Il sostituto procuratore romano Francesco Scavo, 59 anni, contitolare, tra l’altro, delle inchieste sugli italiani sequestrati all’estero, sui due marò ha subito un provvedimento disciplinare di censura e trasferimento d’ufficio come giudice al Tribunale di Viterbo, dalla sezione disciplinare del Csm al termine di un procedimento in cui Scavo è stato accusato di aver rivolto in occasione dell’esercizio delle sue funzioni ad alcune avvocatesse e ad altre interlocutrici, “apprezzamenti imbarazzanti a sfondo sessuale” e “vere e proprie avances“.Secondo quanto si legge nel capo di incolpazione, in un caso, queste avances si sarebbero “tradotte anche in repentini ‘palpeggiamentì in ufficio davanti alla porta di collegamento con la segreteria“. Il magistrato ha respinto tutte le accuse mossegli nel provvedimento disciplinare, che è impugnabile.
Scavo è stato incolpato sulla base del decreto legislativo che disciplina gli illeciti disciplinari dei magistrati, con riferimento alla norma che sanziona i “comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario“. I fatti in questione risalgono ad un periodo compreso tra il 2009 e il 2011. Nel caso specifico il pubblico ministero, dopo aver conosciuto alcune avvocatesse e una consulente della procura “per ragioni di lavoro” , avrebbe instaurato con le stesse dei “rapporti confidenziali, anche contemporaneamente gli uni agli altri, secondo consuete ed abituali modalità di approccio attuate con ripetuti contatti via email (…) ed incontri in ufficio. Nell’ambito di questi rapporti” – come si legge nell’incolpazione – “avrebbe rivolto le avances e gli apprezzamenti a sfondo sessuale “che costituivano oggettivamente fonte di disagio (e tali considerati dalle destinatarie, alcune delle quali decidevano però di ‘stare al giocò nella prospettiva di eventuali vantaggi).
Il pm Scavo inoltre, avrebbe rivolto frasi “del tutto inopportune e improprie” anche nei confronti di una sua collega assegnatagli in tirocinio e ciò sarebbe avvenuto “subito dopo le presentazioni e, dunque, in difetto di ogni relazione di consuetudine e di amicizia che potesse in qualche modo giustificare alcuna confidenza“. Sempre sulla base del capo di incolpazione, in cui si cita anche un altro episodio dello stesso genere, “tali condotte, per le concrete modalità di estrinsecazione, integrano gli estremi della abituale e grave scorrettezza” e “determinano, di per sè, il discredito dell’immagine del magistrato, nonchè la lesione del prestigio della magistratura“.