di Giuseppe Musmarra
La battaglia è perduta, direi completamente. Secoli di progresso civile buttati al vento. Siamo regrediti a un livello di gogna medievale, gli istinti più bassi di rabbia e di vendetta, auspici di pena di morte, maledizioni varie, insulti, volgarità, certezze senza dubbi, invettive senza educazione. Una barbarie, la barbarie dei commenti su Facebook, contro cui ormai non c’è nulla da fare.
Una barbarie così rapidamente sviluppatasi negli ultimi anni da influenzare anche le coscienze degli elettori e il prossimo voto, in primavera. Una barbarie che somiglia a un silenzioso colpo di Stato, a un popolo che andrà alle urne geneticamente e inconsapevolmente modificato. Non c’è bisogno di evocare il terribile caso dello stupro di Rimini. È sufficiente pensare al dramma della povera bimba morta a Trento di malaria e alle assurdità scritte e lette in rete, alle diagnosi sbrigative e sprezzanti fatte da gente che non ha mai aperto un libro di medicina. Ma potremmo arrivare episodi del tutto minori, eppure rivelatori.
Chiunque può fare a pezzi la memoria di Montanelli o di Pavarotti, insultare indifferentemente Montale o la Boldrini o Salvini. Nessuno è risparmiato da questo tribunale del popolo, celebrità o vicini di casa, conoscenti con cui si litiga virtualmente ma alla fine realmente. E per nessuno o quasi c’è pietà, o comprensione, o attesa, o dubbio. La parrucchiera di Brisighella si sente esperta di vaccinazioni e certamente conosce un amico di un amico il cui figlio è diventato autistico. L’oste di Pizzo Calabro sa per certo che i medici a Trento hanno sbagliato, che hanno fatto morire Chiara. Il godimento per il nemico in difficoltà è garantito, l’esibizione di sé, dei propri sgrammaticati convincimenti è così un momento di sfogo, di riscatto esistenziale importante come l’ossigeno che si respira.
Sì, perché quel palco è diventato la nostra stessa vita, senza più alcuna distinzione tra virtuale e reale anzi si potrebbe dire che nulla è più reale del virtuale. Si potrebbe ironizzare sui “selfie”, ma i “selfie” e l’esibizione estetica di sé sono ne la parte più candida, più ingenua, più accettabile. Poi c’è il pettegolezzo maligno, il regolamento di conti a suon di like messi o non messi, in una spirale che somiglia a un delirio.
Facebook nato probabilmente con diverse intenzioni ha avuto come effetto trasformare nel profondo le personalità, cambiare non solo le persone dal di dentro, ma anche l’atteggiamento di vita e delle relazioni, amplificare ed estremizzare i propri convincimenti. Basti vedere un presidente onorario di Cassazione come Ferdinando Imposimato scrivere palesi assurdità sui vaccini in relazione alla povera bimba morta a Trento. Le prossime elezioni si giocheranno proprio su questo campo di battaglia, che vale più di mille comizi, diecimila manifesti e centomila discorsi.
È un moderno luccicante Colosseo, un’arena dove la folla tumultuosa decide la tua vita o la tua morte. E non vede l’ora di schiacciare un bottone.