ROMA – Il sistema informatico dell’INPS ancor prima dell’arrembaggio alle richieste dei bonus da 600 euro, era finito sotto osservazione da parte della polizia delle telecomunicazioni a causa di sospetti attacchi chiamati “Dos” (“Denial of service“), sia singoli che di più persone contemporaneamente, effettuati per farlo saltare a causa una eccedenza di accessi contemporanei che mandano in blocco i server e ne provocano il blocco. Un attività che era stata stati respinta in quanto il sistema aveva retto agli assalti.
Quanto accaduto ieri invece, sembrerebbe non essere l’azione di uno o più hacker, come ipotizzato dallo stesso Istituto, e persino dal premier Giuseppe Conte, ma in realtà a causa di una ridotta capacità dei server e dei sistemi informatici dell’ INPS di ricezione rispetto all’imponente afflusso di domande. In realtà quindi i server dell’ INPS non sarebbe stato abbastanza potenti per essere in grado di reggere a sollecitazioni e accessi di massa, nel momento in cui le richieste di accesso si sono accumulate al ritmo di più di cento al secondo, con un crescendo ha mandato in crash server e software gestionali . “Ha subito un crash autonomo” , come confermano gli esperti.
L’ipotesi degli investigatori della Polizia Postale e dei “Servizi” si radica sulla circostanza che in presenza di un attacco esterno, il sistema si blocca ma non rende visibili i dati degli utenti che hanno provato ad accedervi. Nel primo giorno di assegnazione dei bonus, c’è stato un “crash” che ha reso di dominio pubblico i dati personali di coloro che voleva collegarsi e registrarsi, una conseguenza questa tipica di un sistema che va in tilt che fa “crash”.
Quindi secondo gli analisti informatici è molto più probabile che ci sia una banale inadeguatezza del sistema a fronte di milioni di domande, dietro il fallimento delle operazioni di registrazione delle domande per ottenere i bonus, non regolate secondo criteri prestabiliti di priorità o provenienza. Altro che un disegno criminale preordinato da parte di ignoti hackers come si giustificano il presidente del consiglio Giuseppe Conte ed il presidente “grillino ” dell’ INPS, Pasquale Tridico il quale dopo l’ammonimento del Garante della Privacy, la richiesta delle sue dimissioni avanzate da Matteo Salvini e le opposizioni, continua a coprirsi di ridicolo insiste su quello che “la grande colpa è degli “hacker” !
Una tesi questa falsa e tendenziosa, rilanciata anche dal premier Giuseppe Conte ma immediatamente smentita da Anonymous Italia che sul profilo Twitter scrive: “Caro Inps, vorremmo prenderci il merito di aver buttato giù il vostro sito web. Ma la verità è che siete talmente incapaci che avete fatto tutto da soli, togliendoci il divertimento!”.
“Il governo diffonde fake news”
“Inoltre comunica di aver sanzionato pesantemente il Governo – si legge ancora nel post – per la diffusione di fake news, in quanto non è stato un attacco hacker a mettere in ginocchio il portale dell’Inps. Ma bensì – conclude Anonymous – l’incapacità dell’attuale incaricato alla protezione dei dati“.
“Quantomeno per bon ton civico dopo il disastro di ieri dell’Inps sarebbe stata cosa gradita se il premier Conte e il presidente Tridico invece di arrampicarsi sugli specchi si fossero scusati con gli italiani. Ricevere quel numero di domande era un’azione prevedibile e sostenibile: ieri è stata disvelata una falla enorme che deve preoccupare l’oggi e il domani. L’attacco degli hacker è avvenuto intorno a mezzogiorno, quando già il sito faceva follie e gli italiani impazzivano: è stata, cioè, eventualmente un’aggravante“. ha detto Giorgio Mulé, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato, intervenendo a Sky Tg24. “Questo ci fa dire che c’è un problema strutturale di competenze e capacità, i responsabili se non vogliono dimettersi, atto di semplice dignità politica, almeno chiedano scusa al Paese”, conclude.