di Federica Gagliardi
Una celebrazione “blindatissima”, quella della Via Crucis di Papa Francesco al Colosseo per il Venerdì Santo, con un dispiegamento di forze di polizia come non si era mai visto. Nove i varchi di controllo con i metal detector, tanti gli agenti in borghese mescolati anche tra i fedeli. Una celebrazione “blindatissima” già dal mattino , con uno spiegamento di forze di polizia come forse non si era mai visto; circa 10mila gli agenti in strada. In tutto 20mila i fedeli che hanno partecipato, secondo la Gendarmeria vaticana.
Per l’occasione sono state assunte misure di sicurezza straordinarie: il percorso della Via Crucis è stato interdetto al traffico dalle 13, chiusa anche la stazione della metro e create due aree di sicurezza con varchi d’accesso e metal detector. Rafforzati anche i controlli negli stabili occupati da migranti e attivate oltre cento telecamere per monitorare l’area compresa tra il Colosseo e il Vaticano. In un clima di minaccia a livelli altissimi, le celebrazioni pasquali con il Papa non hanno quindi subito alcuna modifica.
In un clima di allerta a livelli altissimi, le celebrazioni pasquali con Papa Francesco Bergoglio non hanno comunque subito alcuna modifica e, tra i diversi appuntamenti è stato proprio quello di ieri sera al Colosseo, e la messa di domenica mattina a piazza San Pietro, dove viene riposta la massima attenzione. Il pontefice ha affidato quest’anno le meditazioni della Via Crucis ad un gruppo di liceali romani, coordinati dal loro professore di religione, Andrea Monda. Le delusioni, le ingiustizie, i fallimenti, ma anche il coraggio, la speranza, la solidarietà: sono questi i temi risuonati nelle meditazioni.
Dalla terrazza del Colle Palatino dalla quale ha presieduto la cerimonia – trasmessa in mondovisione – Papa Francesco nella sua preghiera ha evocato anche “la speranza perché tanti missionari e missionarie continuano, ancora oggi, a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per servire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfruttati, negli affamati e nei carcerati; la speranza perché la tua Chiesa, santa e fatta da peccatori, continua, ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva“.
“Vergogna“: Papa Francesco comincia con questa parola la Via Crucis al Colosseo. Vergogna per quando si sceglie “il potere e il dio denaro“; vergogna per gli uomini, anche di Chiesa, che si fanno prendere dall’ambizione “perdendo la loro dignità“. Vergogna perché “le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre“. Ma il Santo Padre parla anche di speranza: quella di chi è capace di “sfidare la coscienza addormentata dell’umanità rischiando la vita” per servire poveri, scartati, immigrati. E il Papa difende anche la sua Chiesa, “fatta da peccatori” ma capace “nonostante i tentativi di screditarla, di essere un modello di altruismo, un’arca di salvezza“. E non possono non venire alla mente i tanti attacchi anche interni; Bergoglio chiede a Dio di “spogliarci dell’arroganza dei miopi e dei corrotti che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare“.
“Mi guardo intorno e vedo occhi fissi sullo schermo del telefono, impegnati sui social network ad inchiodare ogni errore degli altri senza possibilità di perdono“, diceva una delle preghiere, aggiungendo: “Cadiamo così tante volte che perdiamo il conto, ma speriamo sempre che ogni caduta sia l’ultima”. “Ti vedo, Gesù“, questo l’incipit di ogni stazione scelto dai giovani autori. Questi ragazzi sono stati anche tra i portatori della croce. Ma, stazione dopo stazione, sono stati rappresentati anche tutti gli scenari dove la guerra imperversa.
Simbolicamente Bergoglio ha voluto che tra i portatori della Croce ci fossero tre religiosi iracheni – padre José, dei Trinitari, con suor Leya e suor Genevieve, domenicane di Santa Caterina da Siena, i francescani da Gerusalemme, frate Antonio e frate Elivano, e ancora una famiglia dalla Siria: Riad Sargi e Rouba Farah con i loro tre figli.
La Siria, innanzitutto, con Riad Sargi, di Caritas, che ha portato insieme alla sua famiglia la croce per una stazione: “Porto tutta la sofferenza del popolo, dei bambini, dei padri e delle madri del nostro Paese“, aveva detto ai media vaticani. Viene invece dall’Iraq suor Genevieve Al Haday: “Nella croce che porterò – aveva detto al Sir – sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani“. Nel pomeriggio in basilica vaticana si era svolto il rito della Passione col Papa prostrato a terra e il predicatore padre Raniero Cantalamessa che ha invitato i giovani a “salvare l’amore dal possesso e dalla violenza“.
Le ferite delle guerre: della Siria, dell’Iraq, della Terra Santa. La fragilità di bambini, anziani, disabili. Le ansie dei giovani ma anche le loro speranze, nell’anno del Sinodo dedicato a loro. “Le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dall’egoismo dove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati“, ha denunciato il Papa.
A portare la croce anche una bambina disabile accompagnata dai volontari dell’Unitalsi. Nel pomeriggio si era svolta invece nella basilica vaticana la celebrazione della Passione. Il Papa si è prostrato a terra in segno di devozione.