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22 Dicembre 2024 02:48

Par condicio, abolire la commissione di vigilanza ?

Storia non nuova, questa della par condicio e della governance di viale Mazzini. Che si intreccia peraltro con quel luogo così peculiare che è diventata ormai la commissione parlamentare di vigilanza. Laddove le schermaglie tra le due parti in causa solitamente raggiungono il punto di maggiore conflittualità.
di Marco Follini

L’aspra querelle barese ha fatto passare in secondo piano le dispute radiotelevisive. Laddove, tra la pressione della maggioranza per piegare la par condicio alle sue convenienze e la resistenza delle opposizioni in nome di regole e consuetudini d’altri tempi, infuria da sempre una battaglia politica e mediatica che sarebbe sbagliato sottovalutare. Argomento tutt’altro che nuovo, si dirà. E infatti già una ventina d’anni fa si combatté un conflitto piuttosto cruento proprio sul tema della par condicio.

All’epoca Berlusconi avrebbe voluto allentare le briglie di quella legge. Mentre i suoi critici, dentro e fuori dalla sua maggioranza, obiettavano che proprio quella legge, ancorché non proprio mirabile, aveva almeno l’effetto di lenire certi aspetti del conflitto d’interessi. Evitando che i loro segretari amministrativi si trovassero a dover pagare gli spot sulle reti del Cavaliere. All’epoca non se ne fece nulla, ma il problema è rimasto suppergiù tale e quale.

Il fatto è che le maggioranze hanno sempre dalla loro il vantaggio della preponderanza numerica. E quasi sempre trovano dalle parti di viale Mazzini un trattamento deferente e di favore. Trattamento che destra e sinistra si rimpallano l’un l’altra, avendone paradossalmente un po’ di (provvisoria) ragione a testa. E di contro avviene altrettanto spesso che il sistema di distribuzione degli spazi televisivi cerchi di riequilibrare in parte -ma solo in piccola parte- i privilegi che solitamente vengono riservati a chi governa rispetto a chi si oppone.

Storia non nuova, questa della par condicio e della governance di viale Mazzini. Che si intreccia peraltro con quel luogo così peculiare che è diventata ormai la commissione parlamentare di vigilanza. Laddove le schermaglie tra le due parti in causa solitamente raggiungono il punto di maggiore conflittualità.

Avviene infatti che sia la maggioranza a designare i vertici di viale Mazzini e che sia l’opposizione a consolarsene con la presidenza della commissione di vigilanza. Quasi a stabilire una sorta di complicità, o almeno di bilanciamento, tra gli interessi politico-televisivi degli uni e degli altri. Si aggiunga che in base alle regole attuali il presidente della Rai deve a sua volta essere votato da una maggioranza qualificata in quella commissione. Cosicché egli (o essa) dovrebbe godere dei favori di almeno una parte dell’opposizione.

Sembrerebbe un conflitto tra due ragioni. E invece finiscono per essere due torti a fronteggiarsi. E cioè il torto della maggioranza che tende sempre più (e da ultimo ancora di più) a fare l’asso pigliatutto in materia di occupazione televisiva. E il torto dell’opposizione che tende a sua volta a farsi risucchiare in una logica di scambio, portando a casa qualche briciola e assistendo senza patire troppo il morso della fame alla vista dell’altrui banchetto.

E’ un sistema che andrà cambiato, prima o poi. Ancorché si trascini da anni e anni e sia sopravvissuto alla prima, alla seconda e perfino alla terza repubblica. Chi scrive, l’ho già detto, non ha titolo a salire su questa cattedra, essendo stato a suo tempo (un’era geologica fa) designato dalla Dc come consigliere di amministrazione della Rai. E tuttavia, sommessamente, un consiglio mi sentirei di darlo, agli uni e agli altri. E cioè alla maggioranza di non esagerare con l’occupazione della televisione, dato che tutti i precedenti insegnano che questi eccessi non portano mai troppa fortuna a chi li compie. E all’opposizione di non restare più in commissione di vigilanza a fare la guardia a un bidone sempre più vuoto e oramai quasi inutile.

L’idea che esista ancora, nell’anno di grazia 2024, una commissione che “vigilasulla televisione pubblica ha in sé qualcosa di antidiluviano. Rimanda a stagioni lontane e irripetibili, nelle quali si pensava di poter mettere sotto controllo l’informazione come se nel frattempo il pubblico non avesse trovato mille altre strade per avere notizie e farsi le proprie idee al riguardo. Abolire quella commissione, a questo punto, sarebbe un primo passo per dire che si vuol davvero cambiare costumi. Per dirla in gergo, sarebbe – questa sì – la mossa del cavallo.

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