di Lucia Annunziata
Lo sostengono i magistrati della Procura di Roma che hanno in mano l’inchiesta, e che, vagliate le carte, hanno indagato il capitano dei carabinieri del Noe Giampaolo Scafarto per falso materiale e falso ideologico perché “redigeva nell’esercizio delle sue funzioni” l’informativa finita agli atti dell’inchiesta Consip nella quale riferiva fatti secondo i magistrati diversi da quelli accaduti.
L’inchiesta Consip è molto complessa e questo passaggio non la avvia necessariamente a conclusione. Ricordiamo che riguarda la gara indetta nel 2014 per l’affidamento dei servizi gestionali degli uffici, delle università e dei centri di ricerca della Pubblica amministrazione, per una convenzione del valore totale di 2 miliardi e 700 milioni di euro e in cui Alfredo Romeo era in pole per un bando da quasi 700 milioni di euro. Tiziano Renzi è nell’inchiesta in quanto indagato per traffico di influenze, come l’imprenditore farmaceutico toscano Carlo Russo e Italo Bocchino, consulente di Alfredo Romeo. La tesi è che Romeo per aggiudicarsi l’appalto ha cercato di mettersi in contatto con influenti esponenti politici, tra cui l’entourage dell’ex segretario del Partito democratico per creare le condizioni più favorevoli per l’aggiudicazione della gara. Forse la più rilevante testimonianza sulla esistenza di queste pressioni è quella data dall’Ad di Consip Luigi Marroni, che per altro ha detto ai giudici di essere stato avvertito dell’esistenza di una indagine e della presenza di microspie negli uffici Consip da Luca Lotti, oggi ministro dello sport, e dal generale Saltalamacchia.
Ma l’azione di controllo esercitata dai giudici è una pagina che rassicura tutti sulla serietà della magistratura, sulla onestà del percorso decisionale della giustizia. E, giustamente, la famiglia Renzi può oggi essere contenta.
Tuttavia, l’intera vicenda a questo punto si tramuta in una storia che suscita domande inquietanti: siamo di fronte infatti a un clamoroso caso di fabbricazione di prove che come conseguenza non poteva che mirare alla rovina politica di un politico di primo piano del paese. Per quali ragioni ha fatto un tale passo un servitore dello stato, un capitano dei carabinieri, ed ha agito da solo, o con chi, e in ogni caso per conto di chi? Appare molto improbabile, infatti, che un tale disegno sia stato concepito come gesto solitario. Sicuramente chi ha agito non poteva non immaginare che quella falsificazione avesse un impatto profondo sul corso della politica in questo paese. Sono domande che aprono a scenari di complotti, pezzi di stato infedeli, riportano alla mente gli anni bui del nostro paese. Senza risposte definitive a tutti questi dubbi si insinuerà nel nostro paese una ulteriore dose di sospetto e sfiducia nel modo come noi cittadini guardiamo allo Stato.
*editoriale tratto dal quotidiano online HUFFINGTON POST