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22 Luglio 2024 13:59
22 Luglio 2024 13:59

Suicidio di Tiziana, per il Tribunale “Facebook doveva rimuovere i video”. Zuckerberg indagato in Germania

La ragazza si era uccisa dopo la diffusione sul web, a sua insaputa, di video hard. A Monaco di Baviera, per la prima volta, la magistratura ha indagato i vertici di Facebook, tra cui il fondatore Mark Zuckerberg per la mancata rimozione di contenuti criminali. Alla denuncia è allegata una lista di casi nei quali si mostra che alcuni contenuti, nonostante ripetute sollecitazioni, non sarebbero stati rimossi.

schermata-2016-11-04-alle-19-56-35Il collegio presieduto dal giudice  Marcello Sinisi del Tribunale civile di Napoli Nord,  con una ordinanza ha rigettato il reclamo di Facebook Ireland, dando invece ragione a Teresa Giglio madre di  Tiziana Cantone,  la 31enne di Mugnano (Napoli) suicidatasi il 13 settembre scorso dopo la diffusione sul web a sua insaputa di video hard che la ritraevano,  ha stabilito che  i link e le informazioni relativi alla ragazza napoletana  una volta che ne era emersa l’illiceità dei contenuti, dovevano essere rimossi da Facebook , a prescindere da un preciso ordine dell’autorità amministrativa o giudiziaria.


I legali italiani del social network americano 
avevano presentato reclamo contro l’ordinanza emessa il 10 agosto scorso del giudice civile Monica Marrazzo, alla quale si era rivolta Tiziana quando era ancora in vita, che aveva disposto l’ obbligo di alcuni social, tra i quali Facebook, a rimuovere video e commenti relativi alla 31enne.

CdG martello-tribunaleAl momento del deposito dell’ordinanza del Giudice di Napoli tre link che permettevano l’accesso ai video “hot” di Tiziana erano stati rimossi da Facebook dopo le pressanti richieste della ragazza, mentre un quarto, denominato “Tiziana sei tutti noi“, era ancora attivo, ma secondo gli avvocati della società guidata daMark Zuckerberg  “non presentava contenuti a sfondo sessuale“, né “profili di illiceità“.

Andrea Orefice, l’avvocato che segue la mamma di Tiziana nei ricorsi civili ha commentato “È una pronuncia molto equilibrata perché introduce il principio, rigettando quanto asseriva Facebook, secondo cui un hosting provider deve rimuovere le informazioni illecite, quando arriva la segnalazione di un utente, come nel caso di Tiziana. E non deve attendere che sia il Garante della Privacy oppure il giudice ad ordinargliene la rimozione” aggiungendo Adesso Facebook deve collaborare: dopo la pronuncia della sentenza del giudice civile del Tribunale di Napoli Nord parzialmente a favore della mamma di Tiziana, serve una svolta decisiva. Deve darci i nomi e i cognomi delle persone che, nascosti dietro falsi profili, hanno aperto le pagine su cui c’erano i contenuti che hanno diffamato la ragazza ed hanno contribuito a renderla vulnerabile a tal punto da suicidarsi. I link, le immagini, le foto e gli spot che in pochi mesi sono diventati virali” raccontando lo stato della madre di Tiziana, “Lei è addolorata, ma auspica che Facebook adesso collabori con la Procura nelle indagini penali in corso“.

Dichiarazioni a cui si è associato anche l’avvocato Andrea Imperato, che invece assiste penalmente la famiglia della vittima, e  commenta l’incredibile  decisione del pm Alessandro Milita del pool guidato dal procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli della Procura di Napoli di chiedere l’archiviazione per i quattro amici di Tiziana sospettati di aver diffuso in rete i video hot: “Mi auguro che i pm abbiano vagliato attentamente tutti gli elementi della denuncia di Tiziana prima di fare questo passo“.

Il Tribunale ha poi deciso la compensazione di parte delle spese legali (1/3) condannando per il resto – oltre 8 mila euro – Facebook a corrisponderle alla madre di Tiziana ed ai suoi legali.

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Decisione questa che arriva, per ironia della sorte, proprio nel giorno in cui a Monaco, per la prima volta, la magistratura ha indagato i vertici di Facebook, tra cui il fondatore Mark Zuckerberg, (a destra nella foto) per la mancata rimozione di contenuti criminali come minacce e negazioni del genocidio ebraico. A rivelarlo il sito del settimanale tedesco  Der Spiegel che precisa come nel mirino della Procura di Monaco di Baviera siano finiti, oltre al fondatore, anche la direttrice operativa della rete sociale americana, Sheryl Sandberg, e il rappresentante istituzionale per l’Europa, Richard Allan.

Secondo la denuncia Facebook non avrebbe rimosso contenuti segnalati – A dare il via all’inchiesta una denuncia dell’avvocato tedesco di Würzburg, Chan-jo Jun, che già in passato si era battuto contro i contenuti violenti sul social network. Secondo il legale, specializzato in diritto digitale, i manager dell’azienda starebbero tollerando la presenza sul social network di messaggi che incitano all’odio e alla violenza fisica e gruppi che negano la Shoah.

Il settimanale Spiegel ricorda che Facebook è obbligato a rimuovere contenuti illegali non appena ne viene a conoscenza. Alla denuncia è allegata una lista di casi nei quali si mostra che alcuni contenuti, nonostante ripetute sollecitazioni, non sarebbero stati rimossi. Nella maggior parte dei casi Facebook non risponderebbe alle segnalazioni. Il settimanale tedesco sottolinea come il social network in Germania sia al centro delle polemiche per la sua tolleranza verso contenuti che incitano all’odio, esplosi recentemente con l’aumento dei profughi in arrivo.

 

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