di Redazione Politica
Le prime donne a essere votate seppure senza esito durante uno scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica sono state Camilla Cederna, Eleonora Moro e Ines Boffardi, in una corsa che si è svolta finora sempre tutta tra uomini, nonostante il solito ritornello che ormai da anni precede ogni cambio di presidenza: “il Paese ormai è maturo” si sente ripetere, anche in questa elezione un gruppo di intellettuali ha lanciato un appello per l’elezione di una donna. Ma il Parlamento sembra sordo.
Era l’anno 1978, Giovanni Leone si era appena dimesso dopo l’infuriare della campagna di stampa del settimanale l’Espresso con articoli di Camilla Cederna sullo scandalo Lockheed, dopo che l’Italia aveva vissuto un mese e mezzo prima il dramma del rapimento iniziale durato 55 giorni e successivo assassinio di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse.
L’elezione avrebbe portato Sandro Pertini al Quirinale, dopo sedici scrutini, e alla prima votazione nell’urna comparvero 4 voti per la giornalista dell’Espresso, tre per Eleonora Moro, moglie dello statista Dc, due per Ines Boffardi, partigiana democristiana, prima donna nominata sottosegretario alla Presidenza della Repubblica. Il voto alla politica democristiana scatenò qualche risata nell’emiciclo e toccò proprio a Sandro Pertini, che in quel momento era ancora Presidente della Camera, redarguire e zittire i propri colleghi: “non c’è nulla da ridere, anche una donna può essere eletta”.
Alle successive elezioni, che con un solo scrutinio portarono Francesco Cossiga al Quirinale, oltre a Camilla Cederna, raccolse tre voti anche Tina Anselmi, partigiana ed esponente politica della Democrazia Cristiana, prima donna a diventare ministro della Repubblica. Nel 1992 Tina Anselmi venne nuovamente votata, ottenendo fino a 19 voti.
Ma soprattutto per molti scrutini (ce ne vollero sedici per eleggere Oscar Luigi Scalfaro), il Pds indicò come sua candidata, per la prima volta, una donna, Nilde Iotti che giunse a raccogliere il massimo di 256 voti, ovviamente insufficienti per superare il quorum. Dall’undicesima votazione le verranno preferiti come candidati di bandiera Francesco De Martino e Giovanni Conso e infine il Pds decide di convergere su Scalfaro.
Alle elezioni del 1999 che incoronarono con un solo scrutinio Carlo Azeglio Ciampi , furono depositate nell’urna 16 schede per Rosa Russo Iervolino e 15 per Emma Bonino. Quest’ultima era stata protagonista di una campagna di opinione ‘Emma for president‘, che aveva raccolto molti consensi nei sondaggi ma che non si concretizzò in uno speculare consenso in Parlamento. Nel 2006 circolarono i nomi di Emma Bonino ed Anna Finocchiaro come candidate; Antonio Di Pietro, all’epoca leader di Italia dei Valori candida Franca Rame, che ottenne 24 voti. Due voti andarono a Lidia Menapace. Il Parlamento votò ed elesse Giorgio Napolitano.
Nel 2013, all’indomani di elezioni politiche che non avevano espresso alcuna maggioranza autosufficiente, il Parlamento in seduta comune si riunì e in rapida successione impallinò prima Franco Martini e poi Romano Prodi. Al di fuori dalle aule parlamentari il M5s aveva organizzato le “quirinarie” per scegliere il suo candidato: la più votata era stata Milena Gabanelli, la quale molto intelligentemente e sopratutto eticamente però si rese indisponibile.
Il M5s a quel punto virò su Stefano Rodotà, anche perchè Gino Strada, secondo più votato dagli iscritti grillini, si era ritirato. Al primo scrutinio Emma Bonino ottenne 13 voti e Anna Finocchiaro 7. Nei successivi scrutini raccolsero una manciata di voti anche Rosy Bindi, Paola Severino, Alessandra Mussolini, Daniela Santanchè. Al quarto scrutinio Scelta civica candida Annamaria Cancellieri, ministro dell’Interno, che ottenne 78 voti. Al sesto scrutinio, dopo aver rischiato una crisi istituzionale oltre che politica, i partiti rieleggono Giorgio Napolitano.
Nel 2015 le acque si erano calmate, la legislatura procedeva con il governo Renzi. Al primo scrutinio Emma Bonino ottenne 25 voti, Luciana Castellina, candidata da BI, ne ottenne 37.
Nei giorni scorsi un gruppo di intellettuali, tutte donne, Dacia Maraini, Edith Bruck, Liliana Cavani, Michela Murgia, Luciana Littizzetto, Silvia Avallone, Melania Mazzucco, Lia Levi, Andrèe Ruth Shammah, Mirella Serri, Stefania Auci, Sabina Guzzanti, Mariolina Coppola, Serena Dandini, Fiorella Mannoia hanno lanciato un appello per l’elezione di una donna alla guida dell’istituzione più alta: “Vogliamo dirlo con chiarezza: è arrivato il tempo di eleggere una donna” al Colle hanno scritto . Soltanto quando si riunirà il Parlamento in seduta comune si capirà se l’appello verrà raccolto.
In realtà la prima donna votata dai grandi elettori era stata Ottavia Penna di Buscemi , candidata nel 1946 dal Movimento dell’Uomo Qualunque, guidato dal commediografo Guglielmo Giannini. Politica, eletta all’Assemblea costituente con sole altre 20 colleghe, di nobili origini, fu sempre chiamata ‘la baronessa’. Il 28 giugno del ’46 ottenne 34 voti, ma si trattava delle elezioni del Capo provvisorio dello Stato, fu eletto Enrico De Nicola e l’idea di votare una donna non fu più accarezzata da nessuno per 32 anni.