di Mario Presicci*
La mia mente vola al passato, a circa quindici anni fa, uno dei miei primi ricordi in Ance Nazionale. Claudio De Albertis stava parlando ad una folla di colleghi e politici e sembrava un condottiero. Quella è stata una di quelle volte in cui mi sono sentito orgoglioso di fare questo mestiere e di far parte di Ance. Un mestiere difficile, ma che è il vero mestiere più antico del mondo.
Nato quando gli uomini, accendendo semplicemente un focolare in una grotta, ne fecero la loro casa o quando, battendo sempre lo stesso sentiero, ne fecero la loro strada. Un mestiere che ha accompagnato la vita dell’uomo dalla sua nascita fino ai giorni nostri, migliorandone la vita, allungandola e permettendogli di diventare ciò che siamo oggi. Nulla, senza il nostro mestiere, sarebbe stato e sarebbe ancora oggi possibile: il denaro, la tecnologia, la stessa salute sono venuti dopo e grazie a chi si è inventato un mestiere che evidentemente faceva già parte dell’animo umano.
Chi, già chi… noi, eravamo noi, nostri antichi colleghi costruttori e per giunta italiani. Noi italiani, anzi noi romani, abbiamo civilizzato e unito il mondo molto prima dei telefoni, di internet e della globalizzazione. Abbiamo costruito fogne, acquedotti, strade, palazzi, stadi che ancora oggi funzionano. Come dice Brignano, quando nel resto del mondo vivevano ancora sugli alberi, in Italia eravamo già gay.
Abbiamo costruito, già costruito… che bella parola costruire, costruttori. Per secoli è stata considerata una parola da rispettare, oggi quasi ce ne vergogniamo. Ce ne vergogniamo perché per un certo periodo ha dato benessere a tutti e, diciamolo, anche in modo meno complicato di altri mestieri. Meno complicato per noi però, che ci siamo nati o lo siamo diventati perché comunque faceva parte di noi, ma non perché fosse realmente facile. Il nostro mestiere non è mai stato facile. Pensate a ciò che hanno costruito in passato, lo stesso Pantheon a Roma. La più grande cupola in calcestruzzo non armato mai costruita dall’uomo. Chi sarebbe capace di ricostruirla, oggi?
Nonostante ciò, ci costringono a sentirci in colpa, a non usare quella parola, costruttori. Inventiamo sinonimi, come imprenditori edili… ma quali imprenditori, la maggior parte di noi ormai lo fa più per passione che per trarne profitto. Pensiamo così tanto a lavorare più per passione che per altro che consentiamo a perfetti sconosciuti, spesso incompetenti, di certificarci, di abilitarci alla professione, di tutelare ciò che i nostri colleghi costruttori hanno costruito in passato ed è oggi considerato patrimonio. E lo vogliono proteggere proprio da noi!
Noi stessi, nelle commissioni, permettiamo a ingegneri e architetti – da cui andiamo ormai con il cappello in mano – di valutare il lavoro dei loro colleghi, ma è considerata eresia anche soltanto immaginare che le nostre proposte e giustificazioni prezzi siano valutate da chi davvero ha le capacità di valutarle, vale a dire rappresentanti della nostra categoria.
Cari colleghi… anzi, dopo tutti questi anni, ormai posso dire cari amici… in passato sono stati commessi errori, è vero, ma sono stati commessi da tutte le categorie perché sono fatte di uomini e, comunque, non li abbiamo commessi noi.
Vi auguro di ritrovare l’orgoglio e la forza per riportare il nostro mestiere a quello che era un tempo, il mestiere più bello del mondo e rispettato da tutti, anche perché senza di noi… sugli alberi ritornerebbero.
*Delegato per il Mezzogiorno dei Giovani Ance