di REDAZIONE POLITICA
L’ex-presidente dell’ ANM Luca Palamara, “regista” delle trame occulte del Csm politicizzato, nell’udienza tenutasi ieri dinnanzi alla sezione disciplinare, ha sostenuto di non dover essere processato dell’ attuale consiliatura, partendo dal presupposto di parte che gli attuali consiglieri abbiano espresso dei pregiudizi nei suoi confronti.
E’ andato a vuoto il tentativo di Palamara di ottenere la rimessione del processo in Cassazione, in maniera tale da potersi rivolgere alla Corte Costituzionale poichè sulla base della normativa attuale, non è possibile essere giudicati dai prossimi consiglieri.
Nell’udienza precedente Palamara aveva ricusato Piercamillo Davigo, ma l’istanza venne respinta. Mentre il processo nei confronti del magistrato in aspettativa Cosimo Ferri (ora deputato di Italia Viva ) che aveva ricusato i componenti laici Stefano Cavanna (Lega) e Michele Cerabona (Forza Italia), è stato sospeso in attesa che si pronuncino le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione.
La sezione disciplinare del Csm presieduta dal membro “laico” Fulvio Gigliotti, ha rigettato l’istanza ritenendola “non rilevante e manifestamente infondata“. Il consigliere di Cassazione Stefano Giaime Guizzi, difensore di Palamara, nel suo intervento ha sostenuto che sulla “vicenda sono stati espressi interventi in ogni sede” che a suo parere “hanno turbato la libertà di determinazione dell’intero organo giudicante“. Una teoria che ha trovato l’immediata opposizione dell’accusa rappresentata in udienza dall’ avvocato generale della Cassazione Piero Gaeta, secondo il quale “è una richiesta inammissibile e palesemente manipolativa“.
Luca Palamara ha preferito depositare una memoria scritta, invece di parlare ed interloquire con la commissione, evidenziando il pregiudizio del Csm nei suoi confronti, secondo il suo parere: “Non ci si può esimere dal notare come per un verso le reiterate prese di posizione di numerosi membri del Csm, taluni persino componenti del collegio chiamati a giudicare il sottoscritto sulle vicende relativa all’incontro tenuto nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 2019, presso l’ Hotel Champagne in Roma, nonchè, per altro verso, le stesse modalità con cui i “media” risultano essere venuti a conoscenza , siano tali da integrare quelle situazioni di pregiudizio per la libera determinazione delle persone che partecipano al processo e di legittimo sospetto”.
“Dalla messaggistica estratta dal telefono cellulare dello scrivente – è contenuto la memoria di Palamara – acquisita agli atti dell’inchiesta svolta a carico del sottoscritto dalla Procura di Perugia, è emerso il ruolo che il sottoscritto, e con il medesimo, anche gli onorevoli Cosimo Maria Ferri e Luca Lotti, ha avuto nell’accordo politico che portò all’elezione dell’attuale Vice-Presidente del Csm David Ermini (in particolare, all’esito di una cena presso l’abitazione dell’Avv. Giuseppe Fanfani, ex membro laico del Csm nella consiliatura 2014/2018, circostanza sulla quale la difesa dello scrivente ha articolato prova per testi, chiedendo l’escussione sia dell’On. Ermini che dell’Avv. Fanfani), se ne trae una ragione di più per dubitare dell’effettiva serenità con cui codesta Ill.ma Sezione Disciplinare potrà assumere le proprie ‘libere determinazionì giudicare i fatti per cui oggi è giudizio”.
“Nel formulare istanza di rimessione alle Sezioni Unite del presente giudizio, – continua la memoria di Palamara – ritiene di dover sottoporre all’attenzione di codesta Ill.ma Sezione Disciplinare questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 18, comma 4, d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, e dell’art. 45 cod. proc. pen. Dette norme, infatti – si legge nella memoria dell’ex consigliere – appaiono costituzionalmente illegittime nella parte in cui non prevedono che, versando la Sezione Disciplinare in taluno dei casi suscettibili, astrattamente, di giustificare la rimessione del processo, ai sensi, in particolare, della seconda di esse, l’incolpato nel procedimento disciplinare o il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione possano richiedere, alla Corte di Cassazione, la rimessione del giudizio alla Sezione Disciplinare operante nella consiliatura successiva a quella in atto“.
“Ad avviso del sottoscritto la questione suddetta – si legge ancora nella memoria di Palamara – appare sia rilevante che non manifestamente infondata, così come richiesto dall’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Quanto al primo requisito, non ci si può esimere dal notare come, per un verso, le reiterate prese di posizione di numerosi membri del Csm, taluni persino componenti del collegio chiamato, oggi, a giudicare della responsabilità disciplinare del sottoscritto, sulle vicende relative all’incontro tenutosi, nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2019 presso l’Hotel “Champagne” in Roma, nonché, per altro verso, le stesse modalità con cui i “media” risultano esserne venuti a conoscenza, siano tali da integrare quelle situazioni di pregiudizio per “la libera determinazione delle persone che partecipano al processo” e di “legittimo sospetto”, alle quali conferisce rilievo il citato art. 45 cod. proc. pen.“.
“Merita innanzitutto di essere segnalato come l’articolo di stampa che, per primo, ha reso noto lo svolgimento di quell’incontro (si tratta di uno scritto a firma di Carlo Bonini, apparso sul quotidiano “La Repubblica” il 29 maggio 2019 ed intitolato “Il mercato delle toghe: un patto per prendere la Procura di Roma”), nel compiere una particolareggiata ricostruzione dell’accaduto, abbia affermato, in ben due passaggi, che la conoscenza giornalistica di quei fatti deriverebbe da ‘diverse e qualificate fonti del Consiglio Superiore’”, si legge ancora nella memoria.
“Al fine di accertare la veridicità, o meno, di tale circostanza, certamente apprezzabile sotto il profilo dell’esistenza di un “legittimo sospetto“, ai sensi della norma codicistica sopra richiamata, il difensore dello scrivente ha richiesto l’escussione nel presente procedimento, come teste, del Segretario Generale del Csm. In particolare – si legge nella memoria – si è chiesto che il medesimo riferisca sulle verifiche eventualmente disposte per riscontrare se vi sia stata, o meno, tale propalazione verso la carta stampata, condotta suscettibile di integrare, almeno astrattamente, se non il delitto di cui all’art. 326 cod. pen., quantomeno l’illecito disciplinare consistente nella “violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione” (art. 2, comma 1, lett. u, del d.lgs. n. 109 del 2006), ove fosse stata, in ipotesi, realizzata da appartenenti all’ordine giudiziario“.
Nella sua memoria Palamara sottolinea che “Sul punto, peraltro, non sembra inutile rammentare come già in passato codesto Ill.mo Csm, ed esattamente, nella consiliatura 2010/2014, sia già stato interessato da “fughe di notizie”, con passaggio alla stampa di informazioni relative ad una (in quel caso risalente) vicenda disciplinare che aveva coinvolto magistrato, come il sottoscritto, titolare di funzioni requirenti presso un importante Ufficio di Procura”,.
“A far data dal giugno scorso, e fino a poche settimane orsono, non sono mancate vigorose stigmatizzazioni, anche nella sede consiliare, dei fatti oggetto del presente giudizio. Rileva in tale prospettiva, in primo luogo, la posizione espressa da chi, nel plenum straordinario del Csm del 4 giugno 2019, convocato nell’immediatezza di quei fatti, ha affermato che ‘l’unica vicenda (….) assimilabile, sotto più aspetti’, a quella oggi al vaglio di codesta Ill.ma Sezione Disciplinare, fosse stata, in passato, ‘quella dello scandalo P2’, sottolineando come la magistratura italiana seppe trovare, allora, ‘l’orgoglio e il coraggio di una risposta ferma, immediata, rigorosa’, grazie alla quale ‘i magistrati più direttamente coinvolti furono immediatamente destituiti’” è riportato ancora nella memoria dell’ex consigliere del Csm.
“Non indifferente nel definire il clima (o, forse, il climax) che è destinato ad accompagnare il giudizio a carico del sottoscritto, è il contenuto del documento adottato il 3 luglio scorso da un gruppo della magistratura associata, che, dopo aver stabilito, in assenza di qualsiasi riscontro, un accostamento tra le vicende oggetto del presente procedimento e quelle relative a presunte dichiarazioni rese a Silvio Berlusconi dal defunto Presidente di Sezione di Cassazione, Amedeo Franco, ha sottolineato essere ‘necessario’ che ‘le responsabilità specifiche per i fatti emersi vengano affermate con ponderazione, rigore e fermezza’, come se l’affermazione della responsabilità disciplinare di un incolpato – e non, piuttosto, soltanto l’accertamento della sua eventuale sussistenza – sia l’esito, per l’appunto, “necessitato” del giudizio celebrato nei suoi confronti”, si legge ancora.
Palamara citando gli atti giudiziari ammette di fatto di essere stato fondamentale per l’elezione dell’ ex deputato del Pd Ermini, al vertice del Consiglio Superiore della Magistratura , e quindi secondo l’ex presidente dell’ ANM, oggi il Csm guidato da Ermini potrebbe non essere sereno.
Una teoria questa discutibile ed a dir poco astratta, sopratutto in considerazione del fatto che in passato il predecessore di Ermini, e cioè Giovanni Legnini, nella vicenda disciplinare a carico di Michele Emiliano, suo compagno di partito (Pd) preferì “dirigere” il traffico… all’interno della Sezione Disciplinare, mentre nel “caso Palamara“, molto più correttamente Ermini si è astenuto ed il collegio giudicato è guidato dal membro “laico” Fulvio Gigliotti, indicato e nominato a Palazzo dal Movimento 5 Stelle.