Ecco le prime immagini dell’interno dell’ultima casa in cui Matteo Messina Denaro ha trascorso almeno sei mesi di latitanza. Si trova in vicolo San Vito a Campobello di Mazara, all’angolo con via Vittorio Emanuele. La casa di un uomo qualunque: 60 metri quadrati, un divano e una televisione, una stanza adibita a palestra con panca e pesi dove sono custodite una quindicina di paia di scarpe firmate e circa 25 scatole che evidentemente ne custodivano altre paia, un bagno in ordine, due peluche appesi e, alle pareti, riproduzioni di dipinti famosi, come “I Girasoli” di Van Gogh, le foto di Joker, il cattivo di Gotham City, Marlon Brand e Al Pacinio ne “Il Padrino”. Sopra una porta un poster con quattro immagini, tra le quali quella di Gesù, e sotto delle massime di vita: “quando sei vittorioso sii umile, quando hai paura sii coraggioso”.
I carabinieri del ROS sono rimasti per giorni nel covo della primula rossa di “Cosa Nostra” dove hanno scovato e sequestrato tante carte interessanti ed anche una pistola. Non era il rifugio di un mafioso in pensione, alle prese con la chemioterapia, ma la base di un capo in piena operatività. Matteo Messina Denaro, il padrino delle stragi e delle complicità, era sempre molto meticoloso. Nell’appartamento di via Cb 31 dove ha abitato fino a lunedì 16 gennaio, aveva una serie di carpette, in cui catalogava appunti e documenti. Sul comodino, aveva sempre il suo diario personale, dove annotava pure considerazioni sulle vicende della politica nazionale.
Su un taccuino annotava invece entrate e uscite: per la sua vita da latitante aveva bisogno di diecimila euro al mese. Il padrino non rinunciava alla bella vita, fra ristoranti nel Trapanese e negozi di abbigliamento di lusso a Palermo. Messina Denaro era arrivato nel covo di Campobello di Mazara, spostandosi di appena 450 metri, prima stava in via San Giovanni 260, da dove sarebbe stato fatto un trasloco nel mese di giugno.
Tra le carte del capomafia i carabinieri del Ros hanno trovato altri documenti di identità contraffatti coi nomi e i dati di persone realmente esistenti. Identità rubate oppure “prestate” come nel caso di Andrea Bonafede, il geometra arrestato proprio per aver aiutato il boss a circolare con i suoi documenti. Non è ancora chiaro infatti se i documenti siano stati contraffatti dallo stesso capomafia o se qualcuno glieli abbia forniti precompilati e lui abbia soltanto apposto la sua foto. Sono numerose le foto tessera trovate al padrino di Castelvetrano.
Gli inquirenti sono convinti che partendo dal primo cerchio di protezione intorno al boss, quello più stretto, della latitanza di Matteo Messina Denaro, man mano sarà possibile ricostruire la rete di omertà e protezione. Già nei prossimi giorni si potrà capire se i documenti rivenuti cotituiranno il primo passo verso questo risultato ambizioso. I documenti dei numerosi “alias” utilizzati da Messina Denaro estendono il raggio indagini non solo indietro nel tempo, ma anche lontano dalla Sicilia, in Italia ed anche all’estero. Nel materiale trovato nella casa covo di via Cb31 ci sono anche tracce di molti viaggi.
Oggi pomeriggio, i carabinieri hanno diffuso le prime immagini del covo. Mentre le indagini proseguono, le indicazioni sequestrate sono già lo spunto per diversi filoni d’inchiesta, coordinati dal procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. Indagini sui complici, a vario livello. Quelli che hanno aiutato Matteo Messina Denaro a curarsi; quelli che hanno contribuito a portare avanti tanti affari. E sono in molti a dormire sonni insonni.