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5 Novembre 2024 01:22

Superata in peggio la profezia di Umberto Eco sui social, al voto andrà un popolo geneticamente modificato

Facebook nato probabilmente con diverse intenzioni ha avuto come effetto trasformare nel profondo le personalità, cambiare non solo le persone dal di dentro, ma anche l'atteggiamento di vita e delle relazioni, amplificare ed estremizzare i propri convincimenti. La diagnosi di Eco, secondo cui si dava voce a milioni di imbecilli, oggi gli stessi imbecilli sono diventati rissosi e livorosi.

di Giuseppe Musmarra 

La battaglia è perduta, direi completamente. Secoli di progresso civile buttati al vento. Siamo regrediti a un livello di gogna medievale, gli istinti più bassi di rabbia e di vendetta, auspici di pena di morte, maledizioni varie, insulti, volgarità, certezze senza dubbi, invettive senza educazione. Una barbarie, la barbarie dei commenti su Facebook, contro cui ormai non c’è nulla da fare.

Una barbarie così rapidamente sviluppatasi negli ultimi anni da influenzare anche le coscienze degli elettori e il prossimo voto, in primavera. Una barbarie che somiglia a un silenzioso colpo di Stato, a un popolo che andrà alle urne geneticamente e inconsapevolmente modificato. Non c’è bisogno di evocare il terribile caso dello stupro di Rimini. È sufficiente pensare al dramma della povera bimba morta a Trento di malaria e alle assurdità scritte e lette in rete, alle diagnosi sbrigative e sprezzanti fatte da gente che non ha mai aperto un libro di medicina. Ma potremmo arrivare episodi del tutto minori, eppure rivelatori.

 Proprio ieri un giornale ha pubblicato l’innocua notiziola di una sentenza della Cassazione che impone al papà di mantenere la figlia 26enne che non studia e non lavora. Una banalità, quasi una vicenduola di colore che un tempo avrebbe fatto sorridere. I commenti sono agghiaccianti: è una cretina, piuttosto andrei sotto i ponti pur di non mantenere una scema opportunista così, è tutta colpa della famiglia. Eppure non sappiamo cosa sia realmente accaduto in quella casa, in quella famiglia. Non sappiamo nulla di nulla, però parliamo di tutto, e insinuiamo, e sentenziamo.
Ormai Facebook è diventato un enorme moltiplicatore di tensione, un luogo di tifoseria senza il minimo approfondimento, una piazza tribale dove si va per scontrarsi e darsele di santa ragione. Superata tristemente anche la diagnosi di Eco, secondo cui si dava voce a milioni di imbecilli, oggi gli stessi imbecilli sono diventati rissosi e livorosi. Non sono infrequenti i casi di persone, conoscenti, che hanno bisogno di prendersi una pausa perché non reggono più lo stress. Il problema è che ciascuno si è costruito su misura un palco improvvisato da commentatore, dove spesso tra strafalcioni grammaticali e sproloqui senza competenza e senza senso fa a fette il resto del mondo o divide il resto del mondo in amici che la pensano come lui e nemici da insultare o insolentire. Vivi o morti non fa differenza.

Chiunque può fare a pezzi la memoria di Montanelli o di Pavarotti, insultare indifferentemente Montale o la Boldrini o Salvini. Nessuno è risparmiato da questo tribunale del popolo, celebrità o vicini di casa, conoscenti con cui si litiga virtualmente ma alla fine realmente. E per nessuno o quasi c’è pietà, o comprensione, o attesa, o dubbio. La parrucchiera di Brisighella si sente esperta di vaccinazioni e certamente conosce un amico di un amico il cui figlio è diventato autistico. L’oste di Pizzo Calabro sa per certo che i medici a Trento hanno sbagliato, che hanno fatto morire Chiara. Il godimento per il nemico in difficoltà è garantito, l’esibizione di sé, dei propri sgrammaticati convincimenti è così un momento di sfogo, di riscatto esistenziale importante come l’ossigeno che si respira.

Sì, perché quel palco è diventato la nostra stessa vita, senza più alcuna distinzione tra virtuale e reale anzi si potrebbe dire che nulla è più reale del virtuale. Si potrebbe ironizzare sui “selfie”, ma i “selfie” e l’esibizione estetica di sé sono ne la parte più candida, più ingenua, più accettabile. Poi c’è il pettegolezzo maligno, il regolamento di conti a suon di like messi o non messi, in una spirale che somiglia a un delirio.

Facebook nato probabilmente con diverse intenzioni  ha avuto come effetto trasformare nel profondo le personalità, cambiare non solo le persone dal di dentro, ma anche l’atteggiamento di vita e delle relazioni, amplificare ed estremizzare i propri convincimenti. Basti vedere un presidente onorario di Cassazione come Ferdinando Imposimato scrivere palesi assurdità sui vaccini in relazione alla povera bimba morta a Trento. Le prossime elezioni si giocheranno proprio su questo campo di battaglia, che vale più di mille comizi, diecimila manifesti e centomila discorsi.

È un moderno luccicante Colosseo, un’arena dove la folla tumultuosa decide la tua vita o la tua morte. E non vede l’ora di schiacciare un bottone.

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