ROMA – Ad avviare le indagini fu il sequestro effettuato cinque anni fa dalla Guardia di Finanza di Taranto, di due aree dello stabilimento Cementir di Taranto, che venivano utilizzate a discarica di rifiuti industriali, originati gran parte dei quali dal vicino stabilimento siderurgico dell’ ILVA di Taranto . Contestualmente partirono delle intercettazioni telefoniche e ambientali, vennero effettuati approfonditi accertamenti e studio di documenti, il cui l’incrocio di riscontri e dati, avvallati da una perizia tecnica hanno consentito di avvalorare che le materie prime utilizzate da Cementir per la produzione di cemento non erano a norma di Legge. Ed investigando sull’acquirente finale si sono accertati i produttori che avrebbero violato la legge in maniera diversa: Enel ed Ilva.
L’operazione “Araba fenice” della Guardia di Finanza di Taranto. Sono stati posti sotto sequestro dalla Procura di Lecce la centrale Enel Federico II di Cerano a Tuturano, alle porte di Brindisi, la Cementir Italia spa di Taranto e i parchi loppa d’altoforno dell’ILVA, sempre a Taranto, tutti e tre con parziale facoltà d’uso . L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore Alessio Coccioli.
L’operazione svolta dalla Guardia di Finanza di Taranto è stato coordinata dalla Dda-Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, che ha iscritto nel registro degli indagati 31 persone per i reati di traffico illecito di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata, contestando anche illeciti amministrativi alle tre società . Il gip ha disposto il sequestro degli stabilimenti con parziale facoltà d’uso per 60 giorni e il sequestro per una cifra pari a mezzo miliardo di euro, quale equivalente dell’ingiusto profitto dell’ Enel .
Per quanto riguarda la centrale Enel Federico II – hanno illustrato gli investigatori coordinati dal procuratore della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone De Castris – le cosiddette ceneri leggere “volanti” vendute alla Cementir sarebbero state prodotte attraverso l’utilizzo non solo del carbone – come da classificazione – ma anche di gasolio e ocd. Secondo il consulente della Dda salentina l’uso di tali combustibili, avrebbe conseguito la formazione di ceneri “contaminate da sostanze pericolose, derivanti sia dall’impiego di combustibili diversi dal carbone sia dai processi di denitrificazione a base di ammoniaca“.
La consapevole “piena coscienza” di alcuni dirigenti Enel della pericolosità delle ceneri, è testimoniata anche da alcune intercettazioni telefoniche, in cui i manager farebbero riferimento alla necessità di confondere gli inquirenti presentando loro dati alterati e non veritieri e sopratutto di evitare di comunicare con l’Arpa, l’Agenzia regionale protezione ambiente. L ‘ipotesi accusatoria della Dda di Lecce contesta che Enel con tale sistema non soltanto avrebbe risparmiato sui costi di smaltimento delle ceneri pericolose, ma addirittura avrebbe persino guadagnato grazia alla vendita di quei materiali a Cementir, che a sua volta li avrebbe impiegati per produrre del cemento altrettanto pericoloso.
Comportamento questo simile per l’ ILVA che avrebbe venduto a Cementir loppa d’altoforno, materiale lapideo, loppa di sopravaglio, profilati ferrosi, pietrisco, e scaglie di ghisa, che secondo quanto riportato nell’atto giudiziario “ne inficiano la capacità di impiego allo stato tal quale nell’ambito del ciclo produttivo del cemento“. La loppa per poter essere utilizzata nel processo produttivo del cemento, a causa della presenza di quei materiali, avrebbe dovuto essere sottoposta a “vagliatura” finalizzata alla rimozione dei rifiuti eterogenei e dei frammenti di dimensioni più consistenti, e “deferrizzazione” finalizzata alla rimozione dei residui metallici , profilati di ferro , crostoni nonché gocce, e la cosiddetta “ghisetta“, cioè frammenti e polveri di ghisa, Secondo la perizia effettuata dal consulente della Procura di Lecce tali processi sarebbero stati svolti in maniera parziale e insufficiente sia dal produttore ILVA che dall’acquirente Cementir.
La commercializzazione delle ceneri prodotte a Cerano e vendute alla Cementir. L ‘accusa per i dirigenti Enel è di aver venduto indifferentemente ceneri prodotte dalla combustione del carbone, considerate non inquinanti, e quelle prodotte invece dalla combustione di idrocarburi, che contengono vanadio, mercurio e ammoniaca e rappresentano un pericolo per l’ambiente . Il tutto eludendo la normativa relativa al corretto smaltimento dei rifiuti, che avrebbe permesso a Enel di risparmiare oltre mezzo miliardo di euro nell’arco di cinque anni, dal 2011 al 2016. Ammontano a circa 2,5 milioni di tonnellate le ceneri commercializzate con questo procedimenti illegale.
Enel: “I nostri processi corretti” . Questa la nota diramata da Enel Produzione, che spiega all’ Agenzia ANSA : “Enel Produzione apprende dei provvedimenti di sequestro emessi questa mattina a carico di Cementir e dell’Ilva, che hanno interessato anche la centrale di Brindisi Cerano. I provvedimenti relativi alla centrale di Enel Produzione riguardano l’uso delle ceneri nell’ambito di processi produttivi secondari. Enel Produzione confida che nel corso delle indagini potrà dimostrare la correttezza dei propri processi produttivi e presterà ogni utile collaborazione alle Autorità inquirenti“. “Il provvedimento di sequestro – viene inoltre chiarito nella nota dall’ ENEL – non pregiudica la corretta operatività della centrale, nel rispetto di prescrizioni coerenti con il modello operativo di Enel Produzione“
Questi gli indagati:
Per ENEL : Giovanni Mancini (Savona), Enrico Viali (Svizzera), Giuseppe Molino (Novara), Paolo Pallotti, (Roma), Luciano Pistillo (Rovigo), Antonino Ascione, residente a Portici (Na), Francesco Bartoli, Calcinate (Bergamo), Fausto Bassi (Pistoia), Fabio Marcenaro (Genova), Fabio De Filippo (Lecce), Carlo Aiello (Brindisi); per CEMENTIR Mario Ciliberto (Roma), Giuseppe Troiani (Rieti), Leonardo Caminiti (Genova), Mauro Ranalli (Roma), Leonardo Laudicina (Spoleto), Paolo Graziani (Roma), Vincenzo Lisi (Brindisi), per ILVA: Nicola Riva (Milano), Bruno Ferrante ( Lecce), i commissari Enrico Bondi (Arezzo), Piero Gnudi (Bologna), Corrado Carrubba (Roma), Enrico Laghi (Roma), Luigi Capogrosso (Manduria), Salvatore De Felice (San Giorgio Jonico), Adolfo Buffo (Taranto), Antonio Luppoli (Mottola), Ruggiero Cola (Taranto), Marco Adelmi (Taranto), Tommaso Capozza (Grottaglie).
I reati contestati agli attuali 3 commissari dell’ ILVA, Gnudi, Carrubba e Laghi, non sono coperti dalla malleva inclusa a suo tempo dai vari decreti salva ILVA emanati dai Governi Letta e Renzi.
Reazioni della politica. In merito si è espresso Gianluca Bozzetti consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle : “Ancora una volta, nonostante le denunce portate avanti nel corso degli anni sia dalle associazioni ambientaliste e dai liberi cittadini che dal Movimento 5 Stelle nelle istituzioni, si è dovuto attendere, così come per l’Ilva, l’intervento della magistratura che conferma il rischio di un possibile ricorso a gravi pratiche illecite nella gestione dei rifiuti da parte di queste aziende. Alcuni dei capi di accusa sono gravissimi: si parla di traffico illecito di rifiuti e gestione dei rifiuti non autorizzata. Ipotesi che se confermate spiegherebbero ampiamente anche i catastrofici dati epidemiologici dell’area resi noti solo qualche mese fa. Vorremmo anche capire chi avrebbe dovuto controllare e perché tali controlli non sono stati fatti. Come sempre attendiamo fiduciosi che gli inquirenti facciano le loro indagini e gli auguriamo buon lavoro. L’auspicio è che, qualora tali ipotesi dovessero essere confermate, i responsabili possano pagare per i gravissimi crimini commessi nei confronti di tutti i cittadini pugliesi.”
“Speriamo inoltre che tutta questa vicenda possa servire – continua il consigliere brindisino – ad evidenziare ancora una volta la necessità di programmare immediatamente la chiusura, la dismissione e la bonifica di questa Centrale, avviando un processo di riconversione economica e culturale dell’intera area di Cerano; un processo che, naturalmente, non può e non deve prescindere da una tutela dei livelli occupazionali e di tutti i lavoratori. Alla luce di tali avvenimenti chiediamo a Mauro Vizzino, Presidente della Commissione Ambiente della Regione Puglia, di farsi promotore di un tavolo di concertazione che coinvolga la società Enel s.p.a., la Regione e il Ministero competente, affinché si possa, una volta per tutte, pianificare insieme un programma di riconversione che tuteli gli attuali livelli occupazionali; un programma teso ad abbandonare definitivamente le fonti fossili per promuovere una politica energetica basata sulle rinnovabili.”
“D’altronde è stato dimostrato ampiamente che il ricorso a fonti rinnovabili, di cui la nostra Regione è ricca, produce molta più ricchezza e posti di lavoro rispetto all’attuale politica basata ancora sulle fonti fossili – conclude Bozzetti – e che, tra l’altro, non contribuisce a rendere il nostro Paese energeticamente indipendente dall’estero. Il momento è propizio e le istituzioni a tutti i livelli devo assumersi ognuno la propria fetta di responsabilità, accompagnando il territorio in questo necessario e non più prorogabile cambiamento.”