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22 Dicembre 2024 15:35

Processo “Alias”. Pene più alte rispetto alle richieste. Condannati Fabrizio Pomes e Giovanni Perrone. Assolto Gianni Geri

Esemplari  le condanne inflitte dal giudice di Taranto dr. Patrizia Todisco del Tribunale Penale di Taranto, che ha condannato alcuni imputati con pene ben più alte rispetto a quelle richieste del pubblico ministero Alessio Coccioli.

di Antonello de Gennaro

ROMA – La 1a Sezione Penale del Tribunale di Taranto ha condannato oggi 22 dei 32 imputati nel processo legato al blitz antimafia “Alias” della  Squadra Mobile di Taranto coordinato dal sostituto procuratore Alessio Coccioli della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, che lo scorso 6 ottobre del 2014 spedì in carcere 52 arrestati. Il clan D’Oronzo-De Vitis secondo le informative degli investigatori,  si apprestava a dichiarare la guerra contro chiunque avesse provato contrapporsi al loro dominio e ad affermare la sua potenza sul territorio anche con azioni dimostrative.

In quell’occasione gli agenti della Polizia di Stato decapitarono il clan mafioso che operava sotto il controllo dai boss Nicola De Vitis e Orlando D’Oronzo, i quali  insieme ad altri 10 imputati hanno preferito farsi giudicare con il rito abbreviato, che riduce di 1/3 la pena, e che sono stati condannati  rispettivamente a 20 anni e a 16 anni di reclusione.

Alcuni degli imputati sono stati condannati anche per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso. Dieci le assoluzioni fra cui spicca quella di  Giovanni (Gianni) Geri, noto commerciante tarantino (ex) presidente della Federmoda-Confcommercio assistito dall’ avv. Giuseppe Sernia. Condannato invece a 6 mesi il suo commerciante-imprenditore Giovanni Perrone, contitolare della nota omonima azienda di famiglia.

Esemplari  le condanne del giudice di Taranto dr. Patrizia Todisco del Tribunale Penale di Taranto, che ha condannato alcuni imputati con pene ben più alte rispetto a quelle richieste del pubblico ministero Alessio Coccioli.  La pena più alta, 16 anni e 6 mesi di reclusione, è stata inflitta a Raffaele Brunetti (10 anni la richiesta del pm), Franco Scarci  16 anni a (richiesti 10 anni ), Pietro Cetera 14 anni  (richiesti 12 anni), Riccardo Vallin 13 anni e 4 mesi (richiesti 8 anni),  Fabrizio Vincenzo Pomes 11 anni (richiesti 6 anni), a destra nella foto segnaletica della Questura di Taranto, ex assessore comunale accusato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Pomes con la cooperativa Corda Fratres   mandataria dell’associazione temporanea di imprese che dal 2007 al 2013 ha gestito il Centro Sportivo Comunale Magna Greciasenza alcun titolo legittimante — scrisse il Tribunale del Riesame di Lecce confermando le misure di custodia cautelare in carcere — portando avanti, di fatto ed a fini di lucro la gestione della struttura comunale” che ha lasciato debiti per € 272.753,14,  Calogero Bonsignore 8  anni e 4 mesi a , 8 anni a Sergio Cagali, 6 anni e 8 mesi a Moreno Rigodanzo, 6 anni a Michele De Vitis.  Il Comune di Taranto si era costituito parte civile.

 

Ecco la sentenza originale e tutto l’elenco completo dei condannati ed assolti:

Sentenza ALIAS

Pomes trasferitosi a Bologna ha cercato di continuare ad operare nella gestione delle strutture comunali, e nell’estate del 2014 ha avuto in affidamento provvisorio dal Comune di Bologna, tramite bando pubblico, la gestione del centro sportivo Baratti di via Irnerio, nello Sferisterio, gestione condivisa con l’Aics (associazione italiana cultura e sport). Lo stesso centro sportivo che ha ospitato persino  Giornata della memoria per le vittime di mafia organizzata da Libera. In questa occasione è stata intitolata una sala dello Sferisterio a Vito Schifani, poliziotto della scorta di Giovanni Falcone, morto nella strage di Capaci. Affidamento da parte del Comune di Bologna “è provvisorio — raccontava la presidente del quartiere San Vitale Milena Naldi al Corriere di Bologna, edizione locale del Corriere della Sera perché il Comune di Bologna sta facendo delle verifiche”.

Il problema è stato risolto dalla confisca, a seguito delle indagini degli investigatori del GICO della Guardia di Finanze di Lecce, disposta  dal Tribunale di Taranto della Corda Fratres e di una tabaccheria che il “furbetto” Pomes  aveva fatto acquistare a sua figlia Cristina, attività che conseguentemente è finita in amministrazione giudiziaria.

 

dal Corriere di Bologna dell’ 11 settembre 2016

 

 

Siamo al corrente della vicenda e anche della morosità della passata amministrazione della Corda Fratres con il Comune di Taranto — confermava la presidente del San Vitale Milena Naldi —, in attesa dell’esito dei controlli, non abbiamo ancora firmato il contratto per l’affidamento definitivo dello Sferisterio“. Un affidamento che prevedeva un onere “di 10mila euro l’anno per due anni a carico del Comune“. L’attuale presidente della Corda Fratres, Luigi Pignatelli, che non è coinvolto nella vicenda Alias, assicurava a suo tempo che “Pomes non ha più alcuna carica nella cooperativa“. Ma non raccontava qualcos’altro.

Infatti secondo una visura camerale del Registro delle imprese della Camera di commercio di Taranto (aggiornata al 24 marzo 2015) il  Pomes risultava ancora socio, insieme a Luigi Pignatelli, della Play Park snc, che dal 2014 gestisce, a seguito di gara pubblica, il chiosco di un parco comunale a Lizzano in Belvedere e il parco avventura Saltapicchio a Camugnano, sul lago di Suviana. Società di cui  sono state sequestrate il 50% delle quote del Pomes che era tornato in libertà il 20 marzo  2015 perché “fermo restando il quadro indiziario — scriveva il gip di Lecce — non può non ritenersi che il trasferimento del centro d’interessi e dell’abitazione familiare dell’indagato in Bologna ” non rendono più necessaria la detenzione in carcere per pericolo di fuga o di inquinamento delle prove.

Non potevamo rischiare di revocare o togliere l’affidamento a una cooperativa dopo che aveva vinto il bando”, spiegava l’assessore bolognese alla Legalità Nadia Monti. All’Antimafia leccese è bastato consultare la banca dati della Camera di Commercio per riscontrare che sia Pomes che sua moglie e sua figlia Cristina erano ancora soci della coop. “Poche settimane fa abbiamo inviato tutta la documentazione, compresa la rassegna stampa, a Raffaele Cantone — spiegava ancora l’assessore al Corriere di Bologna  — “attendiamo la risposta dell’Autorità anticorruzione per capire come comportarci”. Ciò che ha fatto tentennare Palazzo d’Accursio è se revocare o no l’affidamento, seppure temporaneo, in presenza di un nuovo presidente, non indagato.

Restano le accuse pesantissime, corredate di intercettazioni telefoniche, che l’Antimafia leccese ha mosso a Pomes.Continuo a nutrire dubbi su questa cooperativa — confessava l’assessore Monti, che già dopo la pubblicazione del primo articolo sul Corriere , il 24 marzo 2015 , si disse favorevole alla revoca dell’affidamento —. “Avevamo anche chiesto le certificazioni antimafia alla Prefettura di Taranto”. Ma l’importo dell’appalto prevede 10 mila euro di spese all’anno a carico del Comune: un cifra che non prevede l’obbligo della certificazione. “Credo invece che è proprio nei piccoli appalti che la mafia può insinuarsi — proseguiva la Monti —. Mi sembra scorretto dal punto di vista etico che, dopo aver firmato il Protocollo per la legalità negli appalti pubblici, non veniamo a capo di questa vicenda. Del resto l’inchiesta Aemilia ha dimostrato che il nostro territorio è appetibile per la mafie. Non dimentichiamo che a Bologna ci sono cinque beni confiscati alle mafie“. A questi si sono aggiunti la tabaccheria sequestrata alla famiglia Pomes nel cuore della città universitaria di Bologna e le quote della cooperativa  Corda Fratres concessionaria di un affidamento pubblico.

Solo che adesso Pomes ha una condanna che prevede l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e durante la pena, in stato di interdizione legale e sospeso dall’esercizio della responsabilità genitoriale. Ed a nulla serviranno i suoi progetti in corso con il noto faccendiere,  Salvatore Micelli, (una vecchia conoscenza delle Forze dell’ Ordine e della magistratura di Taranto) con il quale, secondo nostre informazioni riscontrate con fonti attendibili,  era frequentemente in contatto  via Skype e WhatsApp (i due speravano forse di non essere controllati da nessuno ?) per partecipare con la Cooperativa Indaco a bandi di gara per la gestione ed accoglienza di migranti in alcuni comuni dell’ Emilia-Romagna.

Lo stesso “fiorente” business sviluppato nell’illegalità a Taranto, finito male con la recente ordinanza di chiusura della Prefettura di Taranto, che è ormai ben nota anche alle Prefetture dell’ Emilia-Romagna Bologna. Esattamente come male è finito oggi Vincenzo Fabrizio Pomes.

 

 

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Grazie, Antonello de Gennaro

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