La Cassazione ha dato il via libera seppure formalmente al referendum costituzionale sulla riforma costituzionale avanzata dal Ministro delle Riforme Maria Elena Boschi . Adesso il Governo Renzi ha sessanta giorni per decidere la data del referendum. Attualmente per questo passaggio politico molto delicato per l’esecutivo si fanno le date del 13 o del 20 novembre, anche se non viene escluso il successivo fine settimana, cioè quello del 27. Nella decisione adottata dalla Corte di Cassazione si legge che l’Ufficio Centrale per il Referendum “ha dichiarato conforme all’art. 138 Cost. e alla Legge n. 352 del 1970 la richiesta di referendum depositata il 14 luglio 2016 alle ore 18.45 sul testo di legge costituzionale avente ad oggetto il seguente quesito referendario: approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione“.
La Suprema Corte di Cassazione ha quindi convalidato le oltre cinquecentomila firme raccolte e depositate secondo quanto previsto dalle vigenti Leggi per richiedere la consultazione sulla riforma. Si profila un voto “pericoloso” e fondamentale per la tenuta della leadership Renzi, che mentre il Partito Democratico si è spaccato e la minoranza interna che chiede al segretario-premier di cambiare la legge elettorale dell’ Italicum, per votare a favore del quesito posto dal Governo, che in caso di sconfitta potrebbe verosimilmente esaurire il proprio mandato. Il presidente del Consiglio ha rilanciato sui socialnetwork un tweet del Comitato per il sì nel quale si legge: “Adesso possiamo dirlo, questo è il referendum degli italiani”. Ribadendo nella sua newletter che, : “Il referendum non è la sfida di Matteo Renzi, ma di milioni di persone che vogliono ridurre gli sprechi della politica, rendere più semplici le istituzioni, evitare enti inutili e mantenere tutte le garanzie di pesi e contrappesi già presenti nella nostra Costituzione”. Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi su Twitter gioisce ricorrendo all’ashtag #bastaunsi.
Ma se il SI al referendum dovesse vincere, come cambierebbe l’Italia dopo quasi 70 anni di Carta repubblicana? Ecco le novità.
ADDIO AL BICAMERALISMO PERFETTO
La fine della parità tra le due Camere, che accompagna l’Italia repubblicana fin dalla sua nascita, è sancita dal nuovo articolo 55 della Costituzione. Solo la Camera dei deputati voterà la fiducia al governo. Inoltre solo “la Camera dei deputati (…) esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo“. Di regola, quindi le leggi saranno approvate dalla sola Camera dei deputati.
Più complesso invece il profilo del nuovo Senato. Per prima cosa “il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali” e sarà composto da 100 membri, 95 scelti dalle Regioni (21 devono essere sindaci) e 5 dal Presidente della Repubblica. Mantiene poteri sulle nomine di competenza del Governo, nei casi previsti dalla Carta. Mantiene la funzione legislativa (insieme alla Camera) sui rapporti tra Stato, Unione Europea e enti territoriali.
Inoltre il Senato mantiene la funzione legislativa anche:
- per le leggi di revisione della Costituzione, le altre leggi costituzionali
- per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche
- per le leggi sui referendum popolari
- e per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni.
Il Senato può decidere – su richiesta di un terzo dei Senatori – di proporre modifiche su una legge approvata dalla Camera. Solo nel caso di leggi che riguardano le competenze regionali, il voto del Senato è obbligatorio. In tutti gli altri casi, se il Senato non agisce entro il termine di 10 o 15 giorni (a seconda delle materie), le leggi entrano in vigore.
La Camera potrà ignorare le modifiche approvate dal Senato, riapprovando la legge così com’è, o accettare le modifiche. Ma con un’eccezione: se si tratta di leggi che riguardano le competenze legislative esclusive delle Regioni o leggi di bilancio, la Camera può ‘superare’ le modifiche volute del Senato solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Il nuovo Senato non avrà più competenze sullo stato di guerra, che dovrà essere deliberato dalla sola Camera dei deputati “a maggioranza assoluta“. Inoltre solo la Camera approverà le leggi di amnistia e indulto, e le leggi che recepiscono i trattati internazionali (a meno che non riguardino l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, e in quel caso anche il Senato deve approvarle). Sulle leggi elettorali di Camera e Senato, è previsto che una minoranza di parlamentari possa chiedere un giudizio preventivo di Costituzionalità.
LE ‘ELEZIONI’ DEL NUOVO SENATO
E’ stato uno dei punti più dibattuti della riforma. Per il governo l’eleggibilità diretta andava esclusa. Per la minoranza Pd, i cittadini dovevano avere voce in capitolo. Il compromesso è stato raggiunto usando queste parole: i consiglieri sono eletti dai Consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori”. Come nello specifico saranno eletti i senatori è quindi rinviato a una legge elettorale che Camera e Senato dovranno approvare in un secondo momento.
E ALTRE NOVITÀ NEL NUOVO SENATO
Scompare la limitazione dell’età nell’elezione del Senato. E da Palazzo Madama scompariranno anche i senatori eletti nella circoscrizione Estero. Indennità solo per i deputati. Scompare dalla Costituzione la possibilità per i senatori di ottenere un’indennità per il ruolo. Insomma i consiglieri regionali che sono anche senatori non saranno pagati in più. Il disegno di legge però tace su eventuali rimborsi-spese, che saranno regolati da fonti interne di ciascuna Camera.
SENATORI A VITA
Saranno senatori a vita solo gli ex presidenti della Repubblica. I senatori a vita nominati sono sostituiti dai SENATORI DI NOMINA PRESIDENZIALE: il presidente può nominare senatori che durano in carica 7 anni e non possono essere nuovamente nominati. Non possono esserci più di 5 senatori di nomina presidenziale contemporaneamente. I senatori a vita nominati prima della riforma Boschi (Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia) manterranno il loro posto.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Cambia l’elezione del Presidente della Repubblica. Rispetto ad oggi:
- partecipano al voto solo deputati e senatori (scompaiono quindi i 59 delegati regionali)
- rimane uguale il quorum delle prime tre votazioni: maggioranza qualificata dei due terzi (ovvero il 66%)
- sale il quorum dal quarto scrutinio al sesto scrutinio: servirà la maggioranza di tre quinti (60%) contro l’attuale maggioranza assoluta (50%).
- cambia il quorum dal sesto scrutinio in poi: servirà la maggioranza di tre quinti dei votanti invece della maggioranza degli aventi diritto.
Il presidente della Repubblica potrà sciogliere solo la Camera dei Deputati, e non più anche il Senato.
Il presidente della Camera diventa la seconda carica dello Stato. E in quanto tale sarà il Presidente della Camera a fare le veci del Presidente della Repubblica se quest’ultimo non può.
IL VOTO A DATA CERTA
La nuova Costituzione (all’articolo 72) prevede che il governo possa richiedere una via preferenziale per l’approvazione di un disegno di legge “essenziale per l’attuazione del programma di governo“. La Camera vota sulla richiesta del governo entro 5 giorni, e se accoglie la richiesta poi dovrà concludere discussione e votazione entro 70 giorni (rinviabili al massimo di 15 giorni). Il ‘voto a data certa‘ è escluso per le leggi di competenza del Senato, le leggi in materia elettorale, la ratifica dei trattati internazionali e le leggi di amnistia, indulto e le leggi di bilancio
ABOLITE LE PROVINCE E IL CNEL
La riforma Boschi abolisce definitivamente le Province. La Repubblica sarà quindi costituita solo “dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato“. L’articolo 99 della Costituzione viene abolito, e quindi scompare il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
LE LEGGI DELLO STATO E LE LEGGI DELLE REGIONI
Il ddl di riforma costituzionale riscrive sostanzialmente l’articolo 117, quello che divide le competenze legislative tra Stato e Regioni. La riforma abolisce la definizione di legislazione concorrente e trasferisce allo Stato alcune competenze finora divise con le Regioni. Ad esempio mercati assicurativi, promozione della concorrenza, previdenza complementare e integrativa, tutela e sicurezza del lavoro, protezione civile, beni culturali e turismo. Ma rimane il principio che lo Stato si occupi della legislazione di principio, lasciando alle Regioni quella specifica, su alcune materie, tra cui: tutela della salute, politiche sociali e sicurezza alimentare, istruzione, ordinamento scolastico
LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE
Cambia anche l’articolo 71 della Costituzione: sale a 150.000 il numero di firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare. E nella Carta fa la sua comparsa la garanzia che queste proposte saranno discusse e votate.
REFERENDUM
Cambia in parte il quorum dei referendum abrogativi: il voto è valido se partecipa il 50% degli aventi diritto (come oggi) ma se il referendum era stato richiesto da almeno 800mila elettori, il quorum scende al 50% dei votanti delle ultime elezioni.
Nascono due nuovi tipi di referendum: quello propositivo e quello di indirizzo. Per decidere modalità ed effetti di queste consultazioni, serviranno prima una legge costituzionale e poi una legge ordinaria.
QUOTE ROSA
Nell’articolo 55 entra un nuovo comma: “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”. Simili norme sono previste anche per le leggi elettorali dei Consigli Regionali.
LA CONSULTA
I 5 giudici della Corte Costituzionale che oggi sono eletti dalle Camere in seduta comune saranno eletti separatamente: 3 dalla Camera e 2 dal Senato.