Vanificato dal Governo, nella tarda serata di ieri, l’operato dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Taranto, che aveva provveduto a notificare ai legali dello stabilimento ILVA (in amministrazione straordinaria) di Taranto, il rigetto dell’istanza di differimento delle operazioni di spegnimento dell’ altoforno “Afo2” emesso dal sostituto procuratore Antonella De Luca titolare del fascicolo, e condiviso dal procuratore Franco Sebastio dalla Procura della Repubblica di Taranto, contenuto nel sequestro preventivo emesso e convalidato dall’ ordinanza del Gip titolare del fascicolo. Un provvedimento che avrebbe determinato il blocco dell’ intero stabilimento siderurgico: per l’adeguamento all’ AIA (l’ autorizzazione integrata ambientale), infatti, la fabbrica tarantina produceva acciaio adoperando solo l’Afo 2 e l’Afo 4 e quindi il fermo di uno dei due impianti potrebbe di fatto fermare tutto lo stabilimento.
Da ricordare che il drastico provvedimento è conseguente all’ inchiesta sul tragico incidente verificatosi presso l’impianto che è costato la vita all’operaio 35enne Alessandro Morricella, investito da un getto di ghisa incandescente che lo rese una torcia umana e gli provocò ustioni di terzo grado sul 90% del corpo, decedendo successivamente. Sempre più numerose le voci interne all’ ILVA raccontano che però il Morricella non indossasse l’abbigliamento previsto, circostanza questa mai chiarita dagli investigatori. Ma va ricordato un particolare: poco dopo l’incidente mortale, i tecnici dell’ispettorato del lavoro avevano concesso all’ ILVA 60 giorni di tempo per “adottare tutti i provvedimenti necessari atti ad evitare pericolose esposizioni del personale alle proiezioni di metallo fuso durante le operazioni di colaggio dell’altoforno” e contemporaneamente il divieto di “effettuare qualsiasi operazione di prelievo diretto delle temperature ghisa nel pozzino ghisa”.
A distanza di tre anni, quindi, dal luglio 2012 quando il gip Patrizia Todisco sequestrò senza facoltà d’uso sei impianti (provvedimento successivamente revocato dalla Suprema Corte di Cassazione) gli operai e i cittadini di Taranto si sono salvati dal vivere una estate molto “calda”. Più bollente del calore degli altiforni. Attualmente all’ ILVA sono in solidarieta’ circa 3mila unita’ su un tetto di 4074 previste dall’intesa.
Ma da parte del Consiglio dei Ministri è arrivato il “via libera” ad un decreto con le misure che di fatto impediscono il blocco dell’altoforno 2 dell’Ilva . Si tratta di un unico provvedimento “in materia di rifiuti e di continuità delle attività produttive in siti di interesse strategico nazionale”. La decisione è arrivata al termine di una seduta d’urgenza, iniziata attorno alle 20 di ieri sera e conclusa dopo pochi minuti. Nella mattinata il Cdm era stato sospeso proprio per consentire un approfondimento tecnico su un provvedimento necessario a sbloccare il sequestro dell’ ILVA su cui la Procura della repubblica di Taranto aveva dimenticato che la “guerra” non era più alla famiglia Riva, ma bensì allo Stato che sta cercando di salvare i posti di lavoro ed un’azienda in fase di ristrutturazione e risanamento ambientale, strategica per l’economia nazionale. Una nuova “sconfitta” della Procura della Repubblica di Taranto.
Il premier Renzi : “proponiamo una visione strategica per il paese“
“Continuiamo a dare priorità al salvataggio dei posti di lavoro in tutta Italia da Monfalcone a Taranto fino all’intero Casertano“. Con queste parole il premier Matteo Renzi ha commentato su Facebook, la decisione del Consiglio dei Ministri, ed ha poi aggiunto: “Proponiamo finalmente una visione strategica per il paese. Passo dopo passo, un mattone alla volta, non solo salvataggi di aziende, ma anche costruzione di futuro“.