Quando si voterà?
Su quale quesito?
Chi ha votato la riforma?
I gruppi politici che hanno sostenuto la “riforma Boschi” sono il Partito Democratico, Area popolare, Centro democratico (il partito di Bruno Tabacci) e Civici e innovatori, che è l’ultima trasformazione di Scelta Civica. Hanno votato a favore anche 23 parlamentari del Gruppo misto, tra cui i deputati di Ala, il gruppo scissionista di Forza Italia guidata da Denis Verdini.Questo, almeno, è stato al momento dell’ultimo voto dato dalla Camera, per la seconda lettura conforme. Il 12 aprile 2016, a due anni esatti dalla sua presentazione in Senato, 15 aprile 2014 – la Camera ha infatti approvato la riforma con 361 sì, 7 no mentre il resto dei contrari sono usciti dall’aula.
Non è però sempre stato così, cosa che dal comitato del Sì non smettono di ricordare, accusando di incoerenza e calcolo politico chi ha cambiato idea nel corso delle votazioni. Forza Italia, ad esempio, votava compatta le prime versioni della legge, frutto – successivamente modificato – del “Patto del Nazareno“: alla prima votazione in Senato infatti furono 40 i SI dei senatori del partito di Silvio Berlusconi.
Ma il Parlamento era legittimato a modificare la Carta?
Ma quali sono le principali novità?
Sarà un “Senato di nominati” il nuovo Senato oppure la “camera delle autonomie” di cui parla Renzi ?
Membri del nuovo Senato saranno 21 sindaci (uno per regione, due per il Trentino) e 74 consiglieri regionali. Ci sono poi i senatori di nomina “presidenziale”, che quindi non saranno più a vita ma dureranno in carica soltanto 7 anni. Quindi, i nuovi senatori in tutto saranno 100 e non percepiranno indennità, anche se ci sarà un rimborso spese di cui ancora non si può calcolare il costo.Non esiste, però, una legge elettorale per l’elezione del nuovo Senato. Ed è questo il motivo di tante discussioni soprattutto tra i democratici, minoranza e maggioranza del Pd. Quello che è certo è che sarà una camera eletta indirettamente. Saranno infatti i consigli regionali – dice la costituzione riscritta – a decidere chi dovrà fare avanti e indietro con Roma, “in conformità alle scelte espresse dagli elettori”.
Essendo solo due gli eletti per regione, comunque, è facile prevedere che uno sarà della maggioranza e uno dell’opposizione regionale: sistema che però difficilmente si sposa con l’assetto (almeno) tripolare della politica italiana.
I consiglieri e i sindaci, diventati senatori, resteranno in carica per la durata del loro mandato locale e, pur rappresentando il loro territorio, non hanno alcun vincolo con l’istituzione d’appartenenza. Il Senato, così, cambierà spesso la sua composizione e fino al 2022 sarà formato da consiglieri e sindaci eletti senza che nessun elettore potesse immaginare di ritrovarseli – part-time – a Roma e con l’immunità.
I nuovi senatori avranno l’immunità parlamentare?
È vero che il bicameralismo paritario finirà ?
Ma la “navetta” costituiva veramente un ostacolo ?
Il meccanismo della lettura conferme, che innesca la “navetta”, cioè l’andirivieni della legge tra Camera e Senato, non è certo un problema, e quando c’è un accordo politico all’origine, non rallenta l’approvazione di una legge . Almeno questo è quanto dicono i dati. Il Parlamento ha infatti approvato molto rapidamente leggi anche controverse. Noti sono gli esempi della riforma pensionistica di Elsa Fornero, approvata in sedici giorni; del Lodo Alfano, per cui ne servirono 20; o del jobs act, con Renzi che a dicembre 2014, da marzo, aveva già superato quello che si credeva un tabù: l’articolo 18. Tutto questo è stato possibile e realizzabile con estrema velocità parlamentare in quanto la maggioranza parlamentare – che chiaramente spesso coincidente con quella di Governo – si è mostrata compatta, anche se spesso forzata dai frequenti voti di fiducia.
La navetta è invece, sicuramente, uno strumento molto efficace nelle mani di chi vuole fermare una legge, quando si fatica già in partenza a trovare i numeri o quando la legge mette in difficoltà la maggioranza di Governo. Sapete, ad esempio, che la legge sul cognome materno non è mai stata definitivamente approvata e che il Senato la tiene ferma da più di un anno? Ecco.
Quando una maggioranza non c’è o quando il governo non si impone, dunque, tutto si complica. Ma avere una sola Camera parlamentare, non è certamente una garanzia sul fronte delle liti e dei veti. Le leggi – come già accade peraltro – potranno fermarsi o incagliarsi nelle commissioni parlamentari e quindi non arrivare mai al voto. La legge sulla Cannabis, ad esempio, – per attenersi alla recente cronaca – è stato portata in aula, alla Camera dove i numeri sarebbero in teoria più comodi, ma subito rispedita in Commissione per non aprire fratture nella maggioranza.
Come cambiano referendum e legge di iniziativa popolare?
Come detto, il referendum costituzionale è senza quorum e così rimane con la riforma. Quello abrogativo, invece, cambia. Oggi la consultazione è valida se partecipa almeno il 50 per cento dell’elettorato, cosa ormai difficile anche per le elezioni. Dopo il 4 dicembre, se vinceranno i sì, sarà uguale se il comitato promotore ha raccolto 500mila firme. Se arriva a 800mila firme, invece, il quorum scende: serve a in questo caso la maggioranza degli elettori dell’ultima tornata elettorale.
La riforma cita poi i referendum propositivi, rimandando i dettagli a una successiva legge. Sarà però più complicato presentare proposte di legge di iniziativa popolare. Oggi servono 50mila firme, ne serviranno 150mila. In cambio si promettono regolamenti parlamentari più vincolanti che portino cioè effettivamente in discussione le leggi, che generalmente finiscono in un cassetto.
Chi eleggerà il presidente della Repubblica ?
Attualmente ad oggi il presidente della Repubblica viene eletto in seduta comune da Deputati, Senatori ed i 58 delegati delle Regioni. Con la riforma, se la vedranno solo Deputati e Senatori. E se fino a all’elezione di Sergio Mattarella a capo dello Stato, per i primi tre scrutini sono serviti i due terzi, dopodichè la maggioranza assoluta degli aventi diritto, con la riforma serviranno i due terzi degli aventi diritto fino al quarto scrutinio, poi i tre quinti. Dal settimo, invece, la sfida si fa più semplice: sempre i tre quinti, ma dei votanti.
A proposito di organi di garanzia, con la riforma cambia anche l’articolo 135, quello sull’elezione della Corte Costituzionale. Mentre sino ad oggi Camera e Senato hanno eletto in seduta comune un terzo dei 15 membri, se dovesse passare il referendum tre saranno eletti dalla Camera e due dal nuovo Senato, separatamente.
Cosa si intende quando si parla di “Combinato disposto”?
È l’effetto della riforma costituzionale e dell’Italicum che, per chi ci si appella, avrebbe effetti troppo maggioritari, che preoccupano proprio pensando ai nuovi meccanismi di elezione del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale.
Ma il Governo avrà più poteri?