanti l’ammissione ai finanziamenti pubblici e, per tale artificiosa via, si induceva in errore l’Ente pubblico erogatore, ovvero l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA).
Gli atti finali emessi dall’Ente che attestavano l’esistenza dei requisiti e delle condizioni prescritte per avere accesso alle erogazioni pubbliche erano, quindi, falsi indotti dall’erronea rappresentazione artificiosamente posta in essere dai privati (imprenditori e consulenti) di concerto con i pubblici ufficiali “istruttori”. In particolare, come accertato nel corso delle attività investigative, l’illecito “sistema” consentiva ai richiedenti l’aiuto di incrementare il punteggio loro assegnato in sede di presentazione della domanda di sostegno (“DdS”) attraverso un meccanismo truffaldino, articolato in false attestazioni e altri artifici, volto ad alterare l’esito dell’istruttoria finalizzata alla formazione delle graduatorie di ammissibilità ai finanziamenti.
Una volta ottenuta la concessione dell’aiuto, il “sistema” prevedeva, generalmente, le seguenti ulteriori fasi: il
funzionario regionale operante a Bari informava il proprio collaboratore dislocato a Foggia, tramite messaggi inviati con l’applicazione informatica “WhatsApp”, delle liquidazioni degli aiuti deliberati dalla Regione Puglia in favore delle ditte “favorite” di loro interesse; il funzionario regionale di Foggia, ricevuto il messaggio, si incaricava di contattare
telefonicamente i beneficiari dell’aiuto, chiedendo loro un incontro finalizzato alla riscossione delle indebite somme di denaro precedentemente pattuite; dopo aver riscosso l’illecito compenso lo stesso funzionario foggiano si recava a Bari dove consegnava una parte del denaro al collega Giuseppe Vacca (attualmente in pensione). In tale contesto è stata accertata
la dazione/promessa di “tangenti” per un importo complessivo di circa 110.000 euro in relazione all’illecito accoglimento di 26 istanze di finanziamento presentate dagli imprenditori indagati che, così, hanno indebitamente percepito aiuti economici per oltre 2,7 milioni di euro, tra l’altro, in parte distratti dai conti correnti aziendali e utilizzati per scopi meramente personali.
In alcune occasioni il funzionario della Regione Puglia dislocato a Foggia nell’istruire le pratiche di finanziamento ometteva di rilevare delle criticità che, qualora debitamente evidenziate, avrebbero comportato l’inammissibilità della domanda di aiuto. Inoltre, le indagini hanno fatto emergere all’interno di questo “sistema” consolidato una
pluralità di condotte fraudolente consistenti in: utilizzo di fatture soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti; presentazione di altrettante fasulle “dichiarazioni liberatorie” attestanti l’avvenuto pagamento delle fatture; utilizzo delle provviste finanziarie giacenti su diversi conti correnti bancari gestiti da un unico soggetto il quale, per simulare l’avvenuto pagamento delle false fatture, ricorreva a delle “partite di giro” da un conto corrente all’altro.
Nel presente procedimento è indagato a piede libero Lorenzo Mazzini un dirigente della Regione Puglia in servizio presso il Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale ed Ambientale e superiore gerarchico dei citati funzionari regionali per le ipotesi delittuose di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale e favoreggiamento personale, , il quale dopo avere ricevuto da un tecnico agronomo precise inforazioni in ordine alla commissione di fatti reato posti in essere dai 2 funzionari, il quale avrebbero formulato “richieste estorsive” in relazione all’istruttoria delle domande di partecipazione ai bandi regionali riguardanti il P.S.R. ed avrebbe omesso di farne denunzia alle competenti Autorità e avrebbe rivelato tale riservata notizia ai 2 citati pubblici ufficiali, così anche aiutandoli ad eludere le investigazioni dell’Autorità.
E’ stato disposto contestualmente un sequestro preventivo nei confronti di 1,1 milioni nei confronti del Consorzio agroforestale Biase Fasanella, di 255mila euro ad Agri Verde di Nunzio Nargiso, 332mila a Cala Lunga, e di 100mila euro alla cooperativa Tenuta Umbra.
L’ attività odierna delle Fiamme Gialle costituisce una chiara testimonianza del costante impegno profuso dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari in sinergia con la Procura della Repubblica di Bari nel contrasto dei fenomeni di corruttela e delle frodi a danno degli Enti pubblici, a tutela della legalità e del buon andamento della Pubblica Amministrazione, nonché dei cittadini e degli imprenditori rispettosi delle “regole”.