ROMA – Sulla base delle indagini e degli accertamenti congiunti effettuati dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Taranto, della Compagnia di Castellaneta (TA) e della Stazione di Marina di Ginosa (TA), con il supporto di un elicottero del 6° Elinucleo Carabinieri di Bari Palese e del Nucleo Carabinieri Cinofili di Modugno, i militari del comando provinciale dell’ Arma e del nucleo distaccato presso l’ispettorato del lavoro (Nil) hanno dato esecuzione nei comuni di Castellaneta e Ginosa, a 2 provvedimenti cautelari in carcere emessi dal GIP del Tribunale di Taranto, nei confronti di un imprenditore agricolo di Ginosa Marina Francesco Sabato, 43 anni e del suo mediatore, un 25enne romeno che operava come “caporale” dell’azienda agricola.
I due arrestati dovranno rispondere a vario titolo di estorsione, furto aggravato, intermediazione illecita di manodopera lesioni personali, tentata violenza privata in concorso e sfruttamento del lavoro aggravato . Erano 35 i braccianti agricoli (fra uomini e donne tutti rumeni) che venivano sfruttati e schiavizzati nei campi venivano costretti a lavorare in condizioni disumane tutti i giorni fino a 17 ore giornaliere nei campi senza riposi e ferie, percependo compensi vergognosi: da uno a 4 euro al giorno, vivendo in ambienti fatiscenti senza bagni. Chi protestava veniva pestato a sangue.
L’azienda agricola di Francesco Sabato attraverso il suo caporale rumeno, l’unico dipendente regolarmente assunto dall’azienda di Ginosa Marina, reclutava i braccianti direttamente dalla Romania. Pagava loro le spese del viaggio in Italia, circa 300 euro, e stessa cosa faceva mettendo a loro disposizione, il vitto ed alloggio (se così vogliamo definirlo) che poi si faceva restituire a rate dagli stessi lavoratori, trattenendoli dai loro compensi. Secondo quanto reso noto in conferenza stampa dal Col. Andrea Intermite, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Taranto i braccianti sfruttati lavoravano fino a 17 ore al giorno e vivevano in un casolare fatiscente: una sorta di camerata piena di muffa e umidità con letti a castello e soltanto sei docce a disposizione per cinque minuti al giorno, senza acqua calda. Non esisteva neanche un bagno per le donne, che venivano di fatto costrette a espletare i loro bisogni fisiologici in aperta campagna. Inoltre, grazie all’intervento di una squadra dell’ENEL, venivano scongiurati eventi lesivi di natura elettrica connessi alla vetustà ed inadeguatezza dell’impianto elettrico che risultava essere stato abusivamente allacciato alla rete pubblica.
L ‘imprenditore (o meglio “sfruttatore”) agricolo per cercare di essere formalmente in regola col fisco, pagava i contadini con assegni. Ma venivano accompagnati dal loro “caporale” in banca , dove dopo aver cambiato l’assegno venivano costretti a restituire parte del denaro per vitto, alloggio e per le spese del viaggio verso l’Italia. Al netto dei soldi sottratti illegalmente, il compenso mensile non superava mai i 200 euro .
Il caporale rumeno si avvaleva di altri tre cittadini rumeni, denunciati assieme a lui , accusati di aver partecipato a una spedizione punitiva nei confronti di un contadino loro connazionale che aveva denunciato i soprusi subiti e le irregolarità . In un’altra circostanza era stata malmenata una donna colpita al volto e all’addome. Dalle indagini dei Carabinieri è emerso che sia l’imprenditore agricolo Francesco Sabato, che il caporale intimidivano i contadini con la minaccia di violenze fisiche e di interrompere il rapporto di lavoro, se così vogliamo chiamarlo…
L’inchiesta è nata grazie alla denuncia del febbraio 2017 presentata da alcuni sindacalisti che avevano raccolto gli sfoghi, proteste e testimonianze di cinque braccianti. I Carabinieri avvalendosi delle recenti norme anticaporalato, hanno effettuato un sequestro preventivo della struttura usata come alloggio dei lavoratori e dei due bus utilizzati per il trasporto nei campi, per un valore complessivo di circa 300mila euro. L’azienda agricola di Francesco Sabato è stata sanzionata e multata per circa mezzo milione di euro essendo risultata responsabile di evasione contributiva complessiva di circa 3.886.000,00 euro.