“Ventisette euro al giorno che, per i sindacati, «sono circa la metà di quanto dovuto per il lavoro che stava facendo Paola – spiega Giuseppe Deleonardis, segretario Flai Cgil Puglia – perché per il cosiddetto acinino dell’uva la paga è 49 euro”. Il titolare dell’azienda agricola ‘Perrone‘ di Andria in cui lavorava Paola Clemente, la bracciante tarantina di 49 anni morta nei campi il 13 luglio, è indagato dalla Procura di Trani. Nell’indagine per omicidio colposo e omissione di soccorso era finora indagato Ciro Grassi, autista del gruppo di braccianti di cui faceva parte Paola.
L’avviso di garanzia nei confronti dell’imprenditore è stato notificato dal pm inquirente Alessandro Pesce in vista dell’incarico per l’autopsia che è stato affidato il 21 agosto al medico legale Alessandro Dell’Erba e al tossicologo forense Roberto Gagliano Candela, entrambi dell’ Università di Bari.
“Tra i mille interrogativi che mi pongo e ai quali non riesco a dare risposta, ritengo che sia un’assurdità, nel 2015, morire sul posto di lavoro per guadagnare a malapena 27 euro al giorno“. Vuole giustizia su come ciò sia stato possibile è la richiesta che Stefano Arcuri, marito di Paola Clemente, bracciante agricola tarantina 49enne morta il 13 luglio scorso nelle campagne di Andria, pone al procuratore del Tribunale di Trani.
Alla Procura della Repubblica di Trani gli investigatori si stanno interrogando cercando anche di far luce sulla differenza degli acconti e dei saldi contabilizzati in busta paga, pagati dalle agenzie interinali alle migliaia di braccianti che lavorano in Puglia – e non solo – come la sfortunata donna tarantina un’intera giornata nei campi per portare a casa qualche decina di euro.
Come si evince dalla busta paga di Paola Clemente, nello scorso mese di novembre ha ricevuto un saldo netto di soli 257,38 euro. Nella parte alta dello stesso cedolino sono evidenziate trattenute per acconto stipendi pari a 727 euro che portano il totale trattenute a 829 euro e il saldo finale a 257 euro dai 1.489 euro lordi.
La busta paga di dieci mesi fa era a carico dell’agenzia per il lavoro Quanta. “Ma quando la signora Clemente è morta – spiega l’avvocato Vito Miccolis che assiste il marito di Paola – lavorava per Inforgroup: abbiamo fiducia che anche in tal caso la procura farà piena luce su eventuali meccanismi di acconti e saldi”.
Su questa vicenda anche i sindacati vogliono vederci chiaro: “Abbiamo sollevato il problema lo scorso 8 luglio – dice Deleonardis della Flai Cgil Puglia – cioè prima ancora della morte di Paola, perché diversi lavoratori, una sessantina, vantano crediti di circa 500 euro che, pur presenti in busta paga, non sono mai stati corrisposti”. Il primo settembre, la Flai Cgil ha dato l’ultimatum a Quanta: “Premesso che l’aspetto retributivo e relativi conguagli dei lavoratori assunti – si legge nella lettera inviata all’agenzia interinale con sede a Milano – è in capo all’agenzia e non alle aziende utilizzatrici che, come da voi comunicatoci, si erano assunte l’onere di conguagliare ai lavoratori il dovuto, non avendo i lavoratori a tutt’oggi ricevuto alcun rimborso, se entro 5 giorni non avremo notizie positive in merito, ci vedremo nostro malgrado costretti ad adire le vie legali e a segnalare le inadempienze alla Guardia di Finanza“.
Il “caporalato” moderno sembra così nascondersi fra acconti e saldi, tra le pieghe di una somministrazione del lavoro apparentemente regolare oneri in capo alle agenzie interinali o alle aziende utilizzatrici ” Non solo apparentemente – spiega Vincenzo Mattina vice presidente di Quanta – ma anche nella realtà. Se dobbiamo dare qualcosa ai lavoratori, la daremo, chiariremo tutto. Come abbiamo già fatto nel 2014 dopo le segnalazioni dell’ispettorato del lavoro: abbiamo chiesto all’Inps di normalizzare tutte le posizioni non regolari, in gran parte sottoinquadramenti dei lavoratori. Il ravvedimento, per la sola Puglia, ci è già costato 120 mila euro per la prima tranche e complessivamente ce ne costerà 400 mila”.
Una dimostrazione questa che nelle campagne pugliesi , qualcosa non funziona bene. “Ne avemmo la percezione nel 2013, due anni dopo la nostra decisione di entrare nel settore agricolo, prevalentemente in Puglia ma anche in Sicilia e Lazio – aggiunge ancora Mattina – Inviammo subito tre persone da Milano a Rutigliano e alla fine del nostro screening , due dipendenti, denunciati anche per concorrenza sleale perché avevano preso contati con altre agenzie, andarono a casa. Abbiamo avuto il dubbioche agissero da caporali in particolare che utilizzassero la cosiddetta “paga di piazza”” conclude Mattina .
Il salario contrattuale viene applicato in Puglia solo dal 20% delle aziende, secondo la Flai mentre la consuetudine che prevede il sottosalario per immigrati e donne, è tanto più basso quanto più a Sud si va. Una desolante risposta ai quesiti del marito della povera bracciante agricola tarantina morta nelle campagne baresi, morta per 27 euro . Questa la triste conclusione.