ROMA – Si è celebrato ieri dinnanzi al Gup dr.ssa Alessandra Romano del Tribunale di Taranto l’udienza preliminare relativa al procedimento avviato dalla Procura della Repubblica di Taranto a seguito delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza sulle tangenti e gare di appalto truccate che si svolgevano nella base navale Maricommi Taranto.Le indagini della Guardia di Finanza avevano accertato l’esistenza di un sistema di tangenti del 10%. Il Gip Pompeo Carriere affermava nella sua ordinanza che “ è il frutto di accordi ben collaudati e consolidati nel tempo, tanto che lo stesso Di Guardo ha dovuto ammettere di percepire tangenti sin dai tempi in cui rivestiva l’incarico di capo servizio a Maricegesco a La Spezia”.
La Marina Militare si è costituita in giudizio come parte civile chiedendo un risarcimento danni per
5 milioni di euro.
Nell”udienza durata oltre tre ore la Procura ha evidenziato la valenza probatoria della documentazione, comprese le intercettazioni, sulla mega truffa , diventata ancora più imponente dopo l’arrivo dell’ex comandante
Giovanni Di Guardo inviato a Taranto dallo Stato Maggiore della Marina Militare per mettere fine al giro di tangenti che era stato scoperto dalle indagini dei
Carabinieri, che avevano portato in manette il precedente comandante (e dei suoi colleghi) di
Maricommi Taranto. Ma le tangenti invece erano aumentate.
Le richieste dell’accusa sono arrivate a distanza di oltre due anni e mezzodalla richiesta di giudizio immediato presentata dalla procura nel marzo 2017. Ritardo conseguente alla circostanza che il procedimento prima di arrivare in aula aveva letteralmente fatto il giro dei Gup (alcuni dei quali incompatibili) del Tribunale di Taranto, che è stato ricordato ed evidenziato dallo stesso pubblico ministero. Alcuni degli imputati come Vincenzo Pastore, condannato a 25 mesi di carcere, hanno preferito sottrarsi al giudizio attraverso il patteggiamento della pena
La Procura nell’udienza di ieri ha chiesto nei confronti di Di Guardo la condanna a 12 anni di reclusione, escludendo qualsiasi attenuante. Una condanna ad otto anni è stata richiesta nei confronti di
Marcello Martire, un dipendente civile di
Maricommi Tarantoil quale secondo le ipotesi accusatorie faceva da “sodale” per il giro di tangenti controllato dall’ ex-comandante
Di Guardo. La stessa condanna per 8 anni è stata richiesta nei confronti di
Elena Corina Boicea, la donna rumena, compagna del Di Guardo, che aveva funzioni (insieme alla madre) di tesoriere delle tangenti incassate dall’ ormai ex ufficiale della Marina Militare.
Sei anni di reclusione sono stati chiesti dalla procura nei confronti dell’ex tenente della Marina Francesca Mola, la prima donna coinvolta in un giro di tangenti con indosso la divisa della Marina Militare, anch’essa partecipe delle gare di appalto gestite illegalmente dal Di Guardo per incassare tangenti dagli imprenditori pronti a corrompere per aggiudicarsi le gare “pilotate”. Il procuratore aggiunto Carbone ha richiesto la condanna a 5 anni e 5 mesi nei confronti di Giuseppe Musciacchio, a 4 anni per Vincenzo Calabrese e di 3 anni e 3 mesi a carico di Gaetano Abbate titolare del negozio di divise Kent nel centro di Taranto, che forniva uniformi militari anche alla Polizia Municipale del capoluogo jonico.
2 anni e 4 mesi sono stati invocati per gli ufficiali di marina Massimo Conversano e Gerardo Grifi, nei confronti dei quali la contestazione iniziale di “corruzione” è stata successivamente trasformata in “traffico di influenze”. L’accusa ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti soltanto per Abbate e Calabrese . La prossima udienza prevede la discussione per i legali della difesa dei rispettivi imputati è stata fissata per il prossimo 5 novembre.
La mole imponente di intercettazioni, documentazione bancaria acquisitaagli atti del processo avevano consentito alla Guardia di Finanza nel corso delle indagini di accertare e provare presenza di una vera e propria “cricca” di imprese collegate fra di loro per spartirsi l’assegnazione di numerosi appalti e affidamenti diretti per diversi milioni di euro, gestita dal
Di Guardo quando era a capo di
Maricommi di Taranto, che comportava l’esclusione delle altre aziende concorrenti estranee al “cartello” dei corruttori e corrotti.