di Antonello de Gennaro
Il collega ed amico Antonello Valentini che nel ricordarlo ha scritto che Federico Pirro “ha dedicato ai diritti, ma anche ai doveri dei giornalisti un generoso impegno sindacale, strettamente vincolato all’etica della professione. E con uno sguardo sempre disponibile rivolto ai più giovani, alle loro difficoltà di accedere a un mestiere affascinante ma spesso corporativo, dove il merito rischia ancora oggi di essere un optional. Federico Pirro è rimasto sempre dalla stessa parte e sapevi di trovarlo lì.Un uomo coerente, leale,”compatto”, fedele a certi valori : dritto alla staffa, ragione e sentimenti.”
Federico me lo ha dimostrato personalmente. Cinque anni quando partì online la rinascita di questo giornale fondato da mio padre e da altri tre colleghi, mi scrisse un messaggio bellissimo via Facebook, che custodisco con orgoglio : “Ciao Antonello, non hai bisogno di ricordare alla gente chi sei e chi era tuo padre. Fai parte a buon diritto della nostra storia, fossi pure figlio di chi avesse svolto altra attività. Vai avanti per la tua strada e sii fiero di quello che stai facendo. Tuo padre ne sarebbe fiero ed orgoglioso. Di qualunque cosa dovessi aver bisogno chiamami, questo è il mio cellulare….!“. Custodisco invece per me gelosamente i suoi consigli e le sue considerazioni sulle vicende che mi hanno convolto per colpa di qualche pennivendolo …
Ha ragione Antonello Valentini, nello scrivere che ci mancheranno la sua intelligenza, la sua ironia, la sua arguzia, la sua onestà, la sua lezione morale, quella capacità di difendere le proprie idee con tenacia ma senza spocchia e senza puzza al naso, disposto a discuterne e a confrontarsi.
Perdere un collega, un amico, un esempio di buon giornalismo, è una sofferenza, sopratutto pensando che molti altri che faccio fatica a definire “colleghi” non sono stati capaci di imparare da Federico, come si fa giornalismo seriamente e con la spina dorsale diritta, come si fa attività sindacale per tutelare una categoria come la nostra, che ormai ha perso dignità e non ha più dei rappresentanti sindacali nell’ Assostampa di Puglia come Federico Pirro, o istituzionali come cioè Oronzo Valentini (per me “zio Nino” ) , il papà di Antonello, mitico direttore della “vera” Gazzetta del Mezzogiorno ed a lungo presidente dell’ Ordine dei Giornalisti di Puglia.
Federico Pirro, era da tempo malato, ed è morto a 76 anni, dopo essere stato a lungo scrittore e caporedattore della sede regionale pugliese della Rai di cui era stato responsabile fino all’ottobre del 2002, prima di essere rimosso dal suo incarico e dover intraprendere una battaglia sindacale e davanti al giudice del lavoro per il suo reintegro. Una rimozione che imputava al cambio di direzione delle testate regionali dell’epoca dovute al nuovo scenario politico con il governo di centrodestra guidato da Silvo Berlusconi .
Pirro è stato corrispondente dalla Puglia per quindici anni del quotidiano La Repubblica. Tra i suoi libri si ricordano: Vilipendio di cadavere – Bari negli anni del dopo Moro; Informare o dire la verità? Bari 900; Bari brucia; La fame violenta – Il linciaggio delle sorelle Porro; Il generale Bellomo – Liberò Bari dai tedeschi, fu fucilato dagli inglesi; 1861 Uniti per forza (sull’Unità d’Italia); Fra le Ombre di Auschwitz; I Monumenti della Grande Guerra; Acciacchi.
Otto mesi fa, Federico sulla sua pagina Facebook, scriveva:
“Italia, non sei il mio Paese dove nacqui quando la Resistenza dei miei Padri versava il proprio sangue perchè ne sgorgassero Libertà e Democrazia che cancellassero la tirannide.
Italia, non sei il mio Paese se si assassina Stefano Cucchi e sono necessari 9 anni perchè emerga la verità, quella che la buona opinione pubblica già sentiva nelle proprie sensibilità anche se le istituzioni tutrici di cattivi carabinieri ne tappavano bocca e anima.
Italia, non sei il mio Paese, antica terra di Diritto, ora addormentata dai poteri, e risvegliata da una sorella sola e fragile, ma ostinata e gonfia di coraggio.
Italia, non sei il mio Paese, se trae forza dalla presa di coscienza di un carabiniere che ha vissuto quell’ignominia subendo anni e anni, frazionati in mesi, settimane, giorni, ore minuti, secondi, schiacciato da minacce di colleghi e superiori per trarre da ogni sua cellula la forza perchè riuscisse a far sgorgare la voglia di verità.
Italia, non sei il mio Paese se da una qualunque parte dell’Universo Martin Luther King piange il nero gambiano, schiavizzato nel foggiano, ammanettato ad una ruota d’auto dei militi.
Anch’io ho pianto.
Italia, non sei il mio Paese!“
Ovunque tu sia caro Federico, ti ho voluto bene come ti hanno voluto benne tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerti, di frequentarti e di poter godere della tua sincera e disinteressata amicizia. Un giorno ci incontreremo e potrò rivedere quel sorriso sornione, ma sempre gentile ed educato che ti contraddistingueva. E che non dimenticherò mai. Ciao Federico, mi mancherai.