Trent’anni di carcere. Questa la condanna del Tribunale militare di Roma nei confronti del capitano di fregata della Marina Militare Walter Biot , arrestato dai carabinieri del Ros il 30 marzo 2021 con l’accusa di spionaggio per aver passato documenti segreti a Dmitry Ostroukhov un funzionario dei “servizi” russi in cambio di cinquemila euro. Nei confronti del capitano di fregata procede anche la procura di Roma che, nell’inchiesta della pm Gianfederica Dito coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, contesta le accuse di spionaggio, rivelazione di segreto di Stato e corruzione. Biot è sotto processo per queste accuse davanti alla Corte di Assise di Roma.
“Biot ha fatto commercio di atti segreti ed è stato colto in flagranza” ha sottolineato il sostituto procuratore militare nel corso della sua requisitoria. La procura militare, guidata da Antonio Sabino, contesta a Biot le accuse di rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e comunicazioni all’estero di notizie non segrete né riservate.
“Walter Biot maneggiava quotidianamente documentazione riservata “e questo è stato attestato e confermato da colleghi e funzionari. Ad esempio il colonnello Pasquale Tirone lo ha dichiarato a ottobre 2022 durante il dibattimento: “La sezione analisi strategica dove lavorava Biot si occupava di operazioni delicatissime, operazioni Nato ad esempio”. La stanza 248 dove lavorava Biot prevede due postazioni hanno spiegano i testimoni in questo processo. Il capitano di fregata maneggiava indiscutibilmente materiale riservato, ed essendo addirittura un supervisore aveva “un controllo su questa documentazione” ha spiegato la pm che ha rappresentato l’accusa, che ha aggiunto “Biot curava il regolamento di sicurezza fra le altre cose ma era anche responsabile di chi aveva titolo a maneggiare i documenti riservati. Secondo l’ufficiale Mannino Biot era la sua longa manus“.
Durante l’udienza del Tribunale Militare, il rappresentante dell’accusa ha ricordato le testimonianze e le immagini di due telecamere nell’ufficio di Biot, dalle quali si vede l’ufficiale alla sua scrivania prendere una scatoletta da cui estrae un cellulare, inserire al suo interno una scheda Sd e fotografare lo schermo del pc e dei documenti cartacei riservati. Dopodichè Biot inserisce la Sd in una scatola di medicine, nascosta nel ‘bugiardino’ ed infila tutto nel suo zaino. L’ufficiale della Marina venne pedinato nei giorni successivi 24 ore su 24, ed il 30 marzo 2021 venne arrestato dagli uomini del ROS dei Carabinieri nel parcheggio di in un centro commerciale subito dopo aver incontrato un funzionario russo. “Biot ha fatto commercio di atti segreti ed è stato colto in flagranza” ha sottolineato il sostituto procuratore militare.
“Biot non ha avuto possibilità di difendersi. In questo paradosso tra segreto istruttorio e segreto Nato viene calpestato l’imputato. – ha affermato l’avvocato difensore durante l’arringa – Chi è quell’imputato che senza poter vedere gli elementi di prova si sottopone a un esame? Biot non ha avuto la possibilità di confrontarsi concretamente con l’accusa mossa. Se il segreto e’ prevalente non si butta all’ergastolo il singolo. Adesso con uno slancio di coraggio dovremmo pensare che la decisione che verrà adottata ha una rilevanza che va oltre questo tribunale. C’è stata una competizione di severità – ha sottolineato il penalista – un crescendo di severità e di gravità di giudizio su fatti, non provati. Continueremo questa battaglia fino a quando Walter Biot non verrà reintegrato con onore nella Marina Militare”.
Secondo quanto riferito da testimoni nel corso del dibattimento, come ricordato dall’accusa in aula, i documenti in questione riguardavano alcuni la lotta all’Isis mentre altri mostravano debolezze e criticità dell’Alleanza Nato, specie dal punto di vista navale e marittimo. ‘Falle’ che sarebbero poi emerse proprio durante la crisi in Ucraina e l’invasione russa. “Tra i 19 documenti fotografati da Biot ce ne erano alcuni Nato secret, riservatissimi, e uno Top secret” ha spiegato in aula l’accusa.
La procura militare aveva chiesto la condanna all’ergastolo per Biot, che ha assistito in aula alla lettura della sentenza. Nel procedimento si sono costituite come parti civili la presidenza del Consiglio dei Ministri e il ministero della Difesa. “Trent’anni non sono l’ergastolo. Le questioni poste sono un monolite che porteremo in Appello. Questa è la prima tappa di un percorso che alla fine darà ragione a Walter Biot”. Così l’avvocato Roberto De Vita difensore del capitano di fregata condannato a trent’anni. “Il tema è la prevalenza dello stato di diritto sulla ragion di Stato e le condanne, come i processi, basate su prove segrete non trovano ospizio nell’ordinamento costituzionale italiano”, ha sostenuto il penalista dopo la sentenza. Ribaltarla non sarà facile, anche perchè Biot dovrà affrontare anche il secondo processo, prima di approdare in Corte di appello.