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24 Novembre 2024 20:15

Regionali 2020, i curricula dei candidati Presidenti: le loro vere competenze

i due candidati più "forti" in competizione sono già stati entrambi presidenti della Giunta Regionale, e si ricandidano, e quindi i cittadini hanno già degli indicatori e strumenti per poter valutare se hanno amministrato la Regione pugliese, bene o male

di REDAZIONE POLITICA

Con il voto di oggi 20 e domani 21 settembre i cittadini pugliesi decideranno a chi consegnare il timone della guida della Regione Puglia. Nessuno ha sinora spiegato agli elettori quali sono i veri poteri del Presidente che andranno ad eleggere.

A partire dalla riforma costituzionale del 1999 con cui è stata decisa la sua elezione diretta e con la modifica del Titolo V del 2001, il Presidente eletto che guida una Regione di fatto incide pesantemente sulle vite di tutti noi.

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I poteri del Presidente

Il bilancio regionale della Puglia vale 14 miliardi. Un bilancio che all’80% viene speso per la Sanità che significa poter decidere quali ospedali aprire e quali chiudere, chi metterne alla guida, se, quando e come potenziarli per ridurre i tempi di attesa o allargare gli accreditamenti agli operatori ed imprenditori della sanità privata, quali servizi sociosanitari garantire sul territorio, ed infine chi deve ricevere i soldi per la ricerca.

Subito dopo c’è il trasporto pubblico locale il cui funzionamento dipende dalle gare indette per selezionare le società che lo devono gestire, come vengono definite le tratte di percorrenza, i trasferimenti dei finanziamenti ai Comuni (metro e gomma) o alle società che gestiscono i treni regionali.

La Regione finanzia il sostegno alle imprese, alle start up, all’agricoltura e agroalimentare, decide gli incentivi al commercio, artigianato, turismo, finanzia i corsi di riqualificazione professionale, e la formazione per chi non fa il liceo o gli istituti tecnici. Decide le politiche di contrasto alla povertà e offre i servizi di collocamento lavoro con l’incrocio della domanda e dell’offerta.

Spetta alla Regione decidere come spendere i finanziamenti europei: quello del Fondo sociale, quello per lo sviluppo regionale e dell’agricoltura. E in ballo ci sono miliardi di euro. Ha competenza sulle valutazioni di impatto ambientale, sul controllo della qualità di aria e acque, autorizzazioni alle bonifiche, leggi urbanistiche, condizioni di accesso e finanziamento dei servizi sociali, compresa l’edilizia popolare.

I requisiti di un candidato

Dovrebbe essere scontato che i candidati posseggano competenze ed esperienze riconosciute e imprescindibili. Sicuramente sono questi i principali requisiti: alta reputazione, ottimo titolo di studio, nessuna pendenza con la giustizia, conoscenza profonda della macchina politica e amministrativa, zero conflitti di interesse. Tutto ciò in pratica vuol dire aver fatto almeno il sindaco di una grande città (non di un piccolo paese) o aver già gestito organismi complessi, e in entrambi i casi prodotto risultati noti.

Per quanto riguarda la Puglia, i due candidati più “forti” in competizione sono già stati entrambi presidenti della Giunta Regionale, e si ricandidano, e quindi i cittadini hanno già degli indicatori e strumenti per poter valutare se hanno amministrato la Regione pugliese, bene o male.

Contro Michele Emiliano (Pd) il centrodestra in Puglia ha schierato Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia), laureato in Giurisprudenza, già deputato, ministro per gli Affari regionali, eurodeputato, ma anche presidente della Puglia dal 2000 al 2005. Per il M5S è scesa in campo per la seconda volta Antonella Laricchia, 34 anni, laureanda in architettura, guida turistica, volontaria per la Pro loco, dopo le elezioni regionali di maggio 2015 quando si era candidata alla presidenza risultando il secondo candidato più votato. Da allora è capogruppo del movimento in Consiglio regionale. Per Italia Viva ha corso Italia Viva, laurea in Giurisprudenza, consulente strategico nel campo delle Risorse Umane e del  Ivan Scalfarotto Management, deputato dal 2013, tre volte sottosegretario, oggi agli Esteri.

Le Regioni al voto

Delle sei Regioni che vanno al voto, tre non hanno conosciuto l’alternanza tra centrodestra e centrosinistra: Veneto (centrodestra), Toscana e Marche (centrosinistra). Oggi 13 Regioni sono amministrate dal centrodestra, 6 dal centrosinistra e 2 (Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano) da partiti regionalisti. Ormai da anni, il risultato elettorale delle Regionali è considerato anche un banco di prova per la tenuta del Governo.

Massimo D’Alema perdendo alle Regionali del 2000 per 8-7 contro il centrodestra, si dimise da presidente del Consiglio, definendolo un «atto di sensibilità politica». A quel tempo il centrosinistra guidava comunque 8 regioni, 2 in più rispetto ad oggi. Nel 2005 fu una sconfitta ancora più rovinosa, pari 12 a 2, che portò Silvio Berlusconi a procedere a un rimpasto di governo.

A causa delle regionali sarde del 2009 Walter Veltroni si dimise da segretario nazionale del Pd, mentre il Governo Conte grazie a quelle emiliano-romagnole dello scorso gennaio ha tirato un sospiro di sollievo.
’articolo 51 della Costituzione stabilisce che «Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge», ovvero aver compiuto 25 anni per i deputati e 40 per i senatori.

Ci sono poi vigenti delle cause di incompatibilità (doppi incarichi) e ineleggibilità (condanne con interdizione dai pubblici uffici), incandidabilità (legge Severino). Non è prevista una norma che imponga di accedere alle alte cariche dopo aver percorso tutte le tappe: consiglio di zona, comunale, regionale, parlamento. Così come non è richiesta la produzione di risultati oggettivi nel corso della propria attività politica, tantomeno di aver svolto con successo mansioni di alta responsabilità nel caso di reclutamento dalla società civile.

I partiti hanno da tempo abdicato alla responsabilità di formazione della propria classe dirigente, candidando spesso soggetti privi di esperienze adeguate, oppure scommettendo sull’impatto mediatico di volti noti. In politica ai nostri giorni non contano i requisiti richiesti in qualunque altro settore, e poco importa ai partiti se da loro poi dipendono le sorti di un Paese.

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