Una pesante “stangata” sui costi di conguaglio degli arretrati, sugli anni dal 2017 al 2023, del il trattamento e lo smaltimento del secco residuo (spazzatura indifferenziata) potrebbe essere insostenibile per molte amministrazioni comunali . Il Comune di Taranto deve sborsare 11milioni di euro sul totale complessivo di poco meno di 60milioni per tutti i Comuni della Puglia messi insieme. Un serio problema per l’amministrazione comunale jonica perché questi costi arretrati si dovranno trasferire nelle bollette della Tari (che è già fra le più alte d’ Italia) da far pagare ai cittadini.
Fra le tabelle dei conguagli che l’Ager, agenzia regionale pugliese dei rifiuti ha trasmesso ai sindaci, il “caso Taranto” (10,8 milioni di arretrati) è il più eclatante. Tuti i Comuni pugliesi hanno ricevuto la propria quota di conguaglio. Consultando le tabelle si può osservare un quadro molto eterogeneo e diffuso . Bari la città più popolosa con i suoi 315 mila abitanti, dovrà versare 1,9 milioni, ma a differenza degli altri comuni può vantare impianti propri come quello di Amiu Puglia. Brindisi raggiunge la cifra di 1,7 milioni mentre a Foggia tocca sborsare 1,3 milioni, seguita da Lecce che ha un conto da da pagare di 1,2 milioni di euro.
Nella provincia di Bari alcune città più piccole dovranno pagare cifre altrettanto consistenti: Molfetta 1,3 milioni; Altamura 1,2; Bitonto 1,1. Emergono i 600 mila euro dovuti dal Comune di Castellana che nonostante abbia meno di 20 mila residenti, o i 700 mila di Gravina. Nella Bat (Barletta-Andria-Trani), il Comune di Barletta avrà il salasso più alto con 2 milioni di arretrati, quello di Andria ne pagherà 923 mila, quasi la metà. La cittadina di Carovigno è un po’ più piccola di Ceglie Messapica, ma mentre la prima è un centro turistico e pagherà 200mila euro, la seconda ne pagherà soltanto 26mila.
In tutta le regione pugliese i comuni turistici, che sono quelli che producono più spazzatura, hanno costi di smaltimento e conguagli più alti. Il Comune di Nardò (Lecce) dovrà pagare mezzo milione di euro, Vieste (Foggia ) 300 mila e la piccola Otranto (Lecce) 462 mila.
Nel 2017 il Parlamento aveva affidato ad Arera (l’ Authority dell’energia e dell’ambiente) la regolamentazione degli impianti “minimi”, indispensabili per chiudere il ciclo dei rifiuti. Arera ha eseguito e tutte le Regioni, compres la Puglia, si sono uniformate. Il Consiglio di Stato, con la propria sentenza del 6 dicembre 2023, ha bocciato il sistema ed affermato nella propria decisione che Arera è andata oltre i propri compiti: infatti soltanto una legge dello Stato può fissare un modello rigido e pubblico di tariffazione.
Per questo motivo i gestori privati degli impianti di smaltimento hanno ottenuto che i contratti vengano adeguati non più secondo le tabelle di Arera ma bensì secondo gli indici Istat, che ha comportato il conguaglio sul passato e il prevedibile aumento della Tari dal 2024 in avanti. Sempre che non intervenga finalmente una norma nazionale: l’Anci, per voce del sindaco di Lecce Carlo Salvemini, ha già chiesto al governo di intervenire. Nel frattempo i sindaci possono fare qualcosa ed infatti i più attivi molti lo hanno già fatto, aumentando il livello della differenziata per diminuire il secco da mandare a smaltimento. Non è il caso di Taranto.
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