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5 Novembre 2024 03:26

“Pensa prima di condividere”: come ovviare alle inadempienze di Facebook

Internet è un luogo strano: è possibile parlare di qualunque cosa, utilizzando un avatar per presentarsi, con persone da tutto il mondo. Tuttavia, un problema molto diffuso è una mancanza di maniere ed educazione, che fin troppo spesso sfocia in bullismo e diffamazione in maniera incontrollata.

 

di Paolo Campanelli

schermata-2016-11-04-alle-16-19-15Presentato ieri a Roma la guida “Pensa Prima di Condividere” realizzata dal socialnetwork Facebook per una maggiore consapevolezza dell’utente su internet, o più precisamente sui social network, in collaborazione con il Ministero di Giustizia che ha sin dal 2013un impegno costante sui reati on-line, per i quali ha persino realizzato un glossario.

Alla presentazione dell’iniziativa il ministro di giustizia Andrea Orlando che ha giustamente  richiamato i gestori dei socialnetwork a controllare l’utilizzo spesso illecito del web, strumentalizzato da molti adulti irresponsabili per avviare delle vere e proprie campagne di delegittimazione, odio e diffamazione in ambito politico e sociale, sconfinando nella discriminazione, razziale e sessuale

Internet è un luogo strano: è possibile parlare di qualunque cosa, utilizzando un avatar per presentarsi, con persone da tutto il mondo. Tuttavia, un problema molto diffuso è una mancanza di maniere ed educazione, che fin troppo spesso sfocia in bullismo e diffamazione in maniera incontrollata. La guida si ripropone di essere più accessibile e facilmente analizzabile per diffondere le conoscenze agli utenti, soprattutto ai minori. E qui è il problema più grande.

È estremamente raro che un utente non sappia cosa stia facendo, quando si lancia in settimane e settimane di sistematici insulti verso gruppi, istituzioni o persone, forte di un senso di anonimato dato dalla mutabilità del proprio avatar, e copiare un’idea canadese dalla dubbia efficacia è completamente inutile in questi casi.

Uno dei punti fondamentali è l’utilizzo degli strumenti di segnalazione messi a disposizione dai social network. Ed è un altro punto dolente: è chiaro anche all’ultimo degli sprovveduti che Facebook, Twitter, Instagram e qualunque altro social non si mantiene autonomamente per puro desiderio di mettere le persone in comunicazione, ma in realtà utilizza le attività degli utenti (in particolari i loro dati) , quello che fanno, tutte informazioni preziose per le multinazionali del marketing che insieme alla pubblicità sono le uniche fonte di introiti per i socialnetwork.

Un finto profilo privo di contenuti, senza amici o post viene eliminato subito, se segnalato da qualcuno, mentre altri, poli di disinformazione, odio razziale, di classe, o contro persone e istituzioni che fanno traffico dati, per i gestori dei socialnetwork, in particolare quelli di Facebook risultano sempre in regola…. ignorando quanto previsto dalla Legge Scelba e dell’ articolo 595 del Codice Penale incluso. La necessità di “Moderatori” non può essere risolta dagli utenti stessi, la presentazione si è rivelata inconsistente  anche a causa dell’inaspettata mancanza e pochezza effettiva di contenuti, di alcuni dei principali addetti ai lavori come il Garante della privacy ed i vertici della Polizia Postale, del Gat della Guardia di Finanza, e del Racis dei Carabinieri, utilizzando una bambinesca cortina di fumo buonista.

In conclusione, la minaccia di una punizione continua a non essere sufficiente a prevenire, soprattutto con la convinzione di completo anonimato che la maggior parte dei diffamatori crede di avere, in quanto la guida fa del suo punto principale il fermarsi ed evitare di essere trascinati dalle emozioni in questo genocidio virtuale della gogna mediatica. E’ forse arrivato il momento per le istituzioni di far sentire la propria voce e costringere i gestori dei socialnetwork a far rispettar le leggi vigenti nei Paesi in cui operano. Internet non può essere terra di nessuno.

Attraverso questo link potete visionare e scaricare la Guida: guida-facebook-cyberbullismo

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