di Alessandra Monti
Dopo una riunione fiume definita molto tesa, a tratti drammatica è arrivata a sorpresa la decisione: non sceglieranno il rito abbreviato, ma bensì il rito ordinario per tutti i quattro ragazzi imputati del caso Grillo per il processo in cui sono imputati dinnanzi al Tribunale di Tempio Pausania in Sardegna. In caso di eventuale condanna non ci sarà alcuno sconto di pena di un terzo, come previsto dal rito abbreviato. Una decisione quanto mai difficile, in quanto conseguenza di una scelta non condivisa completamente da tutti e quattro gli imputati con tutti i rischi conseguenti in termini di pena in caso di condanna.
Infatti due dei quattro imputati a processo avrebbero voluto il rito abbreviato, gli altri due quello ordinario. Alla fine ha prevalso la scelta dell’ ordinario. A chiedere il rito abbreviato erano più decisi gli imputati Edoardo Capitta (difeso dagli avvocati Ernesto Monteverde e Mariano Mameli) e Vittorio Lauria (avvocato Alessandro Vaccaro). Più propensi del rito ordinario, erano Ciro Grillo che è assistito legalmente dal cugino Enrico Grillo e da Andrea Vernazza) e Francesco Corsiglia (difeso dagli avvocati Romano Raimondo e Gennaro Velle). Nessuno dei difensori al momento ha voluto fare alcun commento .
I quattro ragazzi a processo, Ciro Grillo figlio del noto comico Beppe, fondatore e “garante” del Movimento Cinquestelle ed i suoi amici Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria tutti accusati di violenza sessuale di gruppo per fatti avvenuti la mattina del 17 luglio 2019 in Sardegna, a casa di Ciro Grillo. All’epoca dei fatti avevano tutti 19 anni, la stessa età di Silvia, la ragazza italo-norvegese che li ha denunciati facendo partire l’inchiesta.
Assieme a Silvia nella casa era presente anche la sua amica Roberta, che dormiva sul divano e non si è accorta né del video né delle fotografie fatte dagli stessi ragazzi e che li mostrano in atteggiamenti osceni mentre lei dormiva. Dopo il clamore causato da questa inchiesta della procura di Tempio Pausania, vi fu il farneticante video di Beppe Grillo in difesa di suo figlio Ciro, che generò mesi di polemiche giudiziarie e politiche, arrivò la decisione del procuratore capo Gregorio Capasso e della pm Laura Bassani che avevano chiuso le indagini con la richiesta di rinvio a giudizio dei quattro ragazzi.
In occasione dell’udienza preliminare tenuta dal Gip Caterina Interlandi venne stabilita una data, quella del 20 ottobre, entro la quale gli imputati avrebbero resa nota la decisione se optare o meno per un rito alternativo o quello ordinario ed avrebbero anche indicato l’elenco dei documenti processuali sui quali concentrarsi., Quindi, è stato ieri il giorno dell’impegno non vincolante preso davanti al giudice, in cui è arrivata la decisione finale dopo mesi di scelte non condivise, esitazioni, e decisione sulla strategia processuale da adottare .
La scelta avrebbe dovuta essere comunicata stamattina ma la Gip Interlandi non era in Tribunale ed apprenderà la decisione formalmente lunedì mattina. Esiste quindi una leggerissima residua probabilità che sino a lunedì si possa capovolgere la decisione sul rito processuale da scegliere, anche se l’interminabile riunione di ieri va in direzione del processo ordinario.
La dottoressa Irlandi entrata in magistratura nell’agosto del 1991, non è magistrato che possa farsi influenzare dalle urla di Beppe Grillo, avendo Come gup, tra l’altro, cinque anni fa ha rinviato a giudizio, oltre a 26 agenti Cia, alcuni agenti del Sismi tra cui l’ex direttore Nicolò Pollari e l’ex capo del controspionaggio Marco Mancini (che recentemente dopo la sua “chiacchierata con Matteo Renzi ha dovuto dimettersi dai Servizi) accusati di concorso nel sequestro di Abu Omar, ed è una dei tre giudici donne che nel 2009 hanno giudicato Silvio Berlusconi per la vicenda della presunta corruzione del teste-avvocato David Mills.
I legali hanno preteso la presenza anche dei genitori degli imputati, perché tutte e quattro le famiglie fossero consapevoli dei rischi processuali di questo processo nel caso si dovesse arrivare a una condanna. La pena prevista dal Codice Penale in caso di rito ordinario, parte da un minimo di sei anni a un massimo di 12 in quanto i fatti contestati sono avvenuti pochi giorni prima dell’entrata in vigore del codice rosso. Con le nuove norme del “Codice Rosso” gli anni di condanna sarebbero stati minimo 8 e massimo 14.