di REDAZIONE POLITICA
È stato il laico Filippo Donati che presiedeva il collegio della sezione disciplinare a leggere il dispositivo: sospesi i cinque consiglieri ex membri togati del Consiglio superiore della magistratura travolti dalle intercettazioni del caso Palamara.Queste le sanzioni: sospesi per 1 anno e 6 mesi i magistrati Antonio Lepre , Gianluigi Morlini e Luigi Spina. Più morbida la sanzione di 9 mesi, inflitta a Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli. Il processo era iniziato un anno fa.
I magistrati inquisiti dalla Procura Generale della Repubblica, sono stati sanzionati per aver partecipato alla famosa cena nella notte tra l’ 8 ed il 9 maggio 2019, svoltasi in una suite dell’hotel Champagne di Roma (adiacente a Palazzo dei Marescialli sede del CSM) , con Luca Palamara, l’allora pm romano, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e già membro del consiglio superiore della magistratura nella precedente consiliatura, insieme all’ex ministro dem Luca Lotti (imputato nel “caso Consip“), con il deputato Pd Cosimo Ferri, da sempre punto di collegamento tra politici e magistratura. Fra gli argomenti discussi nel corso della serata, la nomina del nuovo procuratore di Roma.
Secondo la Procura generale della Cassazione, i cinque magistrati inquisiti hanno tenuto “un comportamento gravemente scorretto nei confronti degli altri colleghi magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura” e “idoneo a influenzare, in maniera occulta, la generale attività funzionale della Quinta commissione dell’organo di autogoverno”, competente sulle nomine degli incarichi direttivi.
“Credevamo nella candidatura di Creazzo a procuratore di Roma e mi pesa sulla coscienza che io possa essere stato visto come un traditore. Ma non è vero: non ho tradito la lealtà che dovevo al mio gruppo, agli altri consiglieri. Quello che si decideva insieme era sacro e lo rispettavamo” con queste parole Luigi Spina, esponente di Unicost, la corrente di Palamara ha negato dinnanzi alla Disciplinare del Csm con di aver fatto il “doppio gioco con i suoi colleghi di Unicost al Csm“, di cui era il capogruppo e con i quali aveva concordato di appoggiare la candidatura del procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo.
Spina a sostegno della propria tesi aveva prodotto e depositato alcune delle intercettazioni dell’inchiesta di Perugia a carico di Palamara. Per la Procura generale, invece, Spina era la “longa manus” al Csm di Palamara. Un’accusa questa respinta dal diretto interessato secondo cui “con Palamara non avevo alcun programma comune, lo conoscevo, ma non facevo parte del suo mondo, non avevo mai partecipato a incontri, e semmai sono stato un ostacolo”.
Luigi Spina ha anche voluto sottolineare di aver “sempre detto chiaramente che non avrei lasciato l’appoggio a Creazzo, non ho mai avuto nessuna volontà di danneggiarlo né di provare a fargli ritirare la candidatura. Avevo espresso fastidio per l’invadenza di Palamara, doveva avere rispetto per le decisioni del gruppo, tanto che da altre intercettazioni emerge la sua volontà di cercare altre strade”. Il suo difensore, l’avvocato Donatello Cimadoro, in sede di replica ha affermato: “Non ha tradito le sue funzioni istituzionali ed è ingiusto ritenerlo l’alter ego di Palamara” .
Dichiarazioni spontanee anche per Antonio Lepre altro ex membro “togato” del CSM ,, esponente di Magistratura indipendente, il quale ha parlato di una “vicenda dolorosa che rappresenta un travaglio e una sofferenza devastanti”. Lepre ha ricordato che non era a conoscenza della riunione, “di non conoscerne oggetto e partecipanti” e di essere stato “colto alla sprovvista” rientrando dopo cena con la moglie in albergo, lo stesso che ospitava l’incontro, e vedendo i colleghi in una saletta attigua alla hall, “di non essere stato invitato, di essere rimasto il tempo necessario per non apparire scortese e di essere andato via per primo”.
Lepre, che poi voterà in 5a Commissione per gli incarichi direttivi per il pg di Firenze, ha voluto ricordare che “in virtù degli oggettivi e robusti titoli di Viola, confidavo in quell’ampia maggioranza che effettivamente si concretizzò poi in Commissione”. Anche Piercamillo Davigo si era inizialmente espresso a favore di Viola. Ma subito dopo, scoppiato il “Palamaragate”, convergere su Michele Prestipino.
Luca Palamara era indagato e nel suo cellulare era stato inoculato un trojan (virus-spia) che ha inguaiato i consiglieri portando alla luce gli accordi tra correnti per i pacchetti di nomine, malcostume questo che non è mai finito, provocando un autentico terremoto nella magistratura. Quel microfono ha svelato alla Guardia di finanza il coinvolgimento, anche a loro insaputa, di altre persone nelle conversazioni sulla trattativa per le nomine ai vertici degli uffici giudiziari di Roma, Perugia e Brescia. Durante i dialoghi sulle strategie da adottare per portare Marcello Viola alla guida della procura di Roma, Luca Lotti millantava contatti e rapporti anche con il Quirinale. Così come lo stesso pm, indagato per corruzione dalla procura umbra, avrebbe sostenuto di essere stato informato delle intercettazioni a suo carico proprio da ambienti vicini al Colle. Ma, come emerge dagli atti, l’interesse di Palamara riguardava anche la procura di Perugia: il suo obiettivo era vedere indagato il collega Paolo Ielo. Affrontava spesso la questione, ne discuteva anche con il sostituto della direzione nazionale Antimafia Cesare Sirignano.
La pubblica accusa rappresentata dall’ avvocato generale della Procura Generale della Corte di Cassazione Pietro Gaeta e il sostituto pg Simone Perelli, aveva richiesto una condanna un poco più pesante. Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni. Nel caso la sospensione venisse ribadita dalla Corte, durante la sua durata verrebbe corrisposto ai magistrati sospesi un assegno alimentare.