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5 Novembre 2024 13:15

Per l’ Istat il Paese migliora ma il Sud è in ritardo

Quello che può apparire come una sorpresa è l'intensità della povertà assoluta è più accentuata al Centro Nord che nel Mezzogiorno . Solo Grecia e Croazia hanno un tasso di occupazione inferiore a quello italiano, ma considerando la componente femminile resta dietro esclusivamente la penisola ellenica.  Il lavoro sommerso tocca il 13,5% degli occupati

di Federica Gagliardi

Per l’Istat nel rapporto ‘Noi Italia‘ il nostro “un Paese in netto miglioramento in molti ambiti” quello che emerge dai principali fenomeni economici, sociali e ambientali ma permangono dei “punti di debolezza“, con l’Italia “non sempre in linea con la media dei paesi dell’Ue e distante dai principali partner, soprattutto con riferimento al Mezzogiorno.  Il Sud si colloca  sul fronte occupazione all’ultima posizione nella graduatoria dell’Ue”, nel confronto tra macro-aree italiane e Paesi Ue.  Ma vi sono anche delle “eccellenze agroalimentari” e “il buon andamento” degli aspetti legati alla salute.

Secondo l’Istat il nostro Paese  presentaun’aspettativa di vita fra le più alte in ambito europeo, occupa il secondo posto per gli uomini e il quarto per le donne: la speranza di vita (indicatore sintetico della qualità delle condizioni di vita) nasconde tuttavia l’esistenza di disuguaglianze a livello territoriale, riassumibili in uno svantaggio del Mezzogiorno di circa un anno rispetto al resto del Paese, che diventano circa tre considerando gli estremi della provincia autonoma di Trento (valore più alto) e la Campania (valore più basso)“.

Tra il 2015 e il 2016 la quota delle famiglie che vanno avanti sotto la soglia della povertà è rimasta “sostanzialmente stabile”, confermando inoltre “il forte svantaggio del Mezzogiorno”. Se però si guarda all’intensità del fenomeno, ovvero a “quanto poveri sono i poveri“, allora si riscontra un aumento: dal 18,7% del 2015 al 20,7% del 2016. E, cosa che può apparire come una sorpresa, l’intensità della povertà assoluta è più accentuata al Centro Nord (dal 18,0% al 20,8%) che nel Mezzogiorno (dal 19,9% al 20,5%).

Nel 2016, ricorda l’Istat, la povertà assoluta coinvolge il 6,3% delle famiglie residenti (pari a 4 milioni 742 mila individui). Il 10,6% delle famiglie  invece è relativamente povero (2 milioni 734 mila) per un totale di 8 milioni 465 mila persone (il 14,0% della popolazione). Soffre il Sud  dove le famiglie in povertà assoluta rappresentano l’8,5%, mentre sono quasi un quinto quelle in povertà relativa .

A questo punto vale per la pena precisare che le famiglie in povertà assoluta sono quelle che vivono al livello o sotto la soglia rappresenta dalla spesa minima considerata necessaria e che varia in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza. La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è invece pari alla spesa media pro-capite, che nel 2016  risultata pari a 1.061,35 euro mensili.

Nel meridione la disoccupazione giovanile va oltre il 50%.  Nel rapporto ‘Noi Italia’ analizzando i dati del 2016 , l’Istat rileva che il  tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni è sceso di tre punti nel 2017, fermandosi al 34,7%.   sottolineando tuttavia i livelli toccati nel Mezzogiorno (51,4%; 55,6% tra le ragazze) e in particolare in Calabria, dove la quota arriva in media al 55,6% (47,8% per i maschi e 69,2% per le ragazze). 7,3 milioni vivono in grave disagio economico In Italia il 12,1% degli individui, guardando alle ‘teste’ 7,3 milioni, vive in condizioni di grave deprivazione, ovvero in forte disagio economico.

Rispetto al 2015 la quota sale (erano l’11,5%). I picchi si raggiungono in alcune regioni del Sud, come Sicilia (26,1%) e Campania (25,9%). Ecco che in termini percentuali il valore del Mezzogiorno (21,2%, pari a quasi 4,5 milioni di persone) è  quasi il triplo di quello del Centro-Nord (7,3%, poco meno di 3 milioni). Occupazione donne, in Ue peggio solo la Grecia Il mercato del lavoro dà segnali di ripresa, pur restando caratterizzato da profonde fratture. Nel 2017 il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni è salito al 62,3%, tuttavia “lo squilibrio di genere a sfavore delle donne si conferma forte” (52,5% contro il 72,3% degli uomini occupati), “così come il divario territoriale tra Centro-nord e Mezzogiorno (70,2% e 47,7%, rispettivamente)“.

La distanza con la media dell’Unione europea, qui l’ultimo aggiornamento  del 2016, “continua a restare elevata (9,4 punti) specie tra le donne (13,7 punti)”. Ecco che solo Grecia e Croazia hanno un tasso di occupazione inferiore a quello italiano, ma considerando la componente femminile resta dietro esclusivamente la penisola ellenica.  Il lavoro sommerso tocca il 13,5% degli occupati   “Il lavoro sommerso continua a incidere in misura rilevante a livello nazionale, coinvolgendo nel 2015 il 13,5% degli occupati“.

Il fenomeno, sottolinea l’Istat,è presente in particolare nel Mezzogiorno, dove quasi un quinto degli occupati  non regolare (19,3%, con un massimo del 23,2% in Calabria)”     e fa notare come tra il 2000 e il 2015 il peso dell’occupazione non regolare si sia ridotto “in tutte le ripartizioni tranne che nel Nord-est (che presenta comunque l’incidenza pi bassa, 9,7%)”. C’è poi da osservare come il lavoro sommerso sia caratterizzato da “forti specificità settoriali: nell’agricoltura  irregolare oltre un quinto degli occupati“.

I giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano non lavorano, ormai conosciuti con l’acronimo inglese di Neet, nel 2017 si fermano sotto la soglia dei 2,2 milioni. Nonostante il terzo calo consecutivo si tratta comunque di una fetta ancora rilevante, pari al 24,1% della popolazione in quella fascia d’età, circa uno su quattro.    L’incidenza è più elevata tra le donne (26,0%) e nel Mezzogiorno (34,4%), che quasi doppia il Centro Nord (17,6%). Anche la riduzione del fenomeno non è omogenea sul territorio: risultano in flessione il Centro (-0,7 punti) e il Nord Ovest (-0,4 punti) ma non il Nord Est (+0,1 punti) e il Sud (+0,2 punti). Nel confronto con gli altri Paesi dell’Ue l’Italia detiene poi il primato, almeno stando ai dati del 2016 (24,3%, dieci punti sopra la media europea).

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