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22 Dicembre 2024 07:30

Renzi che va dai suoi giudici a dire, non mi fido di voi: un bel passo verso la normalità

Da trent’anni nel discorso pubblico i magistrati sono gli ottimati e i politici sono tutti ladri o scemi. Ma la realtà è stata un'altra

di MATTIA FELTRI*

Si sono lette delle belle pasciute ironie alla notizia di Matteo Renzi in procura a Firenze a renzeggiare, un po’ ganassa, tipo mani in tasca all’esordio da premier in Senato, e al solo immaginarmelo davanti alla procura schierata, a trattarla da pari, per me è già Natale. Finora s’erano viste due strategie di difesa, nella smania bipolaristica dette una buona e una cattiva: dal processo e nel processo. La seconda è appartenuta a Giulio Andreotti, accusato di essere a capo della mafia e di avere ordinato l’omicidio di Mino Pecorelli, perché in questo paese è passato per normale, anzi per eroico, spacciare un ex capo di governo nella versione gibbosa e sulfurea di Al Capone. Poi assolto, ma vabbè, tutti bravi bravissimi, la magistratura che non si ferma davanti a nulla, lo statista inchinato alle istituzioni a difendersi nel processo con istituzionale contegno.

La prima strategia, difendersi dal processo, è stata di Silvio Berlusconi, coi legittimi impedimenti e le leggi ad personam, ricordate oggi con dovizia di scandalo nei giorni dei sogni quirinalizi, mentre la scorsa settimana non ha suscitato la minima curiosità l’ammissione di Guido Salvini, giudice a Milano già negli anni di Mani pulite, quando la procura si dotò di un unico giudice delle indagini preliminari. Detto così sembra un tecnicismo e invece fu, specifica Salvini, “un’abnormità”. Provo a spiegarla ai profani: ogni indagine necessita di un giudice che ne valuti la legittimità dei passaggi, a garanzia dell’imputato, dunque di noi tutti, e la sua terzietà è la prima garanzia. Invece le migliaia di indagati del pool di Antonio Di Pietro, indagati che spesso nulla avevano a che a fare l’uno con l’altro, su tangenti e finanziamenti alla politica che spesso nulla avevano a che fare le une con le altre, passavano dal setaccio di un unico gip, diciamo un gip di fiducia, la cui terzietà è esemplificata da un simpatico episodio, quando a una richiesta d’arresto di Di Pietro il gip in questione (Italo Ghitti) rispose con un biglietto informale: per procedere con l’arresto questo reato non va bene, bisogna contestarne uno diverso. Olè.

Qualche giorno fa ho sentito ricordare, in un aperitivo delle celebrazioni del trentennale di Mani pulite (febbraio 2022), che gli indagati a Milano furono circa 4 mila 500. Ci si è scordati di aggiungere che i condannati furono meno della metà ma da allora, se un politico finisce sotto l’attenzione di un pm, si precipita a certificare, tremebondo anziché assertivo, la sua fiducia nei magistrati. Senza nemmeno rendersi conto dell’assurdità dell’assunto: sarebbe come dichiarare la piena fiducia negli automobilisti o nei netturbini. Non bisogna avere né fiducia né sfiducia nella magistratura, la fiducia la si guadagna di volta in volta, di caso in caso, ci sono – che sciocchezze tocca scrivere – magistrati degni di fiducia e magistrati no. Ma da trent’anni nel discorso pubblico la magistratura è stata rinchiusa nel tempio della virtù, fortificata in una casta di ottimati indiscutibili, mentre i politici sono tutti ladri o scemi (una volta forse avevamo più ladri che scemi, adesso abbiamo più scemi che ladri, il peggioramento mi sembra evidente). Avere fiducia nella magistratura è un dovere, avere sfiducia nella politica una precondizione. Un punto di partenza non raffinatissimo.

E così Renzi va in procura a Firenze, dove si indaga sugli affari di Open, e si trova davanti lo squadrone. Il procuratore è Giuseppe Creazzoappena sanzionato dal Csm per molestie sessuali con la sottrazione di due mesi di anzianità. Lui farà ricorso in Cassazione, e spero risulti innocente, sebbene davanti alla medesima Cassazione la molestata lo abbia definito “mille volte porco” e “essere immondo”. Non è andato a processo poiché la molestata non ha sporto querela, a proposito di fiducia nella magistratura. Con Creazzo c’era il pm Antonio Nastasi che, nel racconto in commissione parlamentare del colonnello Pasquale Aglieco, entrò nella stanza di Siena da cui si era appena buttato David Rossi e inquinò un bel po’ di prove. Un racconto agghiacciante, dicono i parlamentari, e staremo a vedere se regge oppure no, ma il quadretto vi rassicurerebbe, se foste indagati? Vi gettereste sul primo microfono a manifestare la totale e incondizionata fiducia nella magistratura?

Avevamo indagati in fuga dal processo e indagati ostaggi del processo, ora abbiamo Renzi che va in procura e dice non mi fido di voi. In fondo è un uomo davanti ad altri uomini, non un peccatore davanti ai sacerdoti. Un bel passo verso la normalità.

*direttore dell’ Huffington Post
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