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21 Novembre 2024 18:50

Secondo la procura di Milano, scritto così “il decreto legge sull’ ILVA potrebbe bloccare il rientro dalla Svizzera di capitali per un miliardo e 200 milioni”.

Audizione del procuratore di Taranto Francesco Sebastio, del procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco e del sostituto procuratore di Milano Stefano Civardi, nell'ambito dell'esame del disegno di legge 1733 (decreto salva-Ilva).

Il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, titolare con il sostituto Stefano Civardi di diversi procedimenti in corso sullo stabilimento siderurgico di Taranto, nel corso dell’ audizione dinnanzi alla Commissione Industria del Senato della Repubblica, ha dichiarato che  “Così come è stato approvato, il decreto legge sull’ Ilva potrebbe bloccare il rientro dalla Svizzera di capitali per un miliardo e 200 milioni, che servirebbero per attuare le prescrizioni dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale, ndr) e rimettere in piedi l’azienda“ intendendo segnalare l’anomalia  al Parlamento per sollecitare una necessaria modifica della norma che dovrà essere convertita entro marzo in legge. Secondo il magistrato, l’attuale decreto legge  “sembrerebbe aver abrogato” il comma 11-quinquies del precedente decreto 62/2013 , cioè il primo decreto sull’ ILVA, che prevedeva ed indicava  “Nuove disposizioni urgenti a tutela dell’ambiente, della salute e del lavoro nell’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale”, legittimando appunto il trasferimento delle somme sequestrate con adeguate garanzie. “Non siamo riusciti a capire in molti – ha dichiarato Grecoperché si fanno le leggi in questo modo, forse per un problema di gestione di potere”.

Secondo il procuratore aggiunto noto per la sua competenza internazionale sui reati e procedure giudiziarie-finanziarie, questa vigente normativa potrebbe creare “problemi”, con le Autorità svizzere che avrebbero detto alla Procura di Milano che  “hanno detto che non hanno difficoltà a far rientrare questi soldi, che sono scudati e dunque italiani. Ma pongono delle condizioni e vogliono delle garanzie”. In pratica la Svizzera chiede alle Autorità italiane che  i soldi posti sotto sequestri “non siano confiscati prima di una sentenza definitiva passata in giudicato“. Poichè, l’inchiesta è ancora in corso ha detto Greco “se l’Italia rivuole quei soldi deve far rivivere quell’articolo, ovviamente con le modifiche legate alla previsione del passaggio da commissario straordinario all’amministrazione straordinaria”. Sulla questione dello scudo fiscale operato da un trust di cui Emilio Riva era beneficiario, il procuratore Greco  ha spiegato che tratta di un miliardo e duecentomilioni di euro circa, dei quali attualmente 1 miliardo di euro è rimasto a Zurigo  in Svizzera ma di fatto sono soldi sostanzialmente italiani, sequestrati e destinati al Fondo Unico Giustizia mentre gli altri 200 milioni erano già in Italia (affidati in gestione dai Riva alla Banca Aletti ) e quindi sono già nella immediata disponibilità del Fondo unico giustizia. La somma sequestrata potrebbe aumentare ed arrivare intorno ai 2 miliardi di euro in virtù di  alcune investigazioni attualmente in corso della Procura di Milano.

Un altro problema sollevato dal procuratore aggiunto è inerente alla circostanza che “un’elargizione dello Stato, ovvero una confisca preventiva di questo denaro senza una contropartita, potrebbe avere dei riflessi in termini costituzionali e anche con l’ Unione Europea, poichè potrebbe rappresentare una sorta di aiuto di Stato“. Sono queste la ragione,  ha concluso il procuratore Greco,  per cui deve essere riproposta la formula abrogata, attraverso un emendamento in sede di conversione del decreto.

Greco ha suggerito anche una soluzione “tecnico-giuridica” al Parlamento italiano: “La possibilità di un’emissione di un prestito obbligazionario con un rendimento pari a quello medio del Fondo unico giustizia che può essere fatto da ILVA spa o dalla newco, se si farà” . Le somme  scudate sequestrate, una volta rientrate dalla Svizzera, ovviamente secondo quanto già indicato e disposto dal Gip di Milano, dovranno essere destinate “esclusivamente a pagare l’Aia“.

Anche Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto (prossimo alla pensione) è stato ascoltato dalle commissioni, chiedendo di ricevere chiarimenti sulla norma che prevede la non punibilità del commissario dell’amministrazione straordinaria , e di quella in base alla quale per il commissario stesso e i suoi uomini sarà sufficiente realizzare l’80% delle prescrizioni dell’Aia.  Sebastio ha sostenuto che è necessario chiarire meglio questa norma di salvaguardia che garantisce la sostanziale impunità civile e penale, spiegando chiaramente se riguarda solo le azioni in attuazione del piano ambientale previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale o se riguarda anche quelle in omissione. Poi però è arrivato il nuovo decreto che prevede, appunto, la non punibilità delle condotte del commissario e dei “soggetti da lui funzionalmente delegati” in attuazione del piano di risanamento. “E le condotte in omissione del piano? – ha chiesto Sebastio – Se non si da sfogo a quel piano, non siamo in attuazione ma siamo in omissione e quindi che facciamo?“. La norma, poi, riguarda il nuovo amministratore. “E quel che riguarda questi due anni precedenti, che noi stiamo valutando?“.

Sempre secondo il procuratore capo di Taranto  Sebastio è importante chiarire la norma in base alla quale se entro il 31 luglio prossimo si sarà realizzato almeno l’80% delle prescrizioni il resto potrà essere rinviato a data destinarsi. “Non c’è una data ulteriore di proroga e sarà il capo del governo a decidere quando dare la proroga. È un fatto un po’ strano, anche se decide l’organo legislativo”, ha concluso  Sebastio, chiedendo: “ma cosa significa l’80% delle prescrizioni? È numerico o in termini economici? Coprire i parchi minerari vale come mettere il cartello ‘Attenzione ai carichi sospesì‘ ? Sarebbe utile chiarire questo punto”.  Ecco perché il procuratore ha chiesto che venga fatta chiarezza. “Le perplessità sono dovute probabilmente alla nostra pochezza intellettuale“. Ma “dire a futura memoria ‘non sarai penalmente perseguibile per quello che commetterai in futuro’, lascia un po’ perplessi. Poi c’è la legge e a quella ovviamente il magistrato si attiene“. Quindi “se ci fosse un chiarimento non ci dispiacerebbe e ci consentirebbe di muoverci meglio“.

Ancora oggi, ha spiegato Sebastio, la procura di Taranto è “fatta oggetto di segnalazioni, denunce, esposti in cui si sostiene che lo stabilimento continua a produrre gli stessi fatti di grave inquinamento che sono oggetto dell’attuale procedimento penale“. I pm dunque, “hanno degli obblighi di legge“, e per questo “abbiamo avviato un’indagine e stiamo valutando quale via seguire, naturalmente tenendo conto di ciò che emergeva dalle leggi precedenti”. Anche perché la procura “da 3 anni opera tra l’incudine e il martello: siamo stati denunciati dagli attuali imputati e quelli che oggi presentano gli esposti, sui giornali ci fanno intendere che facciamo troppo poco e che se non ci muoviamo ci denunciano loro“.

Sebastio ha riferito anche  di un nuovo filone di indagine che è stato avviato dalla Procura di Taranto ufficio che “è stato fatto oggetto di una serie sterminata di denunce, esposti, segnalazioni giunte da più fonti, rapporti dei Carabinieri del Noe e relazioni di Arpa Puglia. La tesi che si sostiene è che lo stabilimento, così come viene gestito, continua sostanzialmente a produrre gli stessi fatti di grave inquinamento oggetto dell’attuale procedimento penale”  la cui udienza preliminare a suo parere, dovrebbe arrivare a conclusione entro la prossima primavera.

Cerchiamo dunque di operare in maniera soddisfacente per tutti – ha concluso Sebastioanche perché la chiarezza eviterebbe domani problemi con la Corte Costituzionale“.

Eccovi l’audio integrale dell’ audizione

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