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22 Dicembre 2024 09:03

Punta Perotti: la famiglia Matarrese sarà risarcita per 9 milioni di euro dal Comune di Bari, Regione e ministero

La sentenza della Corte d'Appello di Bari ha accolto parzialmente l’appello presentato da Sudfondi contro la sentenza con cui il Tribunale aveva rigettato la richiesta di risarcimento per l'abbattimento dei palazzi

I giudici Michele Prencipe, presidente e relatore, Emma Manzionna e Paola Barracchia consiglieri della terza sezione civile della Corte d’Appello di Bari ribaltando la sentenza di primo grado del 2014 con cui Tribunale di Bari aveva rigettato la richiesta risarcitoria dei costruttori Matarrese, con una sentenza di ben 234 pagine, hanno condannato Comune di Bari, Regione Puglia e Ministero Beni Culturali al pagamento della somma di 8,5 milioni di euro in favore della Sud Fondi s.r.l. (società della famiglia Matarrese attualmente in liquidazione) assistita dall’ Avv. Prof. Vincenzo Vito Chionna e dall’ Avv. Prof. Michele Lobuon, che si sono avvalsi della consulenza tecnica del dottor Ignazio Pellecchia e del professor Pierluigi Morano, quale risarcimento dovuto per l’abbattimento dei palazzi di Punta Perotti, del danno patrimoniale subito, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 2001 ad oggi. 

La sentenza è arrivata oggi dopo un anno e mezzo da quando i giudici civili di secondo grado si erano riservati la decisione, avvalendosi di una perizia tecnica effettuata dalla professoressa Gabriella De Giorgi dell’Università di Lecce, dall’ingegnere Raffaele Dell’Anna e dal commercialista Franco Botrugno, tutti professionisti salentini, scelti al fine di evitare possibili condizionamenti, come era stato evidenziato dai giudici nell’affidamento dell’incarico.

La società Sud Fondi srl che faceva capo al gruppo Matarrese, era stata ammessa alla procedura del concordato per liquidazione di beni. L’azienda che aveva costruito una parte del complesso edilizio per salvarsi dalla bancarotta dovette vendere i suoi beni. E fra i beni che i commissari liquidatori volevano mettere sul mercato c’erano appunto i suoli di Punta Perotti, dove dopo la demolizione dei palazzi è stato realizzato il parco. I terreni di fatto sono di proprietà dei costruttori, tranne una parte come prevedeva il piano di lottizzazione sottoscritto fra il Comune e le aziende nel 1993 che era stata ceduta a Palazzo di città per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie, come strade o aree verdi.

La teoria sostenuta dai Matarrese si basava sulla considerazione che in base al piano regolatore i suoli di Punta Perotti erano edificabili, ed i costruttori avevano legittimamente ottenuto le autorizzazioni in buona fede salvo scoprire, successivamente, che su quella lingua davanti al lungomare di Bari non si poteva costruire. L’elenco dei danni subiti è molto lungo: dall’acquisto dei suoli alle spese di progettazione sostenute dagli imprenditori ; dall’Ici agli oneri di urbanizzazione pagati al Comune di Bari; dai lavori di costruzione alle fideiussioni in favore degli acquirenti, ai mancati ricavi, ecc.

Nel 2018 la Corte europea dei diritti umani aveva deciso il risarcimento per un appezzamento di 10.365 metri quadri a Punta Perotti, adiacente a quello dove sorgeva l’ecomostro (per la cui confisca l’Italia è stata condannata a Strasburgo nel 2009). “Si tratta di una sentenza uguale a quella del 2012 con cui già la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato lo Stato italiano a risarcire con 49 milioni di euro la società che aveva realizzato il complesso edilizio sul lungomare di Bari“, commentò a suo tempo l’ingegnere Michele Matarrese.

La vicenda di Punta Perotti

Risale al lontano 1979 il primo progetto di lottizzazione di Punta Perotti , ma furono necessari 13 anni per l’approvazione dei piani proposti dalle aziende dei gruppi imprenditoriali Andidero, Matarrese e Quistelli. La concessione edilizia per la realizzazione dei vari blocchi, destinati a residenza e terziario, venne rilasciata nel 1995 e con l’avvio dei cantieri si attivarono le polemiche e le proteste di cittadini e di presunti movimenti ambientalisti.

Nel 1997 la Procura di Bari dispose il sequestro del il cosiddetto ecomostrosaracinesca sul mare” come la definirono, bloccando i lavori nei cantieri e disponendo il dissequestro dei suoli dopo il ricorso degli imprenditori, . Ma due anni piu tardi al termine di un processo celebrato con rito abbreviato, venne ordinata la confisca del complesso edilizio, ritenendo la costruzione “abusiva”, mentre incredibilmente gli imprenditori furono assolti “perché il fatto non costituisce reato” con una sentenza più che controversa.

L’ assoluzione venne confermata anche in appello nel 2000, con revocatoria del precedente provvedimento di confisca. La demolizione venne autorizzata nel 2005, effettuata in tre giorni: il 2, 23 e 24 aprile 2006. Quell’area diventò in seguito il “Parco di Punta Perotti”. Nel 2010 la confisca dei suoli venne revocata e restituiti alle imprese, con una sentenza che impose il risarcimento a queste ultime.

Il Gup dispose la restituzione dei terreni alle imprese che subirono la confisca, al termine del processo per lottizzazione abusiva, mentre era passata in giudicato la sentenza che aveva dichiarato abusiva la lottizzazione. Nel maggio 2012 la Corte europea dei diritti dell’uomo si era già pronunciata sulla vicenda e aveva condannato lo Stato italiano a pagare 49 milioni alle imprese che avevano progettato Punta Perotti.

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