ROMA -Le questioni di legittimità costituzionale riguardanti il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, puniti dalla legge Merlin, sono state dichiarate non fondate. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte Costituzionale, riunita in camera di consiglio, ha reso nota la decisione negativa sulle questioni sollevate dalla Corte d’appello di Bari e discusse nell’udienza pubblica del 5 febbraio 2019. Le questioni erano state sollevate con specifico riferimento all’attività di prostituzione liberamente e consapevolmente esercitata dalle cosiddette escort, nel corso del processo penale sulla vicenda delle cosiddette “escort” presentate nel 2008-2009 all’allora premier Silvio Berlusconi dall’imprenditore Gianpaolo Tarantini.
La Corte costituzionale ha ritenuto che non è in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata con la legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un’attività in sé lecita ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino. Il relatore della causa è stato il giudice costituzionale Franco Modugno. Contro tale ipotesi si sono costituite in giudizio la Presidenza del Consiglio e alcune Associazioni di difesa dei diritti delle donne. In riferimento a queste ultime, tuttavia, in apertura dell’udienza la Corte ha respinto la richiesta.
Nelle loro arringhe il collegio della difesa composto dagli avvocati Nicola Quaranta (che difende Tarantini), Ascanio Amenduni e Gioacchino Ghiro (legali di Massimiliano Verdoscia, anch’egli imputato nel processo di Bari) hanno sostenuto una linea di ragionamento a tratti comune, in base alla quale la legge 75 del 1958 (che porta il nome della senatrice socialista Lina Merlin, che la propose sessantuno anni fa) sarebbe “ormai disancorata dalla realtà” del mondo attuale, “una legge arretrata che fa di tutta l’erba un fascio, che considera tutte le forme di prostituzione uguali”, senza tener conto dei cosiddetti “sex workers” che decidono “per scelta libera e consapevole di prostituirsi“.
La nostra difesa, ha argomentato l’avvocato Quaranta, “non è insensibile al dramma della prostituzione coatta, degli schiavi del sesso dove l’intervento repressivo penale è doveroso”. A suo dire, però, “nel processo di Bari è emersa la realtà completamente diversa delle escort” e assimilare tali casi alle vicende nelle quali c’è sfruttamento e coercizione “sarebbe un vulnus alla libertà sessuale“. Ancora, l’avvocato Amenduni ha citato il caso di “Eurostat, che chiede di considerare nel calcolo del Pil di un Paese anche i redditi da prostituzione” e “la commissione tributaria di Trento, che ha assoggettato la prostituzione al calcolo e al pagamento di Iva e Irap”. A suo parere, lo Stato non può essere “schizofrenico, né scotomizzare (ossia rimuovere dalla propria coscienza, ndr) ciò che non vuole vedere“. Amenduni ha concluso chiedendo di ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale o, in subordine, di rinviare al Parlamento auspicando “una rivisitazione” della legge Merlin, se possibile partendo dalle 12 proposte di legge sulla legalizzazione della prostituzione già depositate alle Camere.
Nel corso degli interventi della difesa i tre legali degli imputati Tarantini e Verdoscia hanno richiamato in più passaggi la recente decisione della Consulta sulla vicenda Cappato-dj Fabo, in materia di suicidio assistito, invitando la Consulta a tener conto della libertà dell’individuo di autodeterminarsi e della necessità di valutare la specificità del singolo caso. Di parere opposto l’ Avv. Gabriella Palmieri dell’ Avvocatura dello Stato , la quale in rappresentanza della Presidenza del Consiglioha chiesto l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale: “Il caso di dj Fabo ha ben pochi punti di sovrapponibilità con quello in discussione“, ha argomentato l’ Avv. Palmieri, ritenendo che sia piuttosto da valutare “il profilo fondamentale della dignità della persona, e parlo volutamente di persone e non di donne” – ha precisato – perché lo sfruttamento non è questione di genere. “Non una questione di buoncostume quanto piuttosto del rischio che un vuoto normativo produca un vuoto di tutela” a danno di soggetti più deboli.
L’Avvocato dello Stato ha anche messo l’accento su un altro punto: è difficile, ha spiegato, “individuare il confine labile della volontarietà” di chi è coinvolto nel mercato del sesso a pagamento. A suo parere, i giudici del processo di specie avrebbero potuto dirimere la questione, senza adire la Consulta. Tuttavia, ha concluso, potrebbe essere auspicabile “un’interpretazione evolutiva della legge Merlin che permetta al giudice di valutare il caso specifico e di ipotizzare l’insussistenza del reato“.
La Corte ha respinto tutte le eccezioni ed ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzionenon contrasta con il principio di determinatezza e tassativita’ della fattispecie penale.
Questa la decisione della Consulta:
Consulta_Legge Merlin