di Nando Pagnoncelli*
Le ultime settimane sono state dense di avvenimenti, come d’altronde è la norma in questi ultimi periodi. Oltre agli aspetti internazionali collegati ai conflitti in corso che evidenziano situazioni angoscianti, sono da sottolineare almeno alcuni elementi riguardanti la politica nazionale: l’approvazione del Def «ridotto», ovvero senza il quadro programmatico, i casi di Bari e del Piemonte che hanno visto indagati per episodi di voto di scambio esponenti del Pd (ma poi le indagini si sono estese ad altre regioni e a esponenti di altre forze politiche) con la conseguente rottura del campo largo, l’emergere di malumori sempre più evidenti nella Lega.
L’esecutivo non appare sfiorato da questi episodi: gli indicatori sono stabili, con decrementi non significativi. Il governo si attesta su un indice di 46 (% di voti positivi su chi esprime un’opinione) in calo di un punto rispetto alla rilevazione precedente; la presidente del Consiglio manifesta le stesse tendenze: indice pari a 47, anch’esso in decremento di un punto rispetto all’ultimo dato.
Qualche differenza invece emerge nei comportamenti di voto. Ricordiamo qui che, dal mese scorso, rileviamo le intenzioni di voto per le elezioni europee. Le diversità rispetto al voto politico sono principalmente dovute alle differenze nelle stime di partecipazione. Oggi solo il 49% degli italiani intervistati indica un partito per cui votare, il 51% è propenso ad astenersi o incerto. Non è un dato particolarmente elevato: alle scorse Europee gli astenuti o coloro che votarono scheda bianca o nulla furono infatti il 48%. Rispetto alle elezioni politiche però l’astensione stimata dai sondaggi sale di oltre 10 punti e ciò fa sì che siano premiati i partiti che hanno un elettorato più mobilitato, più intenzionato a partecipare al voto.
Oggi, rispetto allo scorso mese, vediamo crescere tre formazioni: Fratelli d’Italia che si colloca al 28,5% con un aumento di un punto percentuale, il Partito democratico, che cresce dello 0,7% e si colloca al 21,2 ed Azione con un miglioramento di oltre un punto (1,3%) stimata al 3,8. La crescita del partito della presidente del Consiglio sembra l’effetto della sua visibilità, in particolare a livello internazionale, e delle difficoltà della Lega. Il Pd non sembra colpito dagli scandali che lo hanno coinvolto sia in Puglia che in Piemonte: in questo caso sembra esserci prevalentemente l’effetto «mobilitazione» cui accennavamo prima. Gli elettori pd sono maggiormente europeisti (anzi tra i più europeisti di tutti) e, appunto, in maggior misura motivati al voto.
Calenda ha deciso di correre da solo, assumendosi un rischio importante, ma anche scommettendo sulla capacità di attrazione della sua formazione. La scommessa sembra premiarlo, ma in misura ancora insufficiente: per ora non supera la soglia di sbarramento del 4% che gli consentirebbe di avere eletti al Parlamento europeo. In lievissimo calo il Movimento 5 Stelle, stimato al 15,9%, che non pare beneficiare della polemica anticorruzione (e anti Pd). Nel centrodestra si conferma il sorpasso di Forza Italia sulla Lega: per quanto l’alleanza con Noi moderati di Lupi al momento non sia particolarmente premiante (probabilmente perché ancora poco conosciuta), dato che oggi Forza Italia si colloca all’8,6% (la somma di Forza Italia e Noi moderati separati era del 9,4%), rimane tuttavia oltre un punto sopra la Lega, stimata al 7,4%, in calo dello 0,6%. Le difficoltà di Salvini sono oramai manifeste anche al proprio interno, come è stato evidente in occasione del quarantesimo dalla nascita di questa formazione. Stati Uniti d’Europa, l’alleanza tra +Europa, Italia viva e realtà minori, viene oggi stimata al 4,5%, anch’essa sotto la somma delle due forze separate (che totalizzavano oltre il 6%). Vicina, ma ancora sotto la soglia l’Alleanza verdi-sinistra, oggi stimata al 3,7%. Lontane dall’obiettivo le altre forze, sia l’aggregato di Libertà di Cateno De Luca (accreditato del 2,5%), sia la lista di Michele Santoro, Pace Terra Dignità, stimata all’1,5%.