ROMA – Domenica 7 giugno Stella Jean ha letteralmente infiammato Piazza del Popolo a Roma in occasione della manifestazione per George Floyd, l’afro-americano che dopo 8 minuti 46 secondi di agonia, nonostante con un filo di voce dicesse ‘I can’t breath’, (cioè “non respiro”) venendo soffocato dal ginocchio di un poliziotto bianco di Minneapolis, che gli ha causato una morte violenta e assurda scatenando le proteste in America e a catena in altre capitali europee.
Tra le migliaia di giovani che si sono dati appuntamento spontaneamente , per un presidio in memoria di Floyd, grazie al tam tam dei social, sono risuonate le parole della stilista italo-haitiana. “Io non amo la ribalta, ma oggi parlo perchè non è possibile stare in silenzio, non è possibile che i miei figli subiscano le stesse minacce che ho subito io da ragazza. Tutti loro meritano la cittadinanza, lo ius soli”.
Ricevendo una vera e propria ovazione della piazza, Stella Jean ha letto i principali articoli della Carta, riportando all’improvviso d’attualità il tema dello Ius Soli, mai inserito nell’agenda del Governo Conte (nè dei precedenti). “E’ assurdo che non abbiano tutti i diritti, eppure parlano romano, sono figli di questa città e di questo Paese. Le prove per avere la cittadinanza -ha aggiunto tra gli applausi – prevedono di sapere a memoria articoli della Costituzione, ma vorrei chiedere quanti italiani la sanno a memoria. Io invece vi posso dire che proprio quella Costituzione figlia della Resistenza, della sofferenza dei padri fondatori e del popolo italiani, garantisce la libertà e l’uguaglianza di tutti i cittadini“.
Ma non tutti al di fuori degli addetti ai lavori della moda conoscevano Stella Jean. Stilista 41enne, due figlie, è emersa grazie al concorso “Who is on next” organizzato nella Capitale da Altaroma in collaborazione con Vogue Italia , facendo del multiculturalismo, del mosaico di mondi, della sostenibilità e della tracciabilità etica della filiera della moda la sua identità stilistica.
”Sono nata in Italia mio padre e’ torinese e mia madre viene da Haiti. Sono fiera delle mie origini, anche se non ho mai sentito di appartenere completamente a un paese o all’altro, a una cultura o all’altra. Da piccola venivo trattata come una straniera anche a scuola e non capivo. La mia moda e’ la dimostrazione che fondersi non vuol dire perdersi, ma convivere in armonia nella diversita’. Meta’ del mio dna viene da un paese che ha subito una colonizzazione forte, ma e’ riuscito a mantenere viva la sua parte nera, africana. Anche se nel fondersi si cede sempre qualcosa e si cambia. Le frontiere invalicabili sono quelle della mente”.
Giorgio Armani è stato il primo a credere in lei ospitando la sua prima sfilata milanese nell’ Teatro Armani nel 2013 . In poco tempo Stella Jean è riuscita a creare una griffe venduta nei piu’ importanti multimarca del mondo. Ogni collezione Stella Jean è un ‘Laboratorio delle Nazioni‘, il risultato della costruzione di un ponte culturale tra il design italiano e gli artigiani di un paese in via di sviluppo in ogni stagione diversa, o quelli a basso reddito, come Perù, Haiti, Burkina Faso, Mali e altri in Sud America, Africa e in Asia. Stella va in campo in missione e, dopo un primo periodo di incontro e ricerca delle varie abilità indigene, molte delle quali si stanno estinguendo, studia insieme agli artigiani locali, come sviluppare un prodotto moda-tessile-accessorio che combina l’ospite artigianato tradizionale del paese con il noto design italiano e savoir-faire.
La filosofia della moda di Stella Jean è una contaminazione e un’integrazione, non è carità ma lavoro, una cooperazione internazionale che mira a promuovere il patrimonio culturale come fattore abilitante e motore dello sviluppo sostenibile. “Niente su di loro senza di loro”: la riattivazione del know how genera nelle popolazioni locali un senso di autosufficienza, derivante dalla creazione diretta di occupazione, dalle imprese e dalla formazione legate a queste competenze e risorse culturali recuperate. Questa attività ha l’obiettivo locale di opporsi a un welfarismo assistenzialista che finora si è rivelato inefficiente.
Nell’ultima sfilata,nel 2019 a Milano ha dato la ribalta agli incredibili ricami realizzati a mano dalle donne della comunità Kalash a nord-est del Pakistan, vicino al confine con l’Afghanistan: per la prima volta nella storia le donne Kalash hanno ricamato i loro motivi tradizionali per un pubblico internazionale.