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26 Dicembre 2024 15:18

Sequestri per oltre 140 milioni di euro a Bari per crediti fittizi bonus facciate

La presente operazione testimonia la costante attenzione della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate sulla corretta destinazione delle risorse pubbliche messe a disposizione della collettività per favorire la ripresa dell’economia e l’ammodernamento del Paese, così mitigando gli effetti prodotti dalla pandemia da Covid-19 e dalla crisi economica internazionale in corso.

I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo d’urgenza – emesso nella fase delle indagini preliminari – da questa Procura della Repubblica avente per oggetto beni e crediti di imposta per un valore di oltre 140 milioni di euro costituenti il profitto e il prodotto dei reati di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indebita compensazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. I destinatari del provvedimento cautelare sono un imprenditore barese Alessandro Trerotoli, attivo nel settore edile, attualmente unico indagato per le citate ipotesi di reato, 11 persone fisiche e 13 imprese risultate cedenti/cessionarie dei presunti crediti di imposta fittizi.

Alessandro Trerotoli

Contestualmente sono state eseguite nel Lazio, in Lombardia, Puglia e Veneto anche perquisizioni e sequestri di documentazione utile alle indagini presso le residenze e le sedi dei predetti soggetti, con il supporto dei Reparti della Guardia di Finanza territorialmente competenti.
L’attività trae origine da un’analisi di rischio sviluppata dall’Agenzia delle Entrate – Divisione Contribuenti – Settore Contrasto Illeciti sulla spettanza del “bonus facciate” per la realizzazione di interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti. In particolare, tale beneficio consente la detrazione fiscale delle spese sostenute negli anni 2020 e 2021 nella misura del 90%, ovvero la possibilità di utilizzare un credito d’imposta pari al 90% cedibile a terzi e, quindi, monetizzabile ai sensi dell’art. 121 del “Decreto Rilancio” (D.L. n. 34/2020).

Sulla base delle risultanze dell’analisi dell’Agenzia delle Entrate, i riscontri investigativi delegati dalla Procura della Repubblica al Nucleo PEF Bari delle Fiamme Gialle che hanno fatto emergere (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) l’esistenza di un circuito fraudolento volto alla creazione, circolazione, monetizzazione e/o utilizzo in compensazione di crediti d’imposta inesistenti, che gravita intorno alla figura di un imprenditore barese, attivo nel settore edile, e attualmente unico indagato per le suddette ipotesi di reato, sia come persona fisica, che come rappresentante legale della UNICA s.r.l. con sede a Bari (che risponde per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato).

Nello specifico è emerso che i soggetti che avrebbero commissionato le opere di recupero edilizio erano sprovvisti di una capacità reddituale e finanziaria idonea al sostenimento delle ingenti spese di rifacimento delle facciate, in relazione alle quali sarebbe maturato, in origine, il credito d’imposta successivamente ceduto all’indagato. Per di più, gli stessi avrebbero sostenuto oneri per interventi edilizi eccessivamente sproporzionati rispetto alle caratteristiche e al valore degli immobili posseduti che – come è emerso dagli accertamenti effettuati – non sono stati sottoposti a recenti opere di rifacimento delle facciate.


Peraltro, anche i successivi cessionari che hanno acquistato gli ingenti crediti d’imposta direttamente dall’imprenditore indagato sono risultati privi di una capacità reddituale e finanziaria adeguata per sostenere un siffatto, rilevante esborso monetario.Allo scopo di interrompere la circolazione dei crediti per i quali sussistono gravi indizi di fittizietà (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) e individuare tutti i responsabili dell’ipotizzato meccanismo illecito finalizzato a frodare sia l’Erario, sia i terzi in buona fede, il Tribunale di Bari ha emesso la misura cautelare reale in via d’urgenza, eseguita dalle Fiamme Gialle con i correlati decreti di perquisizione e sequestro emessi dalla Procura.

L’ operazione conferma la costante attenzione della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate sulla corretta destinazione delle risorse pubbliche messe a disposizione della collettività per favorire la ripresa dell’economia e l’ammodernamento del Paese, così mitigando gli effetti prodotti dalla pandemia da Covid-19 e dalla crisi economica internazionale in corso.

Il nome di Alessandro Trerotoli compare in un altra vicenda giudiziaria, cioè quella del fallimento della società calcistica della Reggina, militante in serie B, il cui ex presidente Luca Gallo, è stato arrestato lo scorso mese con la grave accusa di autoriciclaggio e omesso versamento dell’iva. Ebbene all’improvviso sulle maglie della Reggina era comparsa la sponsorizzazione di “Dalia” che è un centro diagnostico di Lequile, in provincia di Lecce. Normale chiedersi come mai da Lecce si è voluto investire a Reggio Calabria sponsorizzando la locale squadra di calcio.  Infatti ricercando sul web il nome della società Dalia srl, infatti, non si trova alcun tipo di riferimento al centro poliambulatoriale pugliese, alcun sito internet e alcun contatto telefonico o e-mail.

Alessandro Trerotoli, è il Direttore commerciale e amministrativo di Dalia srl, e così spiegava al sito StrettoWeb la sponsorizzazione della Reggina:  “la nostra è una start-up che sta nascendo, dovremmo aprire tra metà dicembre e inizio gennaio“. Ecco spiegata, dunque, l’assenza di riferimenti e contatti in rete. L’obiettivo è quindi essere già conosciuti e pronti all’effettiva entrata in campo del centro. Ma perché Reggio Calabria e non, ad esempio, Lecce ? “Si è voluto investire sulla Reggina – afferma Trerotoli – perché il Sud in generale ha bisogno di essere trainato. Lecce è una città già trainata, mentre Reggio Calabria va accompagnata per dare espansione a tutto il territorio. Noi del Sud abbiamo un territorio enorme da sviluppare, ma non ci riusciamo. La logica sanitaria – diceva il direttore commerciale di Dalia – è la stessa: in Calabria le problematiche sono molto similari a quelle pugliesi”.

In realtà andando a fare un pò di ricerche abbiamo scoperto che la società Dalia S.r.l. è “start-up costituita a norma dell’art. 4, comma 10 Bis, del decreto legge 24 Gennaio 2015, N. 3“. La sua attività è Codice Ateco 2007 (26.60.02) “Fabbricazione di apparecchi elettromedicali (incluse parti staccate e accessori)“. Incredibilmente sul proprio sito (vedi qui) non appare nulla se non che la società risulterebbe registrata presso la CCIAA di Bari. (N. REA BA-629796)  con un capitale sociale di 29.454,00 i.v., C.F.08485160728, P. Iva 08485160728. Nient’ altro. Un ennesimo mistero che spetterà alle Fiamme Gialle risolvere.

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