La sontuosa villa di Mar-a-Lago a Palm Beach in Florida residenza e buen retiro dell’ex presidente Donald Trump e della sua famiglia, è stata perquisita dall’Fbi. E’ stato lo stesso tycoon a rendere pubblica la notizia eclatante con in un comunicato alla Cnn nel quale ha definito il raid “un attacco politico contro la sua candidatura alle elezioni del 2024″. Nessuna conferma per il momento da parte del Dipartimento di giustizia o dell’Agenzia e non è quindi chiaro sulla base di quale mandato giudiziario si siano mossi gli agenti federali. L’ex presidente non era nella residenza al momento dell’arrivo dei federali ma si trovava nella Trump Tower di New York a Manhattan, dove solitamente trascorrere l’estate. “E’ una strumentalizzazione della giustizia e un attacco dei democratici di sinistra radicali che vogliono disperatamente evitare che mi candidi alle elezioni del 2024“, ha protestato Trump nel comunicato in cui ha rivelato della perquisizione subita.
“Questi sono tempi bui per la nostra nazione: la mia bella casa, Mar-a-Lago a Palm Beach, in Florida, è attualmente sotto assedio, perquisita e occupata da un folto gruppo di agenti dell’Fbi. Hanno persino fatto irruzione nella mia cassaforte!“, ha attaccato. E continua: “Dopo aver lavorato e collaborato con tutte le principali agenzie governative questo raid non annunciato nella mia residenza non era né necessario né appropriato”. A capo dell’Fbi infatti c’è Christopher Wray, in carica dal 2017, nominato proprio da Trump.
Quello che è accaduto in Florida è qualcosa senza precedenti: mai degli agenti federali avevano fatto irruzione nella residenza di un ex presidente degli Stati Uniti , ma il resort del tycoon non è mai stato un luogo come un altro: è qui che il presidente si era ritirato dopo aver lasciato la Casa Bianca, nel gennaio 2021, ed è qui che aveva fatto trasportare un treno di scatole e scatoloni contenenti documenti e tra memoriali, agende, lettere, note, stampate di lettere inviate per posta elettronica, fax e atti relativi all’ufficio del presidente che dovevano essere consegnati alla Library di Stato, gli Archivi americani che conservano tutti gli atti e documenti della Casa Bianca.
“Gli atti presidenziali sono documenti fondamentali per la nostra democrazia – aveva commentato l’archivista federale David Ferriero, in una dichiarazione scritta pubblicata a febbraio – e il governo deve rendere conto al popolo”. I consiglieri di Trump hanno sempre negato che gli scatoloni contenessero atti importanti, ma solo ricordi personali dell’ex presidente.
Ora bisognerà capire che cosa gli agenti federali stessero cercando. Secondo tre fonti che hanno parlato con la Cnn, il blitz è avvenuto nell’ambito delle indagini sui 15 scatoloni di documenti classificati che Trump avrebbe portato via dalla Casa Bianca dopo la fine del mandato dell’ex presidente. I legali dell’ex presidente USA stavano lavorando per chiarire il motivo di quel trasferimento di documenti. Secondo David Axelrod, ex consigliere di Barack Obama, se il ministro Merrick Garland, notoriamente molto cauto nel procedere verso Trump, ha “autorizzato il raid allora ci sono prove evidenti che lo hanno giustificato”.
Il blitz è avvenuto poche ore dopo l’incontro tra l’ex procuratore federale John Rowley, che ora rappresenta Trump, con uomini del dipartimento di Giustizia. Ma negli ultimi giorni hanno registrato un’accelerazione anche le inchieste che riguardano il coinvolgimento del tycoon nell’insurrezione a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 e nel tentativo di sovvertire in Georgia il risultato elettorale delle presidenziali del 2020 dopo che nelle settimane scorse il cerchio si è stretto attorno a Trump e il dipartimento di Giustizia ha iniziato a indagare sul suo comportamento nei giorni precedenti alla rivolta.
Donald Trump si trova al centro di almeno due distinti filoni di indagine. La procuratrice generale dello Stato di New York, Letitia James da mesi conduce un’inchiesta sugli affari finanziari della holding trumpiana. Il sospetto principale: i vertici aziendali avrebbero gonfiato il valore degli asset per ottenere più facilmente finanziamenti bancari. Inoltre nei giorni scorsi sono stati convocati davanti a un “gran jury federale” (un gruppo di cittadini con la supervisione di un giudice) alcuni dei più stretti collaboratori di Trump proprio nelle settimane tumultuose che seguirono la sconfitta elettorale del novembre 2020. Tra i primi a comparire c’è John Eastman, il giurista che convinse Trump ad attaccare pubblicamente l’allora vice presidente Mike Pence, perché non si era rifiutato di ratificare la vittoria di Joe Biden, nella seduta congiunta del Congresso il 6 gennaio. Un altro testimone importante appena ascoltato è Pat Cipollone, il capo dell’ufficio legale della Casa Bianca.