ROMA – Come era facilmente immaginabile, le intercettazioni sull’inchiesta giudiziaria sul Consiglio Superiore della Magistratura, depositate a conclusioni delle indagini della Procura di Perugia, su quello che si è voluto additare come “il caso Palamara”, hanno stravolto gli assetti e gli equilibri della magistratura italiana
Resta attivo e permanente il “sistema Palamara” il quale sebbene avesse lasciato il Csm continuava a provare di condizionarne le attività e le decisioni come emerge dalle intercettazioni, non soltanto solo con le ormai famose riunioni segrete a cui partecipava assieme ai deputati Cosimo Ferri (magistrato e leader-ombra della corrente di Magistratura indipendente) e Luca Lotti.
Era il 27 settembre 2018, giorno dell’elezione dell’ex parlamentare pd David Ermini a vice-presidente del Csm, frutto di un accordo raggiunto tra Unicost e Magistratura Indipendente, quando Cosimo Ferri scriveva a Palamara: “Luca ho voglia di abbracciarti! Sei stato decisivo, straordinario, ma soprattutto ho trovato un amico che vale un tesoro”. Palamara gli risponde: «Insieme non ci ferma più nessuno!!». In seguito i due alleati avranno molto spesso di lamentarsi dei comportamenti di Ermini, e qualche ora dopo Palamara propone di fare «un bello scherzetto sul disciplinare » che è la sezione disciplinare del Csm, e Ferri aggiunge: «Ci stavo pensando ora, incredibile». Passata una settimana Ferri davanti al problema per il quale Palamara voleva un colloquio urgente, gli scriveva: «Se regge blocco con Unicost è irrilevante. Non ti fidare tanto di quelli di Forza Italia, c’è dietro la Casellati” parlando di Elisabetta Casellati, ex membro «laico» del Csm, diventata presidente del Senato.
Il magistrato Fulvio Baldi capo di gabinetto del ministero della Giustizia, incarico che riveste un ruolo molto particolare poiché a lui giungono anche tutte le richieste di azione disciplinare poi smistate agli uffici competenti, ha rassegnato le sue dimissioni dopo un colloquio col Guardasigilli, Alfonso Bonafede, avvenuto ieri sera. La reggenza è stata affidata all’attuale capo dell’ufficio legislativo, Mauro Vitiello.
Il nome di Baldi proprio ieri era al centro di un articolo dei colleghi Marco Lillo e Antonio Massari, pubblicato sul sito del ‘Il Fatto Quotidiano’ che riportava alcune conversazioni intercettate nell’ambito dell’inchiesta di Perugia tra il pm Luca Palamara e l’ex capo di gabinetto del ministero.
Sono numerose le telefonate intercettate dalla Fiamme Gialle nell’inchiesta di Perugia per corruzione a carico di Palamara e depositate negli atti in vista dell’udienza preliminare, in cui Baldi parlava dei magistrati amici della sua corrente che vorrebbe piazzare al ministero con Luca Palamara l’ex presidente dell’Anm, che lo chiama ripetutamente “Fulvietto” .
Le telefonate tra Baldi, ex sostituto procuratore generale in Cassazione, e Palamara risalgono all’aprile del 2018, subito dopo le elezioni politiche di marzo, quando Bonafede è diventato ministro di Giustizia e deve costituire al ministero il suo staff. L’ex pm Palamara sotto inchiesta per corruzione a Perugia chiede a Baldi di portare al ministero Katia Marino, una pm di Modena.
Baldi si dichiara “presente” e riferisce a Palamara di aver parlato subito con Vitiello, già allora capo dell’ufficio legislativo: “Ho passato il nome, vediamo che cazzo succede, prima o poi te la porto qua, stai tranquillo perché è una considerazione che ho per te, un affetto che ho per te, e lo meriti tutto” ed aggiunge: “Se no che cazzo li piazziamo a fare i nostri?“. Palamara risponde con un “va bene” di soddisfazione.
Ma la nomina non va in porto, perché, secondo quanto riferisce Baldi a Palamara, “Vitiello ha sentito la ragazza“, ma non l’ha presa con sé. E Baldi dice : “Uomini di malafede i soliti di Magistratura Democratica“. e riferisce a Palamara che Vitiello gli avrebbe detto “prenditela tu“. Ma lui non può farlo perché ha già completato l’organigramma e non ha più posti disponibili. E aggiunge che l’avrebbe fatto perché “se non ero completo non c’era nessun problema“.
Baldi fa altre proposte a Palamara come se fosse un piazzista di posti al mercato delle nomine,: “Abbiamo varie strade. Abbiamo l’Ispettorato, abbiamo il Dap, ma la strada più praticabile a questo punto è dal 6 maggio la Casola che prende possesso al Dag. È qui già dal 7 maggio la Casola e può far partire la richiesta insomma”.
Maria Casola è un magistrato della corrente di Unicost, nominato capo del Dag, il Dipartimento degli Affari di Giustizia del ministero di via Arenula. Palamara, è diffidente e dubbioso dopo il primo “flop”, replica: “Ma se la prende lei o no?“. Baldi: “Eh beh, ma la Casola è nostra ragazzi, gliela indichiamo noi che cazzo, e allora che cazzo piazziamo a fare i nostri?”. E ancora: “Glielo dico io tranquillamente, tanto abbiamo tempo fino al 6 maggio, poi gliela presentiamo, però glielo voglio dire che poi ci sei pure tu dietro, perché vai rispettato pure tu, glielo diciamo tutti e due insomma“. Ultima considerazione di Baldi: “Che cazzo, questa gente deve capire che la ruota gira nella vita“.
In un primo momento Baldi, leggendo le sue stesse intercettazioni, non ha afferrato immediatamente sul piano della trasparenza la gravità e pesantezza delle sue considerazioni . Sempre per le conversazioni con Palamara si era dimesso a giugno 2019 il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, detto “Fuzietto” da Palamara. Vezzeggiativi e sotterfugi che, uno dopo l’altro, stanno decimando la corrente di Unicost.
Tra i numerosi contatti telefonici di Palamara compare anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti, al quale il magistrato, che ha sempre manifestato ambizioni politiche, esprime elogi e complimenti per ogni sua affermazione o evento importante, a partire la rielezione a governatore del Lazio, passando per il lancio della candidatura alle primarie, per arrivare all’elezione a segretario nazionale del Pd : «Grande Nicola!!!».
Nella migliaia messaggi conservati nel telefono di Palamara molti sono appuntamenti per caffè o aperitivi. Il 28 maggio Palamara chiede un altro incontro a Zingaretti che gli proponeva il 30, ma 24 ore dopo, il 29 maggio esce la notizia sui giornali che il magistrato è indagato per corruzione, e quindi l’appuntamento viene annullato. il 30 maggio arriva la perquisizione a Palamara ed il sequestro del suo telefonino.
Immediato il commento di Pierantonio Zanettin, deputato di Forza Italia e componente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, dopo essere stato membro laico del Csm nella precedente consiliatura : “Dopo le dimissioni del capo dell’ispettorato dott. Nocera, indagato per corruzione, quelle del dott. Basentini, capo Dap, arrivano oggi le dimissioni del dott. Baldi, capo di gabinetto del ministero della giustizia. A nemmeno due anni dal suo insediamento, il ministro Bonafede ha “dimissionato” tutti i suoi più diretti collaboratori. La “squadra” che aveva costruita al suo arrivo a via Arenula, si è evidentemente dimostrata non all’altezza. Sarebbe davvero interessante conoscere chi quella squadra gliela aveva suggerita o imposta”.
In un lungo post affidato alla propria pagina Facebook, l’avvocato Giandomenico Caiazza presidente dell’ Unione delle Camere Penali Italiane, scrive un duro ma molto realistico commento:
“Intanto, sarebbe il caso di piantarla con questa definizione di comodo della inchiesta, che non riguarda una persona ma, come è del tutto evidente, un sistema ben radicato e strutturato, da sempre al centro dell’attenzione e dell’impegno associativo della magistratura italiana. È il sistema dei “fuori ruolo”, cioè del massiccio trasferimento di centinaia di magistrati dal ruolo per il quale hanno vinto il concorso a ruoli di primo piano nei vari Ministeri, in primis quello di Giustizia ovviamente, per i quali non è ben chiaro quali titoli possano esattamente vantare più di un pubblico funzionario che abbia invece vinto uno specifico concorso nella Pubblica Amministrazione”.
“Il sistema funziona benissimo da anni, – aggiunge Caiazza – è strutturato ed oliato a puntino per riprodurre in questo organigramma di vero e proprio sconfinamento tra poteri dello Stato i tumultuosi equilibri correntizi della magistratura. Come tutti i sistemi di potere, esso esprime di volta in volta uno o più protagonisti, uno o più leader, con connotazioni e qualità personali di volta in volta diversi, con inciampi o degenerazioni più o meno evidenti e gravi: ma il sistema resta, ed è quello il problema, non le persone che di volta in volta lo interpretano meglio o peggio. Siamo un caso unico nel mondo, e non c’è verso che qualcuno ce ne spieghi la ragione in modo convincente. Soprattutto perché si tratta di un sistema che letteralmente sovverte il principio fondamentale della separazione dei poteri. O vogliamo forse sostenere che la foglia di fico della collocazione fuori ruolo risolva questo scandalo costituzionale? Le intercettazioni depositate dalla Procura perugina dovrebbero finalmente porre fine alla sceneggiata delle solite anime belle che ora trasecolano, e dell’esercito di ipocriti o di pavidi che da sempre fingono di non capire.
“Il Ministero di Giustizia nel nostro Paese è consegnato mani e piedi alla Magistratura associata – continua l’ avvocato Caiazza – che lo occupa con scientifica precisione quale che sia il colore del governo democraticamente eletto. Certo un Ministro esprime un colore politico, una idea ed un programma di amministrazione della Giustizia, che inciderà sulla scelta fiduciaria dei magistrati cui assegnare i ruoli apicali; e certamente peserà la forza politica e la personalità del Ministro stesso. Ma l’organigramma dello spoil system di quel Ministero sarà comunque governato da logiche e criteri che, come quelle intercettazioni dimostrano e come d’altronde è facilmente intuibile, appartengono in via esclusiva agli equilibri correntizi della magistratura associata, ai quali la Politica, unica legittima detentrice del potere democratico, resta totalmente estranea o con i quali, nella migliore delle ipotesi, deve scendere a patti, magari nelle famose cene che solo una favoletta per gli sprovveduti può attribuire a chissà quale illecita proclività del dott. Luca Palamara“.
“Questo quadro di alterazione del rapporto tra poteri costituzionali – conclude Caiazza – è aggravato e reso ancora più inquietante dal peso davvero abnorme che la giurisdizione penale ha, come è a tutti noto, assunto da venticinque anni a questa parte sull’ordinario fluire della vita politica ed amministrativa nel nostro Paese. La Politica, sia locale che nazionale, è sempre più evidentemente ridotta ad un ruolo ancillare rispetto al potere giudiziario. D’altronde, non potrebbe essere diversamente, visto come in questo Paese possa essere sufficiente la iscrizione nel registro degli indagati per segnare le sorti politiche di un Ministro, di un sindaco, di un Governatore, e delle rispettive maggioranze politiche, a prescindere dall’esito delle indagini e dei processi, che interverranno anni dopo, senza che nessuno sia mai chiamato a rispondere dell’eventuale naufragio della ipotesi accusatoria.
Dunque, quello che va in scena a Perugia non è il caso Palamara o il caso pinco pallo, ma è il caso Italia: una democrazia malata, con un potere giudiziario strabordante ed incontrollabile, dentro e fuori dai propri ambiti funzionali, ed una classe dirigente che, da ultimo, conquistato il potere proprio con le armi della criminalizzazione dell’avversario politico e la santificazione della magistratura, ora raccoglie i cocci di questo disastro e ne viene travolta. Occorre davvero rimboccarsi le maniche, occorre davvero invocare con forza e determinazione un ritorno drastico, severo e coraggioso al principio di separazione dei poteri ed alla legalità costituzionale.“