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22 Luglio 2024 10:46
22 Luglio 2024 10:46

Salvatore Micelli a processo nel 2020 per la truffa da oltre 3 milioni all’ INPS

Fra gli imputati per la truffa per oltre 3 milioni di euro ai danni dell' INPS organizzata dai 22 imputati, appaiono anche i nominativi di noti pregiudicati e parenti dei noti clan mafiosi tarantini Modeo, D' Oronzo, De Vitis, e di un ex politico del PSI di Taranto, Fabrizio Pomes condannato con sentenza definitiva a 8 anni di carcere.

ROMA – E’ slittata all’anno prossimo a causa di omesse notifiche  il processo  a carico di Salvatore Micelli e Loredana Ladiana, ritenuti dalla Procura di Taranto e dagli investigatori della Guardia di Finanza di Taranto, i principali responsabili della truffa ai danni dell’ INPS per oltre 3 milioni di euro organizzata insieme agli altri 20 imputati, fra i quali appaiono anche i nominativi di altri noti pregiudicati come  Antonio Bruno condannato anche in Appello a 20 anni di carcere per l’omicidio di Giuseppe Axo maturato negli ambienti del traffico e smercio di stupefacenti nel quartiere Salinella  di Taranto.

Secondo la Guardia di Finanza un particolare “peso” fra gli indagati legati alla malavita, lo avrebbe avuto Patrizia Modeo, sorella dei boss storici della malavita tarantina Riccardo, Gianfranco e Claudio Modeo,  attualmente sposata con Calogero Bonsignore anch’egli condannato in diversi procedimenti penali tra i quali quelli antimafia “Alias” e “Città nostra“. Nella truffa ai danni dell’ INPS erano coinvolti anche 2 donne, e Cosimo D’ Oronzo figlio del “boss” Orlando attualmente ristretto ai sensi del 416 bis, capo del noto clan mafioso D’ Oronzo-De Vitis.,  risultato anch’egli indagato nell’inchiesta che ha portato in carcere Salvatore Micelli e Loredana Ladiana.

D’ Oronzo era il legale rappresentante della cooperativa Falanto Servizi, amministrata di fatto da Vincenzo Fabrizio Pomes, condannato con sentenza definitiva nei giorni scorsi dalla Suprema Corte di Cassazione, i quali avvalendosi della compartecipazione del Micelli ingannarono la Regione Puglia per incassare illegittimamente un finanziamento regionale erogato con fondi comunitari, grazie anche alla complicità degli ispettori della Regione Puglia Michele Antonazzo e Vincenzo Alfarano, i quali secondo le indagini svolte dalla Guardia di Finanza, nel corso di un controllo “in loco” avevano attestato la presenza delle lavoratrici assunte da un’azienda che in realtà a quella data non era più operativa !

Il sodalizio associativo aveva tra le finalità quella di alimentare le risorse finanziarie di alcune famiglie malavitose del territorio tarantino, già interessate in passato da operazioni di polizia riconducibili al clan D’Oronzo-De Vitis, fra i quali figura anche Fabrizio Pomes, esponente del PSI di Taranto, condannato dalla Cassazione a 8 anni di carcere per il “processo Alias”, da sempre molto “vicino” ed intimo con l’attuale consigliere comunale Cisberto Zaccheo e con l’ex consigliere comunale del PSI Cosimo Gigante (entrambi al processo in questione) .

I tre esponenti del PSI di Taranto ( Pomes, Zaccheo e Gigante) venivano chiamati  in città “I tre faccendieri” parafrasando i ben più famosi “tre moschietteri” di Alexandre Dumas. Negli atti dell’ inchiesta Alias  infatti il “politicante” socialista Fabrizio Pomes intercettato al telefono con il “boss” mafioso D’ Oronzo gli spiegava che “devi stare tranquillo, abbiamo piazzato un uomo nostro in consiglio comunale“.

Per quanto riguarda il coinvolgimento del Pomes nell’inchiesta in questione , il gip Giuseppe Tommasino  riporta nella sua ordinanza che “ha utilizzato parte dei contributi regionali ricevuti dalla Falanto Servizi per interessi personali” e  spiega che degli accertamenti bancari risulta che avrebbe richiesto l’emissione di un assegno circolare di 19mila euro per pagare una parte dell’acquisto a Bologna di un esercizio commerciale (una tabaccheria successivamente confiscata dall’ Autorità giudiziaria per il processo Alias) intestata fittiziamente alla figlia, la quale negli ultimi dieci anni aveva dichiarato redditi per soli 3mila euro.

il Giudice Giuseppe Tommasino

Nell’ordinanza del gip Tommasino compare un episodio del Micelli che delinea la sua pericolosità sociale con attitudine consolidata alla truffa. Salvatore Micelli  avrebbe addirittura denunciato alla Procura della Repubblica di Taranto una sua complice, anche lei tra gli indagati di ieri, per non avergli riconosciuto il 20 percento della somma degli aiuti pubblici ottenuti grazie al collaudato trucco delle false assunzioni. Nella denuncia presentata Micelli avrebbe persino allegato il testo di un messaggio in cui la donna dichiarava chiaramente di essere stata usata come prestanome nella richiesta dei finanziamenti pubblici.

Salvatore Micelli è attualmente indagato anche per la brutale e vigliacca aggressione alle spalle dello scorso dicembre contro il nostro direttore Antonello de Gennaro preso a calci e bastonate con una mazza da baseball al suo rientro in albergo nel pieno centro di Taranto, per la quale sono ancora in corso i dovuti approfonditi accertamenti degi investigatori dei Carabinieri delegati dalla Procura di Taranto. Le indagini sono coordinate direttamente dal procuratore capo dr. Carlo Maria Capristo e dall’ aggiunto dr. Maurizio Carbone.

Resta a questo punto da augurarsi che le cancellerie del Tribunale di Taranto lavorino e si dedichino  con più attenzione ai loro compiti onde evitare ulteriori problemi di notifica, che giocano soltanto a favore degli imputati per avvicinarsi ai termini della prescrizione dei reati commessi. Un augurio che è un monito per i responsabili degli uffici giudiziari del Tribunale di Taranto che dovrebbero ricordare che in passato persino un giudice ( Vella) ed un sostituto procuratore della repubblica (il pm Matteo Di Giorgio) e che quindi la legge è e deve essere uguale per tutti.

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