di Francesca Laura Mazzeo
ROMA – Da “un accertamento sembra che mia madre non abbia più diritto all’alloggio” popolare in cui abita ma lei “ha adito le vie legali perché ritiene di averne diritto. Dov’è la notizia?“. Lo dice la vicepresidente M5s del Senato, Paola Taverna ha dato la sua versione nel solito modo “riparato”, e scevro da ogni tipo di contraddittorio, usuale ai leader 5 Stelle: un videomessaggio pubblicato sulla sua pagina Facebook.a seguito delle polemiche nate sull’appartamento nel quartiere Prenestino abitato senza averne diritto dalla madre ottantenne della senatrice e in cui la senatrice stessa ha mantenuto la residenza fino al 21 giugno 2012,
“Credo che mia madre stia agendo bene e credo che mia madre a 80 anni abbia tutto il diritto di desiderare di morire nella stessa casa nella quale è vissuta” afferma la senatrice che continua: “Mia madre ha 8o anni, percepisce una pensione minima e vive in un a casa popolare dove ho vissuto anche io per tanti anni”. Quindi, continua Taverna, “qual è la notizia che voleva dare la Repubblica ? Forse che la mia famiglia è una famiglia povera? O che io non mi sono arricchita con il mio lavoro e che potevo utilizzare 200 mila euro che ho scelto di restituire per la casa di mia madre?. Ma, sapete, per noi del M5s il ruolo che stiamo svolgendo serve per risolver i problemi di tutti e non i nostri problemi personali“.
La senatrice conclude: “Non provo vergogna a venire da una famiglia povera e ancora meno non provo imbarazzo a dire che la mia famiglia non è diventata benestante“. La sindaca di Roma Virginia Raggi coinvolta nella polemica ha detto: “Faccio una premessa, io questo caso l’ho appreso dalla stampa, la senatrice Taverna mai si è permessa di chiamare l’amministrazione o me, e lo sottolineo. Sicuramente gli uffici faranno tutte le indagini e si seguirà la legge esattamente come per tutte le altre persone“.
“Il patrimonio della signora Bartolucci rientra nei requisiti di legge e non supera il valore ai fini Ici imposto dalla normativa — spiega nel ricorso — non è corretto includere anche quelli di Paola Taverna, perché la convivenza si è conclusa nel 1998». Cita anche una sentenza del Tar del Piemonte che va in questo senso.
Il Campidoglio, però, ha respinto li atti della famiglia Taverna. “Le controdeduzioni, presentate peraltro fuori termine dal legale, non possono essere accolte, perché la legge regionale indica chiaramente che i requisiti devono essere posseduti dal richiedente e da tutti i componenti presenti nell’alloggio”. Avendo Paola Taverna mantenuto la residenza nella casa Ater fino al giugno del 2012, così risulta all’Anagrafe, non ci sono margini di manovra.
In realtà la realta era l’esatto opposto: i dirigenti di Roma Capitale – dopo aver contato gli immobili di proprietà della famiglia Taverna (una casa in Sardegna di sei vani in località Serra e Mesu, e, a Roma, un fabbricato di 70 metri quadri, un altro piccolo locale di 28 mq e la casa di 4 vani a Torre Maura – hanno ritenuto il reddito della signora superiore rispetto al limite previsto per accedere a canoni di affitto agevolati. La senatrice, invece, oltre a due quote negli stessi immobili della madre, risulta proprietaria (insieme al marito) di un piccolo locale commerciale di 28 metri quadri sempre al Prenestino e di una casa di quattro vani (acquistata nel 2011) nel quartiere Torre Angela. In quest’ultima — le contestano — avrebbe potuto portare la madre.
Per l’Azienda territoriale che gestisce il patrimonio pubblico del Comune di Roma, analizzando il censimento dei redditi degli anni 2007, 2009 e 2011, si è accorta che qualcosa non tornava nei conti della famiglia Taverna, tant’è che, dopo una lunga istruttoria, a dicembre del 2014 ha aperto un procedimento di decadenza del diritto all’alloggio “per perdita dei requisiti”. Contestando loro le proprietà di immobili e di porzioni di immobili che, sommate, superano il valore limite imposto dalla legge regionale.
Paola Taverna, peraltro certi meccanismi, li conosce bene. Quando Roma fu travolta dallo scandalo “Affittopoli”, la pasionaria grillina divenne una furia. “Noi già avevamo denunciato questa situazione più di un anno fa – dichiarò il 3 febbraio 2016 in un’intervista a Radio Cusano Campus – sono 30 anni che va avanti così. Si è cercato di mantenere questi privilegi perché potevano essere strumentali a raccogliere voti e consensi. Bisogna fare un censimento che chiarisca chi ha diritto e chi, invece, sta godendo del privilegio (…). Si facciano atti concreti, punendo le persone che ne hanno goduto e i politici che hanno permesso tutto questo”.
Il caso è stato sollevato dal quotidiano la Repubblica: il quotidiano romano ha raccontato che l’anziana madre della senatrice a 5 Stelle vive in una casa popolare a Roma ma, secondo gli uffici del Campidoglio, senza averne più diritto. Se le dichiarazioni dei leader del Movimento 5 Stelle hanno un senso e non sono solo chiacchiere, dopo la notizia rivelata ieri da Repubblica dovrebbero succedere tre cose. La prima: Luigi Di Maio ordina alla vicepresidente del Senato Paola Taverna di uscire dal Movimento. La seconda: la madre della senatrice lascia l’alloggio Ater con affitto agevolato . La terza: alla sindaca di Roma Virginia Raggi viene attribuita la responsabilità politica dello sfratto mai eseguito e, di conseguenza, del fallimento della famosa “tolleranza zero” nei confronti degli abusivi. La Raggi, il 29 agosto 2017, parlava di “tolleranza zero verso nuove occupazioni”, estendendo il concetto agli inquilini abusivi. E che, ora, deve decidere se mandare i vigili urbani a casa Taverna.