Il reato ipotizzato dalla pm Savina Toscani della Procura di Bari che indaga su alcuni costi relativi alla realizzazione, ormai ultimata, della nuova sede del Consiglio Regionale della Puglia, in via Gentile a Bari, è di “frode in pubbliche forniture” come anticipato dall’edizione barese del quotidiano La Repubblica. L’esistenza dell’indagine era nota da mesi, da quanto il Codacons ha presentato una denuncia, ed il gruppo dei consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle hanno integrato un proprio esposto già depositato in estate, mettendo a disposizione degli inquirenti un elenco dettagliato delle presunte spese ritenute folli ed inutili.
L’inchiesta coordinata dal pm Toscani è tuttora nei confronti di ignoti, è stata delegata alla Guardia di Finanza che è al lavoro sulla documentazione acquisita negli uffici regionali. Gli investigatori delle Fiamma Gialle stanno ricostruendo l’iter amministrativo relativo alla realizzazione della struttura, per verificare i costi previsti dal capitolato d’appalto e la presenza di eventuali aumenti illegittimi degli stessi. Sulla medesima vicenda sono in corso gli accertamenti anche della Corte dei Conti, che ipotizza un conseguente eventuale danno erariale.
Secondo quanto denunciato alcuni costi della sede del Consiglio Regionale sarebbero stati sovrastimati, realizzazione ha comportato un investimento complessivo di 87 milioni di euro, un costo quasi triplicato rispetto ai 39 milioni e mezzo, a partire delle famose 1.600 plafoniere che sono costate al contribuente 637 euro l’una, che ha fatto crescere la spesa complessiva da 199 mila euro a 1 milione 42mila euro. Un aumento di 56 euro al metro quadro è stato calcolato invece per il miglioramento acustico dei pannelli del controsoffitto, mentre 112mila euro è l’aggravio per la scelta delle pareti divisorie. Le parcelle dei progettisti, la cui entità è lievitata nel corso degli anni da 3 a 12 milioni di euro (in quanto legata all’importo dei lavori), e alle spese per il canone di locazione della sede di via Capruzzi prolungato di ulteriori 4 anni per un ammontare di 6 milioni 350mila euro.
Il presidente della Regione Michele Emiliano dopo l’avvio dell’inchiesta penale, e dopo la pessima figura fatta in televisione a Non è L’ Arena (La7) condotta da Massimo Giletti, dalla dirigente della Regione Puglia Barbara Valenzano, ha istituito un collegio di vigilanza per verificare la congruità dei prezzi i cui esiti saranno trasmessi all’autorità giudiziaria. Inutilmente, in quanto l’operato della Guardia di Finanza è sicuramente più affidabile e competente. Nel collegio di vigilanza faranno parte Emiliano, l’assessore Gianni Giannini, il capo di gabinetto Claudio Stefanazzi, il commissario di Asset Elio Sannicandro, il direttore del dipartimento Barbara Valenzano e il capo dell’avvocatura Rossana Lanza. Si vuole così verificare “la corrispondenza alle leggi ed alle regole di economicità della condotta del direttore dei lavori – si legge – e del responsabile unico del procedimento che, in via esclusiva, avevano il compito di verificare la congruità dei costi delle suddette plafoniere“. La prima riunione dell’organo è stata trasmessa integralmente su Youtube
Come giustificherà la Regione Puglia i 1000 giorni di sospensione dei lavori senza alcuna giustificazione per un’opera ritenuta strategica e continue varianti avvenute sia in fase di progettazione (dal 2003 al 2010) che in corso d’opera (dal 2012 ad oggi) per un totale di circa 54 milioni di euro. L’ultima, da 19 milioni e 579mila euro è stata approvata dalla Giunta Emiliano nel 2015 e tra le spese esaminate, sono state evidenziate “scelte che non rispettano – principi di economicità, efficacia ed efficienza a cui deve conformarsi l’attività della pubblica amministrazione”. Il governatore Emiliano ha sospeso la fornitura in corso degli arredi, con il conseguente blocco dei pagamenti nei confronti della ditta che ha acquistato le plafoniere, almeno sino all’esito delle verifiche disposte. “Tanto a tutela della verità” il commento conclusivo della nota.
Aggiornamento del 9 gennaio 2024
Una consulenza tecnica disposta dal Tribunale di Bari nell’ambito della causa tra i progettisti e la Regione ha stabilito Le modifiche introdotte nell’appalto per la nuova sede del Consiglio regionale non erano “impreviste e imprevedibili”, come la norma richiede per ricorrere alle varianti. E quelle varianti, in particolare la 4a e la 5a diventate di interesse pubblico a seguito della vicenda delle “plafoniere d’oro”, sono causa dei “lunghi tempi di esecuzione dei lavori” conclusi con due anni di ritardo nell’aprile 2019, che hanno provocato infinite polemiche finiti sugli organi di informazione. Nonostante procedure non sempre rispettose delle norme, si è giunti al “completamento di opere complesse nell’ambito di un procedimento articolato con importi finali a carico della collettività comunque ridotti (circa 360 euro/mq) visti anche i risultati ottenuti“.
La consulenza disposta dal Tribunale di Bari ha chiarito la storia del maxiappalto per il palazzo di via Gentile, i cui lavori erano passati dai 40 milioni previsti dalla base di gara ai 56 milioni finali, che sono diventati 87 dopo aver aggiunto l’ Iva, costi di progettazione e accessori. La Ctu firmata dall’ingegnere barese Raffaele Contessa, incaricato dal presidente della Quarta sezione del Tribunale di Bari, Raffaella Simone indica che la Regione Puglia ricorse alla variante in corso d’opera per modificare la distribuzione interna degli spazi: “Appare dunque abbastanza dubbio connotare come impreviste ed imprevedibili in fase di progettazione le ragioni che hanno condotto durante la redazione della perizia di variante n. 4 a recepire le indicazioni della presidenza del Consiglio Regionale che ha rappresentato l’esigenza di procedere ad una ridistribuzione funzionale degli ambienti dell’intero complesso (…) “secondo l’attuale quadro esigenziale, di fatto richiedendo una rivisitazione degli spazi interni ai fabbricati con conseguente adeguamento degli impianti tecnologici”. In parole più chiare e semplici sono state le richieste della politica, che volle rivedere gli spazi per uffici, a causare i ritardi.
I progettisti Studio Valle, Prosal, Mirizzi, Sylos Labini, che avevano realizzato e firmato il progetto dalla nuova sede del Consiglio Regionale pugliese, hanno fatto causa nel 2020 alla Regione Puglia chiedendo ulteriori 5,5 milioni di compensi rispetto ai 10 già incassati. La Regione Puglia ha presentato una domanda riconvenzionale da 2,8 milioni spesi per ovviare alle presunte “carenze progettuali” che hanno reso il garage inutilizzabile, ed hanno causato infiltrazioni piovane all’interno bel foyer.
La Ctu del Tribunale di Bari ha quantificato in 13 milioni la parcella totale dovuta ai progettisti, 1,8 milioni dei quali relativi alla perizia di variante numero cinque, che è quella che riguarda le contestate e costose plafoniere. Il risultato finale è stato che che la Regione dovrebbe pagare ulteriori 3 milioni ai progettisti. Il consulente ha stabilito contestualmente che non vi sono grosse carenze progettuali, e quindi che le contestate infiltrazioni d’acqua nel foyer non sono riconducibili al sistema «Naco» (infissi a lamelle orientabili). Vi sono piccole carenze progettuali come quella che ha causato il mancato utilizzo dell’autorimessa che sono costate alla Regione circa 106mila euro. Secondo la consulenza sarebbero congrui anche gli 1,1 milioni liquidati in più all’impresa con la perizia di assestamento finale, così come le somme pagate dalla Regione Puglia nell’ambito dell’accordo transattorio: le seconde vanno infatti considerate in un’ottica transattiva, e non sono dovute a errori od omissioni progettuali.
Le rispettivi parti hanno trasmesso le proprie controdeduzioni alla perizia, la cui versione definitiva dovrà essere depositata entro mercoledì della settimana prossima. Poi toccherà al giudice decidere il merito della controversia. Dagli atti sono emersi altri elementi che definiscono il quadro. Il direttore dei lavori infatti non ha sottoscritto il certificato di collaudo. Secondo la consulente tecnica disposta dal Tribunale, da parte della commissione di collaudo vi sarebbe stato “un approccio non esattamente aderente alla norma vigente al tempo (…) ma, tuttavia, non tale da inficiarne valore e legittimità”, anche se non sono state applicate le penali contrattuali previste.
Anche le attività del Rup, scrive il consulente del Tribunale, sono state condotte “in modo non esattamente in aderenza alla norma”, al fine di accelerare i tempi di apertura della sede. E tra queste “forzature” compare anche quella relativa alla determinazione dei prezzi delle plafoniere a led, oggetto del procedimento penale che si è recentemente concluso con l’assoluzione piena di progettista e direttore dei lavori. Il Gup del Tribunale di Bari, Ilaria Casu, ha stabilito che l’ingegnere Domingo Sylos Labini, 77 anni, e l’ architetto Luigi Mirizzi, 76 anni, non ebbero alcuna responsabilità per la vicenda delle 1.703 plafoniere a led che la Regione avrebbe dovuto pagare 637 euro l’una, costo poi ridotto a 341 euro in sede di assestamento finale. La Procura riteneva falso, sul punto, il contenuto della perizia di assestamento, ma sul punto ha tuttavia chiesto l’assoluzione dei due imputati ritenendo che la responsabilità non potesse essere contestata a loro.