ROMA – Aveva lasciato per circa 16 ore la propria macchina parcheggiata in un posto riservato ai disabili . Ma a distanza di otto anni, è stato condannato dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza definitiva a quattro mesi di carcere per “violenza privata”. Quindi parcheggiare nello spazio per i portatori di handicap non è soltanto un reato amministrativo per l’infrazione al Codice della Strada ma è sopratutto un reato penale.
La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla vicenda di due cittadini palermitani. Un’ automobilista irrispettoso di 63 anni Mario Milano e la donna che lo ha querelato, Giuseppina una disabile di 49 anni che aveva un parcheggio sotto casa, assegnato nominalmente con indicato il numero di targa della propria macchina, e quindi non era un posto disabili generico.
La quinta sezione penale della Suprema Corte ha messo la parola fine alla vicenda giudiziaria che era iniziata nel maggio del 2009. Una mattina la donna, rientrando a casa con un’amica, aveva trovato il suo posto occupato. Giuseppina che ha problemi fisici gravi era molto stanca , non vedeva l’ora di poter rientrare a casa per riposarsi ma il parcheggio riservato alla sua autovettura era occupato abusivamente . Comincia quella trafila che i disabili italiani subiscono sin troppo spesso. Numerose telefonate alla Polizia Municipale, ottenendo una vergognosa risposta, “tutti gli agenti erano impegnati in una riunione con il comandante”. E le ore passavano senza che Giuseppina potesse parcheggiare e tornare a casa
La donna ormai debilitata fisicamente si reca dai Carabinieri . Ma anche loro dichiarano che non possono fare nulla se non girare la propria richiesta ai vigili urbani . Una giornata da dimenticare per la povera Giuseppina che ha termine soltanto alle 2.30 del mattino, allorquando quando la macchina parcheggiata abusivamente sul posto disabili viene finalmente prelevata dal carro attrezzi e portata via. Ma Giuseppina è furente offesa da quel disinteresse che non offende solo lei, ma sopratutto la sua malattia. Una vera manifestazione di vergognosa inciviltà. Quindi decide di querelare il proprietario della macchina. .
Inizia così un lunghissimo iter processuale. L’uomo, Mario Milano, prova a difendersi sostenendo in un primo momento che la macchina era sì intestata a lui, ma che in quei giorni la stava utilizzando il proprio figlio o persino da sua nuora. Una versione che non convince i magistrati, infatti non c’è prova alcuna che l’auto sia stata parcheggiata da suo figlio abusivamente nel posto disabili assegnato a Giuseppina . Milano viene condannato in primo grado, a quattro mesi dal giudice monocratico di Palermo. Ricorre in Appello ma la sentenza di 1° grado viene confermata .
Il signor Milano non demorde e ricorre in Cassazione. Dinnanzi agli ermellini della suprema corte ribadisce le stesse giustificazioni, ed il suo avvocato sostiene che non può essere condannato perché non è stato lui a parcheggiare nel posto disabili. Inutilmente. I magistrati confermano la sentenza: 4 mesi per violenza privata. E’ una sentenza importante, che accade per la prima volta, destinata a fare giurisprudenza e, speriamo, a insegnare qualcosa ai cittadini che non rispettano i diritti dei disabili. Quindi da oggi, parcheggiare sulle strisce gialle riservate nominalmente a un disabile non costituisce più soltanto un’infrazione del Codice della Strada, dalla quale si esce con una multa salata. Infatti si rischia una condanna penale per “violenza privata” con tanto di risarcimento alla parte offesa. A Mario Milano è costata 5mila euro oltre a tutte le spese legali e processuali. Sarà un buon esempio ?