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22 Novembre 2024 04:02

Processo “Mondo di mezzo” Massimo Carminati è libero

Esce dal carcere dopo 5 anni e 7 mesi di carcere, accolta l'istanza della difesa per scadenza dei termini. ALL'INTERNO LE MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE E LA DECISIONE DEL RIESAME Il ministro Bonafede manda gli ispettori: a fare cosa ?

ROMAMassimo Carminati detto “il Cecato”, uno degli imputati eccellenti del processo “Mondo di Mezzo” ha lasciato il carcere di massima sicurezza torna libero dopo 5 anni e 7 mesi per scadenza dei termini della custodia cautelare. Il protagonista del processo “Mondo di Mezzo” ha lasciato il carcere di Oristano alle 13.30 vestito di blu, con una borsa, Carminati ha trovato all’uscita i giornalisti ad attenderlo all’esterno della casa circondariale, ma ha evitato di rispondere a qualsiasi domanda, andando via con un taxi. 

Massimo Carminati

62 anni, milanese, Carminati venne arrestato dagli uomini del ROS dei Carabinieri poco lontano dalla sua abitazione di Sacrofano, alle porte di Roma. Nell’ambito dell’inchiesta giornalisticamente conosciuta come “Mafia Capitale” gli venne contestata la detenzione di armi, che però non si troveranno mai. Insieme a lui finirono in carcere altre 36 persone.

L’ex Nar dal giorno dell’arresto ad oggi ha sinora trascorso 5 anni e 7 mesi in una cella per questa vicenda. Inizialmente ristretto a Rebibbia, poi a Tolmezzo, e quando viene sottoposto al 41 bis trasferito a Parma ed infine ad Oristano. Il tribunale penale di Roma lo scorso 20 luglio del 2017 lo aveva condannato a 20 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e a tanti altri reati.

Successivamente l’ ’11 settembre del 2018 la corte d’appello riconoscendo la sussistenza della mafia aveva inflitto a Carminati una pena di 14 anni e mezzo di detenzione. Quest’ultima sentenza è stata annullata dalla Cassazione il 22 ottobre del 2019 che ha deciso un nuovo processo in Appello solo per la rideterminazione delle pene. Il 26 ottobre 2019 il regime del carcere duro è quindi venuto meno.

Ricevuto il parere positivo della Dda di Roma e della Direzione nazionale antimafia, il Guardasigilli Alfonso Bonafede ha dovuto firmare il decreto di revoca del 41 bis per Carminati, che oggi è tornato libero.

Accolta l’istanza della difesa, dopo che le 3 precedenti istanze erano state rigettate tre volte. “Siamo soddisfatti che la questione tecnica che avevamo posto alla Corte d’Appello e che tutela un principio di civiltà sia stata correttamente valutata dal Tribunale della libertà” commenta il professor Cesare Placanica legale di Carminati .

Il processo d’Appello bis “Mondo di mezzo” deve ancora essere celebrato e non essendo quindi arrivati a una condanna definitiva Carminati torna libero, nella sua residenza di Sacrofano.

Massimo Carminati all’uscita del carcere di Oristano

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, come riferiscono fonti ministeriali, incaricherà gli ispettori per “svolgere i necessari accertamenti preliminari in merito alla scarcerazione di Massimo Carminati”.

La sentenza della Sesta sezione penale della Corte di Cassazione , che pochi giorni ha pubblicato le motivazioni  ha escluso il reato di associazione mafiosa per l’impianto accusatorio della Procura di Roma che per lungo tempo, forse troppo, è stata definita “Mafia Capitale”.

Sentenza-Mafia-Capitale

La Cassazione ha cancellato l’aggravante mafiosa nell’indagine partita nel 2010 dai pm della Procura di Roma sotto la guida di Giuseppe Pignatone e arrivata a una svolta nel 2014, con una serie di arresti. “Appare evidente, dalla sentenza di secondo grado, che non risulta affatto il ruolo di Massimo Carminati quale terminale di relazioni criminali con altri gruppi mafiosi”, evidenzia la Sesta sezione penale. “Nessun ruolo era gestito da Carminati con settori finanziari, servizi segreti o altro; la gestione delle relazioni con gli amministratori era compito quasi esclusivo di Salvatore Buzzi, avendo Carminati relazioni determinanti solo con alcuni ex commilitoni di estrema destra”, quest’ultimi approdati nell’organigramma di Gianni Alemanno, sindaco di Roma

Massimo Carminati e Salvatore Buzzi

L’inchiesta della Procura di Roma, affidata al ROS dei Carabinieri , era culminata nel 2014 con arresti eccellenti aveva fatto luce sulla gestione illecita degli appalti dei servizi del welfare capitolino: dalla gestione dei campi nomadi, ai migranti, alla manutenzione del verde. Tutto era improntato a un “mercimonio” di pubblici funzionari, imprenditori e politici di Roma . Una pletora di collusi e corrotti pronti a dire diceva ‘’ – al “sistema” criminale messo in piedi dal “ras” delle cooperative romane Salvatore Buzzi , un ex-carcerato, e dall’ex esponente dei Nar (i Nuclei Armati Rivoluzionari n.d.r.) Massimo Carminati – incapace di resistere al “vantaggio privato” che ricevevano dalla corruzione delle loro funzioni.

L’ex militante di estrema destra , uno dei criminali romani la cui fama non sembra essere scalfibile, venne arrestato con l’accusa di “mafia” il 2 dicembre del 2014. Fu lo stesso Carminati in una intercettazione captata dalle cimici dei Carabinieri del Ros ad intimorire una povera dipendente della compagnia telefonica Fastweb che non riusciva a risolvere un suo problema di connessione: “Forse non hai capito con chi stai parlando, cerca su internet Massimo Carminati e poi vedi di sbrigarti a risolvere la situazione”.

la sede della Procura di Roma a piazzale Clodio

Il nome di Carminati è strettamente legato alla “banda della Magliana” ma soprattutto allo storico furto al caveau della Banca di Roma (ora Unicredit n.d.r.) piazzale Clodio, sede degli uffici giudiziari penali della Capitale. Un furto messo a segno alle cassette di sicurezza di decine di magistrati, avvocati e notabili romani e che riuscì a portare a compimento potendo contare sulla complicità di dipendenti della banca e di alcuni componenti delle forze dell’ordine.

Riesame-Carminati

Secondo la Suprema Corte, Carminati condannato in appello a 14 anni e sei mesi, la pena che dovrà essere rimodulata alla luce della decisione della Cassazione- non avrebbe avuto “contatti significativi” con il clan Casamonica, con quello dei fratelli Senese, con l’ex della banda della Magliana Ernesto Diotallevi.

Buzzi, ai domiciliari da dicembre dopo cinque anni in carcere e una condanna a 18 anni e 4 mesi (anche questa andrà rivista dai giudici della Corte d’Appello) a sua volta tesseva la sua rete nei municipi e nelle giunte a furia di mazzette, cene e promesse di assunzioni. 

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