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3 Luglio 2024 07:31
3 Luglio 2024 07:31

Procuratore capo degli arbitri di calcio italiani arrestato per traffico internazionale di droga

L’accusa nei confronti dell’ex ufficiale medico dell’Esercito, D'Onofrio è di essere un corriere della droga. Il procuratore nazionale degli arbitri di calcio è tra i 42 fermati che secondo le indagini della Dda, avrebbero introdotto in Lombardia oltre sei tonnellate di marijuana e hashish tra il 2019 e il 2021.

Il procuratore capo dell’ AIA l’ Associazione Italiana Arbitri Rosario D’Onofrio, è tra i 42 arrestati (italiani, albanesi e spagnoli) dalla Guardia di Finanza nell’operazione portata avanti dalla Dda di Milano per traffico internazionale di droga. Secondo le indagini condotta dai pm  Rosario Ferracane e Sara Ombra della procura milanese, la “banda”, composta da italiani, albanesi e spagnoli, tra il 2019 e il 2021 avrebbe introdotto in Lombardia oltre sei tonnellate di marijuana e hashish. Durante l’operazione è stata sequestrata quasi mezza tonnellata di droga, più mille ricariche per sigarette elettroniche a base di cannabinoidi.

Tra gli arrestati anche il narcotrafficante Giovanni Neviera, ritenuto affiliato ad un clan mafioso barese, gli Abbaticchio, e già condannato per associazione mafiosa e traffico di droga. Da quanto si apprende, inoltre, negli atti e nelle conversazioni intercettate nell’inchiesta si parla anche di una persona vicina al noto trapper 29enne, Sfera Ebbasta, e di un’altra che cura gli interessi di Izi, rapper 27enne. Entrambi gli artisti, però, non sono indagati.

E’ in corso di esecuzione con ordinanza del Gip Massimo Baraldo del Tribunale di Milano, per 6 persone destinatarie della misura cautelare uno “specifico mandato di arresto Europeo in Spagna e Olanda”, con il supporto di Eurojust ed Europol . Le indagini della Fiamme Gialle, “con l’ausilio tecnico del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.), hanno ricostruito “l’operatività di due distinte associazioni criminali transnazionali.

Immaginabile lo stupore da parte dei vertici dell’Aia che, una volta appresa la notizia, hanno provveduto a prendere dei provvedimenti: il presidente Trentalange, infatti, avrebbe annunciato le dimissioni di D’Onofrio, senza entrare nel merito delle motivazioni. D’Onofrio era stato scelto per la guida della Procura arbitrale con la nuova gestione e lo scorso 28 ottobre era stato deferito dalla Procura Figc, guidata da Chinè, per la mancata apertura di un formale procedimento disciplinare dopo la denuncia di Avalos l’ex assistente di serie A, che contestava l’attribuzione di diversi voti. Tra D’Onofrio e Avalos ci sarebbero stati alcuni contatti telefonici. Una vicenda che aveva destato qualche malumore nell’Aia, ma che per la Procura Figc non poteva non essere portata avanti. Lo stesso direttore di gara, nei giorni scorsi, era stato anche deferito alla Federcalcio per una questione legata a un’indagine su un assistente di Serie A. Da quanto trapela l’Associazione Italiana Arbitri si ritiene parte lesa e starebbe valutando azioni legali per danni di immagine.

D’Onofrio era stato anche premiato nel luglio scorso dal Comitato Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri come “Dirigente Arbitrale nazionale particolarmente distintosi” : nelle carte processuali della magistratura antimafia invece viene invece tratteggiato il profilo di un personaggio perfettamente integrato in una banda che gestiva il narcotraffico sulle rotte spagnole, responsabile di pestaggi e in grado di fornire armi. Accertato nelle indagini “l’utilizzo di vaste, capillari e articolate reti logistiche di approvvigionamento, trasporto, stoccaggio e distribuzione” della droga “realizzate attraverso la costituzione di plurime società di comodo e il ricorso a numerose spedizioni di copertura

Il 30 marzo del 2020 D’Onofrio, vestito con la tuta militare, è intercettato sul suo Suv Volvo XC 60. A bordo dell’auto trasportava 35 kg di hashish. Entrato in un cancello in via Giuditta Pasta 94 a Milano, apre il portellone del suo suv e completa la consegna: “Prendi, sono 25 e 10″. Dopodichè si dirige subito a Paderno Dugnano in via San Martino , località poco distante. Un uomo sale sulla vettura: “Veramente vestito da militare!” ed esclama sorpreso. D’Onofrio gli risponde: “Se una cosa la devi fare, la devi fare fatta bene!” spiegando come, indossando quella divisa che si è fatto prestare da un suo amico e collega dell’Esercito (la sua non l’aveva a disposizione essendo stato temporaneamente sospeso per motivi disciplinari dal servizio), poteva girare liberamente e fare le consegne anche durante il lockdown.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini coordinate dai pm Rosario Ferracane e Sara Ombra nella maxi inchiesta del Gico della Guardia di Finanza di Milano che ha portato a 42 misure (di cui 39 in carcere), sono stati cinque mesi di lavoro intensi quelli di D’Onofrio come corriere della banda che gestiva il narcotraffico tra la Spagna e Milano, tonnellate di hashish e marijuana fatti arrivare sui camion di una ditta di spedizioni ed il primo compito di D’Onofrio era quello di smistare al dettaglio i carichi dopo che erano arrivati in deposito.

Per il Gip Massimo Baraldo, che ha firmato l’ordinanza era lui “la persona incaricata (…) di organizzare la parte logistica delle importazioni di stupefacente e tra queste attività (…) di reperire luoghi ove poter effettuare lo scarico in sicurezza dei bancali all’interno dei quali era contenuto lo stupefacente”. Dai messaggi che gli uomini della banda si scambiavano su Encrochat, emerge anche che l’ex militare era l’uomo che doveva procurare “il ferro”, cioè una pistola. All’occorrenza D’Onofrio è anche uomo di pestaggi: “Dice che se lo prende lo tortura con corrente … – si scrivono su messaggistica criptata due del gruppo, riferendosi al pestaggio e al ruolo di D’Onofriotanto prima o poi lo prendiamo.. Dovevo ammazzarlo quel giorno… Invece mi sono fatto prendere dal dispiacere… stava morendo… mi ha detto Rambo che solo per te si è fermato”. Lo stesso “Rambo“, in un’altra telefonata dice: “Ma tu non puoi immaginare quante gliene ho date“.

Che D’Onofrio chiamato “Rambonel giro del narcotraffico, sia uno “bravo” è opinione dei suoi stessi soci: “Era in gamba di brutto…E di famiglia mia…Sapeva cosa faceva”. Parla così intercettato Daniele Giannetto, uno dei capi dell’organizzazione, anche lui finito agli arresti. In quella conversazione. Giannetto usava il passato perché lo stesso giorno viene arrestato una prima volta, in flagranza. E’ il 21 maggio del 2020 e la Guardia di Finanza lo ferma al casello di Lainate con a bordo 40 kg di “ganja”.

Tra i vari incarichi che Rosario D’Onofrio corriere “tuttofare” assolve egregiamente per conto dell’organizzazione, c’era anche la consegna del denaro frutto dei traffici di hashish e Marijuana al riciclatore cinese in via Canonica 29 a Milano, specializzato in “Fen-Chei”, una tecnica di pulizia del denaro simile alla Hawala: D’ Onofrio trasporta “rilevanti somme di denaro contante” per far si che il passaggio di soldi potesse “eludere la normativa antiriciclaggio e far giungere in Spagna i profitti dei reati commessi”.

Il Presidente della Figc Gabriele Gravina commentando la notizia dell’arresto ha dichiarato: “Sono sconcertato, ho subito chiesto riscontro al presidente Trentalange sulle modalità di selezione del Procuratore, in quanto la sua nomina è di esclusiva pertinenza del Comitato Nazionale su proposta del presidente dell’Aia. Una cosa è certa, la Figc assumerà tutte le decisioni necessarie a tutela della reputazione del mondo del calcio e della stessa classe arbitrale“. 

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